Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 385 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 385 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 22690-2010 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA
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C.F.

S.P.A.

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resentante pro)
06382641006, in persona delTegale
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.5. b 17/2.0–Tt \
7E-g’.’-g.-c-)7A elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO, SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
2013
3231

che la rappresentano e difendono unitamente
all’avvocato PIERLUIGI LAX, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MODICA FRANCESCA C.F. MDCFNC61D67L219H, elettivamente

– V l C^it::,

Data pubblicazione: 10/01/2014

domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 7, presso lo studio
dell’avvocato D’ONOFRIO SARA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SOLFANELLI ANDREA,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

RAI SAT S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 8554/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/09/2009 R.G.N.
8928/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato PORCELLI VINCENZO per delega
SCOGNAMIGLIO RENATO;
udito l’Avvocato SOLFANELLI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

nonchè contro

Svolgimento del processo
Con sentenza del 25/11/08 — 24/9/09 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato
l’impugnazione proposta dalla R.A.I. s.p.a avverso la sentenza del giudice del
lavoro del Tribunale di Roma che aveva dichiarato la sussistenza di un rapporto di

atteso che quest’ultima era stata assunta in qualità di assistente ai programmi e di
programmista – regista a più riprese nel periodo 1989 — 2004, attraverso la stipula
di diciassette contratti a termine, in violazione della normativa che stabiliva le
ipotesi di apposizione della clausola temporale.
La Corte, nello spiegare il motivo della conversione a tempo indeterminato del
rapporto in esame fin dalla stipula del primo contratto del 15/3/1989, ha precisato
che l’azienda radiotelevisiva non aveva assolto l’onere di provare la specificità del
programma per il quale si era resa necessaria quella determinata professionalità,
ragione, quest’ultima, che avrebbe consentito il ricorso alla speciale tipologia del
contratto a termine.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la R.A.I con dieci motivi.
Resiste con controricorso Modica Francesca.
La difesa della R.A.I. — Radiotelevisione Italiana S.p.a. deposita, altresì, memoria
ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, proposto per violazione o falsa applicazione dell’art. 1372
cod. civ., la ricorrente si duole del rigetto dell’eccezione che era tata sollevata con
riferimento alla intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso sulla
scorta dei fatti rappresentati dal lasso di tempo intercorso tra i primi due contratti,
dall’acquiescenza manifestata al termine di ogni singolo contratto dalla lavoratrice,
la quale non aveva contestato alcunché ed aveva percepito il relativo trattamento
di fine rapporto, e dalla mancata dimostrazione della controparte di essere rimasta
a disposizione della RAI negli intervalli di tempo tra un contratto e l’altro.

lavoro a tempo indeterminato tra l’azienda radiotelevisiva e Modica Francesca,

2. Col secondo motivo la ricorrente ripropone la stessa questione di cui alla
precedente censura sotto il diverso aspetto della carenza di motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dal contegno tenuto dalla
lavoratrice nel corso degli anni in cui erano stati conclusi i diversi contratti a

contratto e dall’accettazione dei rispettivi trattamenti di fine rapporto.
3. Col terzo motivo, formulato per violazione o falsa applicazione dell’art. 1372 c.c.
in relazione all’art. 1362 cod. civ., la ricorrente si duole del rigetto della stessa
eccezione sollevata con riferimento alla dedotta risoluzione contrattuale per mutuo
consenso asserendo che la Corte è incorsa in errore nel momento in cui non ha
ben considerato la comune intenzione delle parti contraenti, così come evincibile
dalla lettera contenente la dichiarazione di accettazione della risoluzione anticipata
del rapporto sottoscritta per accettazione dalla lavoratrice.
4. La questione appena esposta nell’ambito del terzo motivo di doglianza è qui
riproposta dalla ricorrente sotto il diverso aspetto del vizio della carenza di
motivazione al riguardo del giudizio espresso dalla Corte di merito allorquando la
stessa ha considerato come impropria la dicitura “per accettazione” presente nel
documento dal quale si evinceva la dedotta risoluzione contrattuale per mutuo
consenso.
Per ragioni di connessione i primi quattro motivi possono essere trattati
congiuntamente.
Ebbene, i suddetti motivi sono infondati.
Invero, l’indirizzo consolidato di questa stessa Sezione (Cass. sez. lav. n. 5887
dell’11/3/2011; Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010; Cass. sez. lav. n. 26935
del 10/11/08; C. sez. lav. n. 17150 del 24/6/08; C. sez. lav. n. 20390 del 28/9/07;
C. sez. lav. n. 23554 del 17/12/04; C. sez. lav. n. 17674 dell’11/12/02) è nel senso
di ritenere che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a
termine è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto

