Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3836 del 16/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 16/02/2011), n.3836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4598-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7236/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

16/10/08, depositata il 18/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’01/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato Mario Miceli, (delega avv. Luigi Fiorillo),

difensore della ricorrente che si riporta agli scritti ed insiste per

la trattazione in P.U.;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso consegnato nelle mani dell’ufficiale giudiziario il 16 febbraio 2010 e notificato il giorno successivo, la società Poste Italiane ha chiesto, con un unico motivo, la cassazione della sentenza non definitiva depositata il 18 febbraio 2009, con la quale la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, aveva rigettato l’eccezione di risoluzione per mutuo consenso del rapporto di lavoro originariamente a termine intercorso tra la società e D.A. relativamente al periodo 3 agosto-30 settembre 1998, ai sensi dell’art. 8 del C.C.N.L. del 1994 “per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno- settembre”, che il lavoratore aveva impugnando sostenendo la nullità del termine.

Il motivo attiene alla violazione dell’art. 1372 c.c., commi. 1 e 2, artt. 1175, 1375, 2697, 1427 e 1431 c.c. e art. 100 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che il rapporto di lavoro fra le parti si fosse comunque estinto per implicito mutuo consenso, così venendo meno l’interesse ad agire della parte originariamente ricorrente, che solo nel maggio 2004 avrebbe impugnato la legittimità del termine.

L’intimato non si è costituito in questa sede.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, è regolato dall’art. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il relatore designato, ritenendo il ricorso manifestamente infondato, ha redatto una relazione al riguardo e ha chiesto che il Presidente fissasse l’adunanza per la trattazione in camera di consiglio, effettivamente fissata alla presente data.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione alla ricorrente e al P.G. presso questa Corte unitamente all’avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.

Il collegio rileva l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto avverso una sentenza non definitiva.

A norma dell’art. 360 c.p.c., comma 3, come modificato dalla novella di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e a differenza di quanto stabilito dall’art. 361 c.p.c., comma 1 con riguardo alle sentenze previste dall’art. 278 c.p.c. e a quelle che decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio, non sono infatti immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire neppure parzialmente il giudizio.

Nel presente caso, la sentenza impugnata col ricorso per cassazione, risolvendo una delle questioni su cui fonda l’atto di appello, senza definire neppure parzialmente il relativo giudizio, può essere impugnata in sede di legittimità unicamente allorchè sia impugnata la sentenza che definirà, anche parzialmente il giudizio.

Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese, non avendo l’intimato svolto difese in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011

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