Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3851 del 18/02/2014
Civile Ord. Sez. 6 Num. 3851 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 1150/2013 proposto da:
INNELLA CARMELO, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al
ricorso, dall’Avv. Gaetano Michele Maria de Bonis ed elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’Avv. Donato Piccininni, in Roma, v. del Mattonato, n. 4;
– ricorrente —
contro
CARBONE VINCENZO;
– intimato –
per la cassazione della sentenza n. 244 del 2011 della Corte di appello di Potenza,
depositata il 25 ottobre 2011 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2014
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 9 settembre 2013, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto di citazione
notificato il 22 agosto 1994, il sig. Carbone Vincenzo conveniva dinanzi al Tribunale di Data pubblicazione: 18/02/2014 4 Potenza i sigg. Innella Carmelo e Prete Paolo e, sul presupposto che questi ultimi si erano
immessi nella detenzione di suoi fondi (pervenutigli da genitore Carbone Michele) ubicati
in Paterno alla contrada "Castagna", chiedeva accertarsi il suo diritto di proprietà sui
terreni relitti, con la conseguente condanna dei medesimi convenuti al rilascio degli stessi
e al risarcimento dei danni per il mancato godimento dei frutti da liquidarsi in via equitativa, Si costituivano in giudizio entrambi i convenuti e l'Innella, oltre ad instare per il rigetto della
domanda attorea, invocava l'accertamento dell'acquisto per usucapione dei terreni relitti
con condanna dell'attore alla restituzione dell'indennità di espropriazione percepita, oltre
accessori, deducendo, in via gradata, che venisse dichiarata la nullità o l'annullabilità
dell'atto per notar Capuano del 16 giugno 1966 (rep. 6202), con ristoro delle spese legali.
Con sentenza n. 10163 del 28 maggio 2005, il Tribunale adito accoglieva la domanda
attorea, respingendo ogni diversa pretesa ed eccezione.
Interposto appello da parte del Prete Paolo (anche nella qualità di procuratore generale di
lnnella Carmelo) e nella resistenza dell'appellato, la Corte di appello di Potenza, con
sentenza n. 244 del 2011 (depositata il 25 ottobre 2011), rigettava il gravame,
condannando l'appellante alla rifusione delle spese del grado.
Avverso quest'ultima sentenza (non notificata) proponeva ricorso per cassazione
(notificato 11 10 dicembre 2012 e depositato il 2 gennaio 2013) Innella Carmelo, riferito ad
un unico motivo, in relazione al quale l'intimato Carbone Vincenzo non svolgeva attività
difensiva in questa sede.
Ritiene il relatore che, nella fattispecie, sussistono le condizioni per pervenire al rigetto del
formulato ricorso per manifesta fondatezza del proposto motivo in relazione all'art. 375 n.
5, c.p.c. (oltre che con riferimento all'art. 360 bis, n. 1, c.p.c.), e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento camerale ai sensi dell'art. 380 bis
c. p.c. .
2 con vittoria delle spese e competenze del giudizio. Con la formulata censura il ricorrente ha impugnato la sentenza di appelli per assunta
carenza e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., per non
aver la Corte territoriale preso in considerazione tutte le eccezioni formulate con il
gravame in ordine all'esame delle prove e per non aver disposto la rinnovazione della
prova orale, procedendo anche al confronto tra i testi, al fine di valutare l'effettiva Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 15355 del 2004 e Cass.
n. 6288 del 2011) il vizio di carente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art.
360, n. 5, c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla
sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in
senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla
Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello
di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la
valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del
proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la
concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i
fatti in discussione.
In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360, comma
primo, n. 5), c.p.c., non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia
dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della
questione esaminata, posto che una simile revisione non sarebbe altro che un giudizio di
fatto e si risolverebbe in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione
assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto
estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di 3 fondatezza dell'eccezione di usucapione avanzata da esso Innella. procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma, propria valutazione delle
risultanze degli atti di causa.
Oltretutto, l'uniforme giurisprudenza di questa Corte ha, altresì, chiarito che la valutazione
delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie
risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad
un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle
parti.
In altre parole, la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei
testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il
quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più
attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori
non accolti, anche se allegati dalle parti; da ciò consegue che il controllo di legittimità da
parte della Corte di cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di merito
sulla rilevanza probatoria degli elementi considerati, ma solo la sua congruenza dal punto
di vista dei principi di diritto che regolano la prova.
In definitiva deve, perciò, affermarsi (cfr. Cass. n. 12362 del 2006 e, da ultimo, Cass. n.
17097 del 2010) che l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni,
nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio
sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le
varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione,
involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a
fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra
altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto
4 apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo
ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.
Alla luce di tali principi, concretandosi la censura proposta in una risollecitazione
dell'esame (e, quindi, in una rivisitazione) degli esiti delle prove complessivamente nella presente sede di legittimità, avendo la Corte territoriale espresso congruamente e
logicamente il suo convincimento (v. pag. 4 della sentenza impugnata) in ordine alla
mancata configurazione dei presupposti per la maturazione dell'usucapione in favore del
ricorrente, sia alla stregua della complessiva valutazione delle risultanze dell'esperita
prova orale che in virtù dell'irrilevanza della portata decisoria della sentenza resa dal
Pretore di Marsiconuovo il 9 luglio 1973, che non conteneva alcuna statuizione sul
riconoscimento di situazioni possessorie afferenti al fondo oggetto di controversia.
Pertanto, alla luce delle esposte argomentazioni, si riconferma che sembrano emergere le
condizioni per procedere nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., potendosi ravvisare —
anche ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c. ed in relazione all'art. 375 n. 5 c.p.c. - la manifesta
infondatezza del proposto motivo di ricorso e, quindi, la sussistenza delle inerenti
condizioni per il suo rigetto ».
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella
relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, la difesa del ricorrente non ha depositato
alcuna memoria difensiva ai sensi dell'art. 380 bis, comma 2, c.p.c.;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, senza che debba
farsi luogo ad alcuna pronuncia sulle spese in difetto di costituzione dell'intimato. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. 5 espletate (demandata, in via esclusiva, al giudice del merito), essa si profila inammissibile Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 9 gennaio 2014.