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it,

termine, contegno costituto dalla mancanza di obiezioni alla cessazione di ogni

per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è
necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la
conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto
dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune

lavorativo, sicchè la valutazione del significato e della portata del complesso di tali
elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono
censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.
Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale si è correttamente attenuta a tali
principi nel momento in cui, con motivazione immune da rilievi di carattere logicogiuridico, dopo aver puntualizzato che la RAI, nel sostenere la suddetta eccezione,
si era limitata ad invocare il mero decorso del tempo tra la stipula di un contratto e
l’altro, ha precisato che non poteva attribuirsi efficacia risolutiva alla cessazione
anticipata di alcuni contratti in quanto in tali circostanze si era semplicemente
registrata una presa d’atto della lavoratrice della intervenuta volontà unilaterale
della società di far cessare in anticipo il rapporto.
5. Col quinto motivo, dedotto per violazione o falsa applicazione dell’art. 1, comma
2, lett. e) della legge n. 230 del 1962, anche in relazione all’art. 2697 cod. civ., la
ricorrente censura l’impugnata sentenza laddove è stata affermata l’illegittimità del
termine per la ravvisata insussistenza dei requisiti della specificità dei programmi o
degli spettacoli in relazione ai quali era avvenuta l’assunzione temporanea della
Modica ed il vincolo di necessità diretta dell’apporto della medesima a quegli
stessi programmi o spettacoli radiotelevisivi. Secondo la ricorrente la norma in
esame non conterrebbe alcuna proposizione atta ad accreditare la tesi della
necessaria esistenza di un vincolo di necessità diretta del singolo lavoratore
assunto a termine per lo specifico programma, per cui si sarebbe rivelata errata la
pretesa della Corte di merito di accollarle l’onere di prova un tale requisito. Quanto
al requisito della specificità del programma lo stesso dovrebbe essere inteso,

volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto

secondo la ricorrente, come particolare, distinto o individuato da caratteri propri,
per cui sarebbe censurabile la decisione impugnata nella parte in cui, nella
negazione della ricorrenza di siffatto requisito, si era posto in rilievo una non
meglio precisata natura non atipica del singolo programma all’interno della

6. Col sesto motivo la ricorrente si duole della carenza di motivazione della
sentenza in ordine al requisito della specificità dei programmi per i quali erano
avvenute le diverse assunzioni, requisito, questo, che era stato prospettato nel
giudizio di merito attraverso la specifica descrizione del contenuto degli stessi
programmi.
7. Attraverso il settimo motivo la ricorrente imputa alla Corte d’appello di essere
incorsa in un ulteriore vizio della motivazione per non aver attentamente valutato il
contenuto delle mansioni svolte dalla Modica, così come puntualmente descritte
con riferimento ai singoli contratti, e di essere, pertanto, pervenuta ad un errato
giudizio di valutazione nel considerarle di tipo meramente esecutivo.
Per ragioni di connessione il quinto, il sesto ed il settimo motivo possono trattarsi
congiuntamente.
Tali motivi sono infondati.
Invero, la legge n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e), come modificato dalla
legge n. 266 del 1972, prevede e consente l’applicazione del termine “nelle
assunzioni di personale riferite a pubblici spettacoli, ovvero a specifici programmi
radiofonici o televisivi”.
Nell’interpretazione di tale norma, questa Suprema Corte ha ripetutamente
affermato che, affinchè il rapporto di lavoro a termine possa ritenersi legittimo, è
necessario il concorso di una pluralità di requisiti, essenzialmente riferibili alla
temporaneità e specificità dello spettacolo e dell’esigenza lavorativa che il
contratto è diretto a soddisfare, ed in particolare: a) che il rapporto si riferisca ad
una esigenza di carattere temporaneo della programmazione televisiva o

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fr,

produzione aziendale in relazione al quale era avvenuta l’assunzione.

radiofonica, da intendersi non nel senso della straordinarietà o occasionalità dello
spettacolo (che può ben essere anche diviso in più puntate e ripetuto nel tempo),
bensì nel senso che lo stesso abbia una durata limitata nell’arco di tempo della
complessiva programmazione fissata dall’azienda, per cui, essendo destinato ad

programma, oltre ad essere temporaneo nel senso sopra precisato, sia anche
caratterizzato dalla atipicità e singolarità rispetto ad ogni altro evento organizzato
dall’azienda nell’ambito della propria ordinaria attività radiofonica e televisiva, per
cui, essendo dotato di caratteristiche idonee ad attribuirgli una propria individualità
ed unicità (quale species di un certo genus), lo stesso sia configurabile come un
momento episodico dell’attività imprenditoriale, e come tale rispondente anche al
requisito della temporaneità; c) che, infine, l’assunzione riguardi soggetti il cui
apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se
complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicchè non
può ritenersi sufficiente a giustificare l’apposizione del termine la semplice
qualifica tecnica o artistica del personale, richiedendosi che l’apporto del peculiare
contributo professionale, tecnico o artistico del lavoratore sia indispensabile per la
buona realizzazione dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni
del personale di ruolo dell’azienda (confronta ex multis da ultimo Cass. n.
17053/2008; Cass. n. 8385/2006; Cass. n. 1291/2006).
Di tali criteri interpretativi, che il Collegio condivide e ritiene di confermare, la
sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione, per cui nessuna censura può
essere mossa alla stessa.
Invero, con giudizio di fatto adeguatamente motivato e che sfugge ai rilievi di
legittimità, la Corte territoriale ha osservato che la lavoratrice era stata impiegata
in attività di assistente ai programmi per trasmissioni stabilmente inserite nel
palinsesto e riproposte nel tempo con varie edizioni oppure per programmi di
informazione che rientravano nella ordinaria attività della R.A.I.

