Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3842 del 16/02/2018


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Cassazione civile, sez. II, 16/02/2018, (ud. 24/10/2017, dep.16/02/2018),  n. 3842

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.F., D.C.R., D.R.O., S.C. e D.C.G., proprietari di appartamenti condominiali in (OMISSIS) i citavano in giudizio l’impresa costruttrice Sg.Fr., che non avrebbe garantito il diritto di superficie sugli spazi destinati a parcheggio. Nel contraddittorio delle parti il Tribunale di Trani con sentenza n. 29 del 2009 dichiarava la natura pertinenziale dell’area scoperta di cui al progetto di costruzione e il correlato diritto d’uso degli attori, nonchè il difetto di giurisdizione sulla restante domanda, onerando il convenuto delle spese del giudizio e di CTU.

Avverso questa sentenza ha interposto appello Sg.Fr. e hanno resistito i condomini proponendo a loro volta appello incidentale.

La Corte di Appello di Bari con sentenza n. 1678 del 2013 in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trani dichiarava che C.F., D.C.R., D.R.O., S.C. e D.C.G. avevano diritto nei confronti Sg.Fr. ed in proporzione alle rispettive quote condominiali di fare uso permanente a fini di parcheggio residenziale dell’area scoperta retrostante l’edificio per il transito ed il parcheggio delle autovetture nella misura di mq. 130,50 o, altrimenti, di ricevere le chiavi dell’eventuale cancello di accesso all’area medesima, ovvero, di vedere rimossi gli ostacoli al libero transito a tale area, nonchè di godere allo stesso scopo dell’area scoperta di mq. 143,16, confermava la condanna dello S. al risarcimento del danno cagionato alle controparti per il mancato rispetto del diritto sopra indicato, confermava nel resto la sentenza impugnata. Secondo la Corte distrettuale, avendo il CTU accertato la violazione del diritto degli attori di fare uso permanente dell’area scoperta retrostante l’edificio per il transito ed il parcheggio delle autovetture e non contestato da controparte, va riconosciuto il rispetto, finora non avvenuto del diritto di godere degli spazi parcheggio nei termini di cui in dispositivo.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla ditta individuale Sg.Fr. con ricorso affidato a cinque motivi. C.F., D.C.R., D.R.O., S.C. e D.C.G., in questa fase non hanno svolto attività giudiziale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Sg.Fr., lamenta:

a) con il primo motivo di ricorso, la falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, e conseguente vizio di motivazione per erronee, assunzione della fattispecie concreta desumibile dalle originarie domande attrici sub 1 e 3 nell’ipotesi assertiva della omessa destinazione a parcheggio dell’area esterna, controversa alla stregua di area vincolata come prevista dalla concessione edilizia e collegata convenzione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è, pure stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale interpretando, erroneamente, la CTU avrebbe riconosciuto agli originari attori un diritto inesistente, semplicemente, perchè l’area in questione non è mai stata oggetto di legale asservimento a parcheggio da parte del costruttore odierno ricorrente, nè come tale è stata definita negli atti concessori e, dunque, non poteva e non può ritenersi soggetta a prescrizioni di sorta in tali sensi.

b) Con il secondo motivo, un error in procedendo per omessa pronuncia circa l’esame delle domande e delle eccezioni distintamente formulate dall’appellante con ciascuno dei motivi dell’appello concernenti specifici fatti impeditivi dell’effetto delle domande attrici (artt. 112,132,156 c.p.c. e ss., art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi sulle domande ed eccezioni formulate con il primo e il quarto motivo di appello (che vengono riportati nell’atto di ricorso) e relativi all’improponibilità e/o inammissibilità delle domande degli originari attori, posto che il presupposto di quelle domande era quello di ritenere che il Giudice del merito sarebbe tenuto non solo a sindacare la concessione edilizia originaria ma addirittura a sostituirsi alla PA concedente e a disporre il vincolo legale del diritto reale d’uso di un’area esterna al fabbricato.

c) Con il terzo motivo, la falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, e L. n. 47 del 1985, art. 26, con connessa violazione dell’art. 112 c.p.c., quanto all’asserito diritto degli attori originari di godere e di fare uso permanente, ai fini di parcheggio residenziale, dell’area scoperta retrostante l’edificio nella misura di mq 130,50 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4). Secondo il ricorrente la Corte distrettuale violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato ha ritenuto di poter disporre in via autonoma un vincolo su di un’area libera, per quindi, dedurre in favore degli attori il mancato rispetto del loro diritto di godere di tale area discendente da un vincolo siffatto.

d) Con il quarto motivo, la manifesta illogicità, anche, per contraddittorietà della motivazione in parte qua conseguente al travisamento del contenuto della prova tecnica acquisita in ordine alla asserzione di omessa destinazione a parcheggio delle aree previste da concessione edilizia e convenzione allegata (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto che il CTU attraverso le operazioni tecniche e la Relazione ha accertato e dimostrato che la superficie totale asservita ed effettivamente destinata a parcheggio dell’intero fabbricato era di mq 335,29 a fronte di quella misura inferiore prescritta per legge pari a mq. 335,59 (L. n. 765 del 1967, art. 18, come modificato dalla l. n. 122 del 1990: 3355 mq realizzati / 10% = a mq 335,50.

e) con il quinto motivo, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e motivazione insufficiente (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Secondo il ricorrente posto che la decisione in ordine alla liquidazione delle spese è collegata all’esito complessivo del giudizio e poichè tale esito non può resistere alla luce dei motivi del ricorso (esaminati), non vi sarebbe più ragione che potrebbe giustificare la disposta integrale compensazione delle spese del giudizio.

