Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3848 del 16/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 3848 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FEDERICO GUIDO

ORDINANZA

sul ricorso 26684-2014 proposto da:
ZAGHI AUTO DI MENZANA SILVANA & C SAS, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA BARTOLOMEO GASTALDI l,
presso lo studio dell’avvocato ILARIA GIOFFRE’ r
rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO ALBERTO
ZAINA;
– ricorrente contro

2017
3025

GULMINI SONIA, domiciliata in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso
la CORTE di CASSAZIONE rappresentata e difesa
dall’avvocato ANDREA BENERICETTI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1618/2014 del TRIBUNALE di
BOLOGNA, depositata il 19/05/2014;

Data pubblicazione: 16/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 21/11/2017 dal Consigliere GUIDO

FEDERICO.

Esposizione del fatto
Con citazione ritualmente notificata Sonia Gulmini convenne in giudizio

– di aver acquistato un’autovettura per la quale le parti avevano stabilito
come “prezzo massimo” l’importo di 19.300,00 euro;
– successivamente, il prezzo era stato indicato dallo stesso concessionario
nella fattura emessa in 18.000,00 euro e da tale somma doveva detrarsi
l’importo di 6.000,00 euro, indicato dal concessionario quale
corrispettivo per due autovetture usate cedute dall’acquirente;
l’attrice in data 31 marzo 2008 aveva versato l’importo di 13.300,00 euro
a titolo di saldo, sottraendo erroneamente l’importo delle due vettur41,
usate dal prezzo massimo e non anche da quello effettivamente pattuito
ed indicato dal concessionario nella fattura.
Tanto premesso, chiedeva la condanna della convenuta alla restituzione
ex art.2033 c.c. di 1.300,00 euro , indebitamente versato.
La convenuta, nel costituirsi, deduceva che il prezzo effettivo pattuito era
quello di 19.300,00 euro mentre quello, di 18.000,00 euro, indicato in
fattura, non corrispondeva all’effettivo prezzo di vendita.
Osservava, in ogni caso, che vi era stata una supervalutazione del mezzo
usato, si che l’attrice aveva pagato il giusto corrispettivo per l’autovettura
acquistata.
Il giudice di pace di Bologna rigettò la domanda.
Il Tribunale di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, accolse
invece la domanda della Gulmini, condannando Zaghi Auto al
pagamento di 1.300,00 euro.

la concessionaria Zaghi Auto sas, esponendo:

Il Tribunale affermò che, sulla base dell’importo indicato in fattura, di

aveva mai dedotto, né provato l’esistenza di un accordo con cui le parti
avevano pattuito un prezzo diverso da quello indicato in fattura.
Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la Zaghi Auto sas,
con tre motivi.
Sonia Gulmini ha resistito con controricorso.
Ritenuto in diritto
Con il primo motivo

di ricorso si denuncia falsa applicazione

dell’art.2033 c.c. in relazione all’art. 360 n.3) cpc, in conseguenza di
un’erronea valutazione e qualificazione giuridica dei fatti.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dei criteri di
valutazione della prova, ed in particolare dei canoni di cui agli artt.116
cpc e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 n.3) cpc.
Il terzo motivo denuncia, sotto altro profilo, il medesimo vizio di
violazione dei criteri di valutazione della prova, in relazione
all’operatività della presunzione di cui all’art. 2729 c.c.
I motivi, che, in ragione dell’intima connessione vanno unitariamente
esaminati, sono inammissibili, in quanto, nonostante l’ indicazione in
rubrica, si risolvono, di fatto, nella richiesta di una rivalutazione dei fatti
già oggetto del sindacato del giudice di merito.
Nel caso di specie il tribunale con adeguato apprezzamento di fatto ha
ritenuto che la Zaghi Auto sas non avesse provato la pattuizione di un
corrispettivo diverso da quello risultante dalla fattura emessa.

18.000,00 euro, doveva presumersi ex art. 2729 c.c. che quello fosse il
.
prezzo effettivamente convenuto dalle \ e rilevò che la Zaghi auto non

Il tribunale, in particolare,ha evidenziato come l’importo di 19.300,00
euro, indicato in contratto, costituiva, secondo la stessa formulazione

effettivamente pattuito, e che non era stata fornita alcuna elemento
convincente per ritenere che le parti avessero pattuito un corrispettivo
maggiore di quello indicato in fattura.
Tale accertamento , fondato su argomentazione logica, coerente ed
adeguata non è sindacabile nel presente giudizio.
Risulta invece carente del tutto generica e carente di autosufficienza la
deduzione della ricorrente, secondo cui sarebbe intervenuta confessione
giudiziale della odierna resistente, posto che non vengono riportate,
neppure sommariamente, le circostanze di fatto su cui detta confessione
sarebbe intervenuta.
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza,
si liquidano come da dispositivo.

s,
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio
che liquida in 1.500,00 €, di cui 200,00 € per rimborso spese vive, oltre a
rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

letterale del contratto, il tetto massimo e non anche il corrispettivo

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,

per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma 21 novembre 2017

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto

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