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esaurirsi, non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa; b) che il

La stessa Corte ha aggiunto che la società non aveva dedotto elementi utili a
definire la natura dei programmi e nemmeno aveva assolto l’onere di provare la
specificità del determinato programma per il quale si era resa necessaria una
specifica professionalità della ricorrente ai fini della sua assunzione a termine.

di primo grado, la cui elencazione non era stata contestata, consistevano nella
ricerca, catalogazione ed archiviazione del materiale di repertorio, nel rispondere a
telefono, nell’inviare appunti, nel rilevare le presenze del personale, nel compilare
le note spese ed i fogli di viaggio, per cui difettava la prova della correlazione tra
l’apporto creativo del soggetto assunto a termine ed il programma rispetto al
quale, di volta in volta, era avvenuta la singola assunzione.
Ne consegue che è corretta la decisione di conferma della sentenza del primo
giudice sulla ritenuta instaurazione “ah initio” di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, quale sanzione normativa scaturita dalla rilevata nullità
dell’apposizione del termine al primo dei contratti in questione.
8. Con l’ottavo motivo la ricorrente denunzia il vizio di omessa pronunzia con
riguardo al motivo di gravame attraverso il quale si era segnalata l’erroneità della
statuizione sulla decorrenza del ravvisato rapporto a tempo indeterminato, nel
senso che a fronte della segnalazione del ricevimento in data 23-2-2004 della
raccomandata contenente la costituzione in mora della datrice di lavoro era stata
indicata nel dispositivo della sentenza di primo grado la differente data del 18-22004.
9. Col nono motivo, dedotto per violazione dell’art. 112 c.p.c., la ricorrente
addebita alla Corte di merito di non aver esaminato la suddetta eccezione sulla
erronea indicazione nel dispositivo di condanna della decorrenza del rapporto ai
fini della decorrenza del preteso risarcimento del danno.
L’ottavo ed il nono motivo possono esaminarsi congiuntamente per ragioni dì
connessione.

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A tal riguardo la Corte di merito ha evidenziato che le mansioni indicate nel ricorso

Entrambi i motivi sono infondati.
Invero, si osserva che la ricorrente non specifica se tale doglianza, del cui omesso
esame ora si duole, fu tempestivamente proposta con l’atto d’appello, non potendo
escludersi, in mancanza di una tale doverosa specificazione, che il motivo di

attraverso la conferma della data di decorrenza individuata nella sentenza di prime
cure.
10. Con l’ultimo motivo, formulato per violazione o falsa applicazione dell’art. 1223
cod. civ., anche in relazione all’art. 2697 cod. civ., la ricorrente censura la parte
della decisione attraverso la quale si era evidenziata la proposizione in termini di
sola eventualità dell’eccezione del cosiddetto “aliunde perceptum”, ragione per la
quale non era stata ammessa alla relativa prova. Al riguardo la ricorrente sostiene
che nella memoria di costituzione di primo grado aveva allegato la circostanza
dell’espletamento di attività lavorativa da parte della Modica nell’intervallo di tempo
tra un contratto e l’altro ed alla cessazione dell’ultimo rapporto, per cui, in
mancanza di una specifica contestazione della lavoratrice, la quale si era limitata a
confermare il ricorso, la suddetta allegazione di fatto doveva ritenersi provata.
Il motivo è inammissibile.
Invero, la ricorrente non spiega, in violazione del principio di autosufficienza che
caratterizza il giudizio di legittimità, in qual modo la Corte di merito avrebbe violato
le norme richiamate in materia di prova del danno nel momento in cui evidenziava
la genericità delle relative allegazioni, prospettate solo in termini di eventualità dei
fatti in esse narrati. In sostanza, le odierne deduzioni sull’asserita specificità dei
fatti posti a base dell’istanza istruttoria di cui trattasi si risolvono in una mera
contrapposizione valutativa degli stessi rispetto alla disamina operata dai giudici
d’appello in maniera adeguata.
Così risultato inammissibile il decimo motivo, riguardante le conseguenze
economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere in qualche modo

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gravame che la conteneva sia stato implicitamente disatteso dalla Corte territoriale

nel presente giudizio lo “ius supen/eniens”, rappresentato dall’art. 32, commi 5°, 6°
e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24 novembre 2010.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di principio,
costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo

disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo
pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della
natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di
ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche
indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere
sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v. fra le altre
Cass. 4-1-2011 n. 80 cit.).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.
In definitiva il ricorso va respinto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno
poste a suo carico nella misura liquidata come da dispositivo con loro attribuzione
ai difensori dell’intimata che hanno dichiarato di averne fatto anticipo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio
nella misura di € 3500,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi,
oltre accessori di legge, con attribuzione agli avvocati d’Onofrio e Solfanelli.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2013
Il Consigliere estensore

ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova

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