Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3836 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. I, 15/02/2021, (ud. 13/11/2020, dep. 15/02/2021), n.3836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1845/2016 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Portuense n.

104, presso la sig.ra Antonia De Angelis, rappresentato e difeso

dall’avvocato Benedetto Ballero, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia Laore Sardegna, succeduta ad ERSAT, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Monte Zebio n. 30, presso lo studio dell’avvocato Alfredo Biagini,

rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Corona, e Maria

Santoru, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 278/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI –

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 12/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/11/2020 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.F., già membro del consiglio di amministrazione dell’ERSAT – a cui è subentrata l’odierna intimata Agenzia LAORE che resiste con controricorso e memoria – adisce questa Corte onde sentir cassare, sulla base di un unico motivo di ricorso articolato su tre profili, l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Cagliari, accogliendo l’appello della LAORE, ha riformato la decisione di primo grado ed ha condannato l’ A. al rimborso della somma di Euro 49123,76, a titolo di differenze retributive indebitamente riscosse durante il mandato, allorchè in sostituzione dell’originario trattamento economico previsto per i coordinatori regionali era stato riconosciuto quello più favorevole applicato al direttore generale della regione.

Il giudice d’appello, nell’accogliere il gravame, ha ribadito la convinzione già esternata in occasione di altro suo precedente (App. Cagliari 344/2014) che il trattamento retributivo dovuto per la carica rivestita dall’ A. debba essere regolato in base alla L.R. Sardegna 23 agosto 1995, n. 20, art. 6 – in base al quale esso era parametrato alla retribuzione spettante al dipendente dell’amministrazione generale, avente qualifica dirigenziale e anzianità di venti anni, maggiorata dell’indennità prevista per il coordinatore regionale – in tal senso deponendo l’interpretazione autentica a cui il legislatore regionale si era indotto, a fronte dell’incertezza interpretativa sulla portata del detto art. 6, a mezzo della L.R. Sardegna 21 aprile 2005, n. 7, art. 22, comma 1, secondo il quale l’art. 6 citato deve interpretarsi nel senso che il compenso spettante al Presidente degli enti ed ai consiglieri è commisurato alla retribuzione spettante al momento di entrata in vigore della stessa L. n. 20 del 1995 ai coordinatori generali dell’amministrazione regionale, senza possibilità di automatica equiparazione a figure apicali successivamente introdotte nella stessa amministrazione. Di conseguenza anche gli emolumenti spettanti ai componenti del consiglio di amministrazione sono soggetti allo stesso trattamento normativo, posto che per effetto della norma di interpretazione non è stato introdotto nessun elemento di novità rispetto all’art. 6 citato essendo state unicamente esplicitate l’esclusività del riferimento alla figura del coordinatore generale e l’impossibilità di sostituire a questa quella del direttore generale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con un unico motivo di ricorso articolato su tre profili il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione della L.R. Sardegna n. 20 del 1995, art. 6 dell’art. 12 preleggi, della L.R. Sardegna 13 novembre 1998, n. 31, artt. 8, 13, 23 e 24 L.R. Sardegna 7 del 2005, art. 22 della L.R. Sardegna 5 marzo 2008, n. 3, art. 3 l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto decisivo ed ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 2033c.c. e degli artt. 278 e 112 c.p.c., censura l’impugnata sentenza, nell’ordine, 1) per aver “erroneamente ritenuto che il rinvio dinamico al parametro del Direttore Generale, conseguente alla soppressione del precedente parametro del Coordinatore Generale richiedesse uno specifico intervento legislativo e, sempre erroneamente, che la L.R. n. 7 del 2005, art. 22 fosse una norma interpretativa retroattiva e, dunque, non innovativa della L.R. n. 20 del 1995, art. 6”; 2) per aver “riconosciuta fondata l’eccezione sollevata dal ricorrente relativa alla necessità che la ricostruzione di un eventuale indebito debba eseguirsi in misura netta, assai inferiore di quella lorda vantata dall’Agenzia Laore, senza però far conseguire un difetto di prova da parte del preteso creditore per aver omesso di dimostrare il presunto credito”; 3) per non aver “nulla rilevato in merito all’evidente errore di calcolo da parte del creditore”, che aveva quantificato la pretesa nella misura riconosciuta peraltro determinata al lordo e senza tenere conto che la somma delle maggiori mensilità lorde non superava Euro 13755,23.

