Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3849 del 18/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3849 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 26081/2012 proposto da:
CRIPPA DANIELE (C.F.: CRP DNL 49L31 F205D), rappresentato e difeso, in virtù di
procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Marco Gianfranceschi ed elettivamente
domiciliato presso il suo studio, in Roma, via Tacito, n. 7;

– ricorrente-

contro
RÓBERTO (C.F.: CRP RRT 54L29 F205G), rappresentato e difeso, in virtù di
procura ,..peciale in calce al controricorso, dall’Avv. Andrea Bava ed elettivamente
domicOta presso lo studio legale De Nardo-Rossi, in Roma, via Ottaviano, n. 66;
– controricorrente per la cassazione della sentenza n. 679 del 2012 della Corte di appello di Genova,
depositata il 13 giugno 2012 (e notificata il 9 agosto 2012).
Udita la relazione della causa svolta nella camera dì consiglio del 9 gennaio 2014
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

Data pubblicazione: 18/02/2014

letta la memoria depositata — ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. —
nell’interesse del controricorrente;
sentito l’Avv. Marco Gianfranceschi per il ricorrente;
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 11 giugno 2013, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con tre atti di davanti al Tribunale di Chia vari, il sig. Crippa Daniele, contestandogli diverse violazioni del rapporto di vicinato, nascenti da abusi edilizi da lui perpetrati ai danni della proprietà confinante dell'attore e chiedendo la demolizione delle costruzioni edificate abusivamente, in particolare di un terrazzo nella parte anteriore del proprio immobile costruito in violazione della normativa sulle distanze. Riuniti i tre processi, il Tribunale adito, con sentenza n. 915/2004, respinte tutte le altre richieste dell'attore, condannava il convenuto alla demolizione della porzione di terrazzo dedotto in controversia, compensando le spese giudiziali. La sentenza veniva appellata da Crippa Daniele; anche Crippa Roberto l'impugnava, in via incidentale, contestando il capo della sentenza del Tribunale che aveva respinto la domanda di demolizione di una costruzione abusiva realizzata dal proprietario confinante in violazione del confine. La Corte d'Appello di Genova, con sentenza n. 679/2012, depositata il 13 giugno 2012 e notificata il 9 agosto 2012, definitivamente pronunciando, rigettava l'appello principale, confermando la sentenza impugnata; dichiarava non luogo a provvedere sull'appello incidentale; condannava l'appellante a rimborsare all'appellato i due terzi delle spese di causa, ponendo a carico dell'appellato le spese di c.t.u.. Avverso detta sentenza Crippa Daniele proponeva ricorso per cassazione, notificato il 13 novembre 2012 e depositato 11 28 novembre 2012, basato su un unico motivo. Crippa Roberto ha resistito con controricorso. 2 citazione separati, notificati il 13 aprile 1999, il sig. Crippa Roberto conveniva in giudizio, Ritiene il relatore, che avuto riguardo all'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 n. 5, c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire al rigetto del ricorso per sua manifesta infondatezza e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento camerale. Con l'unico motivo formulato il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli 360 n. 3 c.p.c.. Tale doglianza appare, all'evidenza, manifestamente destituita di pregio. Infatti, la Corte territoriale aveva, in primo luogo, rilevato la tardività della domanda di applicabilità del criterio di prevenzione (e, quindi, la sua inammissibilità, essendo stata proposta solo in comparsa conclusionale) e, in ogni caso, la sua infondatezza sulla scorta dell'inapplicabilità di tale criterio, come chiaramente illustrato nella motivazione della sentenza, in quanto il principio della prevenzione, che consente al vicino di costruire sul confine in aderenza al fabbricato del preveniente, si applica alle costruzioni sul confine, ma non alla costruzione di balconi, terrazze o simili che consentano di esercitare la veduta diretta sul fondo del vicino. Peraltro, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, la condanna alla demolizione (confermata in appello), aveva riguardato proprio la parte in estensione del terrazzo (e non tutto il terrazzo) edificata illegittimamente verso l'esterno sul fronte mare, violando l'art. 873 c.c.. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale, nell'adottare la sua decisione, ha correttamente applicato la disciplina contenuta nel codice civile, che contempla la tutela demolitoria, come rimedio nel caso di violazione di norme sulle distanze (ovvero, tre metri come limite minimo per la costruzione su fondi finitimi, salve le maggiori distanze previste dai regolamenti locali). 3 ari?. 873 e segg. c.c., in tema di distanze delle costruzioni dai confini, in relazione all'art. Tale tutela è prescritta anche nel caso in cui non siano previste distanze nelle costruzioni; infatti, "anche la costruzione realizzata in zona soggetta a vincolo di inedificabilità deve osservare le norme in materia di distanza previste dalla legislazione speciale o, in via residuale, dal codice civile, poiché la tutela ripristinatoria prevista da tali norme non può venire meno per il fatto che lo strumento urbanistico, vietando nella zona ogni costruzione, ritardi di sanzionare con provvedimenti a carattere reale la violazione del vincolo di inedificabilità" (cfr. Cass. n. 3564 del 2002; in senso conforme, cfr. Cass. n. 3638 del 2007; Cass., S.U., n. 5143 del 1998). Per quanto ivi esposto, si può agevolmente concludere nel senso che tutta l'edificazione, vietata dalla normativa regolamentare, o, in subordine, quella eseguita nei limiti di tre metri, doveva essere abbattuta, ledendo la proprietà dell'odierno resistente sia lateralmente (dove è sito il terrazzo), sia rispetto al piede dell'opera (dove è la piscina). In definitiva, quindi, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta infondatezza del motivo formulato, in relazione all'ipotesi enucleata dall'art. 375 n. 5 c.p.c.>>.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella
relazione di cui sopra, senza che sia stata, peraltro, depositata alcuna memoria difensiva ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. — nell’interesse del ricorrente, invece prodotta dal
difensore del controricorrente in senso adesivo alla predetta relazione (senza, oltretutto,
che dalla discussione orale del difensore del Crippa Daniele siano emersi elementi idonei
a confutare, in modo determinante, il complessivo impianto argomentativo della predetta
relazione);

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente
condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nei
sensi di cui in dispositivo, sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di
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non contenga prescrizioni sulle distanze, ne’, tantomeno, per il fatto che la P.A. ometta o

legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù
dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 9 gennaio 2014.

accessori nella misura e sulle voci come per legge.

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