2.- Il primo motivo è fondato.

Va qui osservato che la L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, così come modificato prima dalla L. n. 7 del 1967, e poi dalla L. n. 246 del 2005, prevede al comma 1, la riserva obbligatoria degli appositi spazi per parcheggi nelle nuove costruzioni ed aree pertinenziali ad esse aderenti, nella misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione, così da garantire la quadratura minima corrispondente al diritto di proprietà sull’immobile di nuova costruzione; inoltre, così come stabilito nel secondo comma, gli spazi per parcheggi realizzati non sono gravati nè da vincoli pertinenziali, nè da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari, essendo tra l’altro sempre trasferibili autonomamente da esse.

Ciò posto, è agevole comprendere che il vincolo di destinazione previsto dalla legge insiste su aree già indicate nella concessione edilizia. D’altra parte, la stessa concessione non potrebbe essere concessa nel caso in cui il costruttore non abbia indicato le aree destinate al parcheggio. Va da sè che, nell’ipotesi in cui lo spazio destinato al parcheggio dovesse risultare insufficiente a soddisfare i singoli condomini del fabbricato, il proprietario che ne risultasse privato dovrebbe far valere un inadempimento del costruttore. Come ha già detto questa Corte (Cass. n. 4197 del 2000), di fronte alla violazione di norme pubblicistiche incidenti sul regime della proprietà privata, la posizione del privato che subisca un danno è pur sempre posizione di diritto soggettivo, onde il danno segue al mancato godimento del bene, oggetto del diritto riconosciuto. (Fattispecie in tema di alienazione degli appartamenti di un immobile, con elusione del vincolo di destinazione dell’area di parcheggio edificata ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 “sexies”, aggiunto dall’art. 18 della legge “ponte”).

Con l’ulteriore conseguenza che l’eventuale insufficienza non potrà essere soddisfatta giudizialmente e soprattutto mediante l’indicazione di altra area esistente nella stessa unità immobiliare che non sia stata, originariamente, vincolata a parcheggio.

Ora, nel caso in esame, la Corte di Appello ha ritenuto di vincolare a parcheggio destinato alle originarie parti attrici un’area scoperta retrostante l’edificio, epperò, l’area di cui si dice risulta non essere stata oggetto di legale asservimento a parcheggio da parte del costruttore nè come tale è stata definita negli atti concessori. E/o, comunque, non risulta che la Corte distrettuale abbia provveduto ad accertare l’effettiva destinazione dello spazio retrostante il fabbricato nè avrebbe tenuto conto dell’espletata CTU, così come riportata nel ricorso in esame alle pagg. 10 e 11. Pertanto, ingiustificata e/o senza alcun fondamento logico-giuridico, è l’affermazione contenuta nel dispositivo secondo cui gli attori “(….) hanno diritto nei confronti di Sg.Fr. ed in proporzione alle rispettive quote condominiali, di fare uso permanente, a fini di parcheggio residenziale, dell’area scoperta retrostante l’edificio per il transito ed il parcheggio delle autovetture nella misura di mq 130,50 o, altrimenti, di ricevere le chiavi dell’eventuale cancello di accesso all’area medesima, ovvero di vedere rimossi gli ostacoli al libero accesso a tale area, nonchè di godere allo stesso scopo, dell’area scoperta di mq 143,16”.

2.b). – Infondato è invece il secondo motivo del ricorso, posto che, come è stato più volte affermato da questa Corte in altre occasioni: il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza è configurabile esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano necessariamente una statuizione di accoglimento o di rigetto. In ordine alle questioni processuali (quale è appunto l’eccezione di difetto di giurisdizione) può, invece, profilarsi un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se ed in quanto la soluzione implicitamente data dal Giudice alla problematica prospettata dalla parte si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata (cfr. Cass., n. 13649/05, nn. 3927 e 18147/02, n. 5482/97, n. 1184/06).

3.- Non è necessario esaminare i restanti motivi del ricorso, posto che il Collegio ritiene che l’accoglimento del primo motivo assorbe le ulteriori censure formulate con i restanti motivi.

In definitiva, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo e dichiarati assorbiti i restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per un nuovo esame della questione alla luce dei principi qui espressi. Alla Corte di Appello di Bari è demandato il compito di provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 24 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2018

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