3. La prima allegazione non ha pregio.

Questa Corte esaminando funditus la questione qui sollevata (Cass., Sez. I, 11/09/2020, n. 18898), ha già avuto modo di chiarire, esprimendo un giudizio a cui si intende dare continuità, che il richiamo alla figura del rinvio mobile azionato in relazione alla previsione recata dalla L.R. Sardegna n. 20 del 1995, art. 6 in guisa del quale la disciplina in essa contenuta avrebbe dovuto adeguarsi in funzione dei possibili mutamenti vissuti dalla materia nel corso del tempo, è infondatamente operato poichè è proprio la norma di interpretazione autentica ad ostare al concetto. E’ indubbio, infatti, per effetto proprio della L.R. Sardegna n. 7 del 2005, art. 22, comma 1, che il richiamo contenuto nell’art. 6 anzicitato vada “considerato non come formale (ossia appunto mobile) ma come sostanziale e fisso, vale a dire parametrato al livello di retribuzione spettante “al momento di entrata in vigore della stessa L. n. 20 del 1995, ai coordinatori generali dell’Amministrazione regionale, senza possibilità di automatica equiparazione a figure apicali successivamente introdotte nella stessa Amministrazione””.

Nè è dubitabile, come ancora si è sottolineato e come pure affermato qui dal decidente del grado, che l’art. 22 costituisca norma di interpretazione autentica, non solo perchè essa “proviene da chi quella stessa norma ha fatto”, ma perchè quella che si esprime nel suo testuale tenore è l’esatta voluntas legis intesa ad assicurare, di contro ai successivi mutamenti intervenuti in materia, che la misure del compenso erogabile ai componenti degli organi collegiali di formazione regionale non potesse eccedere in ogni caso quella spettante alle soppresse figure dei coordinatori regionali. E ciò non legittima i conclusivi dubbi di costituzionalità accampati dal ricorrente anche alla luce della successiva previsione della L.R. Sardegna n. 3 del 2008, art. 3 posto che, se da un lato non rileva il fatto che nella propria autonomia legislativa la Regione Sardegna possa essere nuovamente intervenuta in materia dettando norme più favorevoli, dall’altro ogni sospetto di irragionevolezza dell’art. 22 è destinato a venire meno considerando che la natura interpretativa della norma, a fronte delle perplessità sorte in punto di regolazione dei compensi a seguito della soppressione della figura amministrativa di riferimento, è resa evidente dal fatto che essa si limita ad assegnare alla disposizione interpretata un significato riconoscibile tra tutte le possibili sue diverse letture (Cass., Sez. I, 5/06/2020, n. 10751).

4. La seconda allegazione concreta anch’essa un tema decisionale che ha già visto pronunciarsi questa Corte favorevolmente (Cass., 12/12/2017, n. 29799). Sicchè essa – che non incorre nella preclusione opposta dal controricorrente che si è opposto al recupero nella sua integrità – merita adesione.

E’ invero convincimento, in altrove affermato più volte, che in caso di retribuzioni erogate indebitamente al lavoratore dipendente il datore di lavoro ha diritto a ripetere soltanto quanto quest’ultimo abbia effettivamente percepito e non già importi al lordo di ritenute fiscali e previdenziali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente. Le prime per vero ricadono nel raggio di azione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e di duplicazione ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo. Per le seconde, del pari, l’unico obbligato al versamento dei contributi all’ente previdenziale anche per la quota a carico del lavoratore è, ai sensi della L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 19 il datore di lavoro, di modo che spetta solo a lui la legittimazione a richiedere la ripetizione in caso di indebito versamento (Cass., Sez. IV, 2/10/2020, n. 21196).

Non è dubitabile, peraltro, che la richiamata disciplina si renda applicabile anche nel caso in cui l’indebito sia conseguenza di una pronuncia giurisdizionale dal momento che anche in tal caso si deve ritenere ravvisabile un’ipotesi inesistenza totale o parziale dell’obbligo. Nè questo assetto, che vede legittimato in via principale alla condictio indebiti il soggetto che ha effettuato il versamento, si presta a revisioni alla luce del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 916, art. 10, comma 1, lett. d-bis), che abilità il contribuente a portare in deduzione del carico imponibile le somme restituite al soggetto erogatore poichè la norma non investe il profilo della legittimazione all’azione di indebito, ma rappresenta solo una facoltà accordata al contribuente in ragione della quale non è consentito interpretarne il disposto in modo incoerente rispetto al principio secondo cui il solvens non può ripetere dall’accipiens più di quanto quest’ultimo abbia effettivamente percepito (Cass., Sez. IV, 25/07/2018, n. 19735).

E’ pertanto errata la contraria affermazione operata dal decidente d’appello che ha ritenuto invece ripetibile la somma imputato all’ A. nell’intero, al lordo, cioè, delle ritenute fiscali e previdenziali operate alla fonte e versate all’erario e agli enti di previdenza.

5. La terza allegazione attiene al tema dei conteggi ed in considerazione dell’accoglimento della pregressa doglianza può andare assorbita.

6. Va quindi accolto la seconda allegazione di cui all’unico motivo di ricorso e la sentenza va in ragione di ciò debitamente cassata con conseguente rinvio della causa al giudice a quo per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

rigetta la prima allegazione dell’unico motivo di ricorso; accoglie la seconda e dichiara assorbita la terza; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dell’allegazione accolta e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Cagliari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

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