Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3835 del 26/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3835 Anno 2016
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

SENTENZA
sul ricorso 26551-2012 proposto da:
I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, C.P. 80078750587, in persona del suo
Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.
2015
4818

C.F. 05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati
LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI,
giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 26/02/2016

- ricorrenti contro

CAVINA LORENZO C.F. CVNLNZ77E15A944B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116,
presso lo studio dell’avvocato ANTONINO DIERNA, che

CHIARA RIGOSI, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 339/2012 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 03/09/2012 r.g.n. 822/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2015 dal Consigliere Dott. ANNALISA
DI PAOLANTONIO;
udito l’Avvocato MATANO GIUSEPPE per delega Avvocato
SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

La Corte di appello di Bologna ha respinto l’appello proposto
dall’INPS avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva
accolto l’opposizione di Lorenzo Cavina alla cartella esattoriale con
la quale era stato richiesto il pagamento dei contributi non versati
alla gestione commercianti dal socio accomandatario della s.a.s.
Icaro per il periodo 10 febbraio 1998/31 ottobre 2000.
La Corte ha premesso che la cumulabilità della iscrizione alla
gestione commercianti con quella alla gestione separata
presuppone che sussistano i requisiti richiesti per l’iscrizione
medesima dalla disciplina generale, sicché è necessario che il
socio partecipi al lavoro aziendale con carattere di abitualità e
prevalenza. Ha aggiunto che la ricorrenza di detto presupposto
deve essere provata dall’istituto previdenziale che, nella specie, si
era limitato a fare leva sulla percezione di redditi derivanti dalla
qualità di accomandatario. Infine ha evidenziato che le prove
assunte in grado di appello avevano consentito di escludere il
diretto coinvolgimento del Cavina nella attività aziendale.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’INPS sulla
base di un unico motivo. Lorenzo Cavina ha resistito con
tempestivo controricorso

Ragioni della decisione
1 – Con unico articolato motivo di ricorso l’INPS denuncia
“violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 202,203 e 208
della legge 662/96 (art. 360, n. 3 c.p.c.)” e rileva
sostanzialmente che i requisiti richiesti dalla legge per la
iscrizione alla gestione commercianti sussistono necessariamente
per il socio accomandatario, in quanto illimitatamente
responsabile e unico soggetto abilitato a compiere atti in nome
della società. Aggiunge che il giudizio di prevalenza richiesto dalla
legge n. 662/1996 è di natura endogena, ossia deve essere
compiuto solo in relazione alle vicende interne della società, senza
che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori attività espletate dal
socio al di fuori della attività sociale.
2 – Il motivo è infondato.
Occorre premettere che nel presente giudizio non viene in rilievo
la questione della unificazione della posizione previdenziale, in
relazione alla quale i principi espressi dalle Sezioni Unite di questa
Corte, con la sentenza n. 3240 del 2010, sono stati superati dalla
norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 12, comma
11, d.l. n. 78/2010 e dal successivo intervento delle stesse
R.G. 26551/2012
INPS/Cavina Lorenzo
Udienza 10.12.2015

Svolgimento del processo

Sezioni Unite che, con la sentenza n. 17076 del 2011,
conformemente a quanto poi ritenuto dalla Corte Costituzionale
con la sentenza n. 15/2012, hanno escluso qualsiasi violazione
della Carta Costituzionale e dell’art. 6 CEDU.
Si discute, invece, dei requisiti che devono ricorrere affinché
sorga l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa per gli
esercenti attività commerciale, e, quindi, di una questione
logicamente antecedente rispetto a quella della duplicità della
contribuzione.
Questa Corte al riguardo ha già affermato che, se alla luce della
norma interpretativa non opera il criterio della attività prevalente,
sicché vale l’obbligo di iscrizione e contribuzione sia alla gestione
commercianti che a quella separata, tuttavia, proprio per la
autonomia delle posizioni, è necessario che per ciascuna di esse
ricorrano le condizioni richieste dalla legge, cioè che si realizzi una
“coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al
commercio e all’amministrazione societaria ( Cass. 1.7. 2015 n.
13446 e Cass. 5.3.2013 n. 5444).
3 – Secondo l’assunto dell’istituto previdenziale per il socio
accomandatario della s.a.s. l’obbligo della iscrizione alla gestione
commercianti dovrebbe sorgere automaticamente, in ragione
della posizione rivestita all’interno della società, essendo
l’accomandatario l’unico soggetto abilitato a compiere atti in
nome della s.a.s..
L’affermazione non è condivisibile.
La legge 27 novembre 1960 n. 1397, con la quale è stata istituita
l’assicurazione obbligatoria contro le malattie per gli esercenti
attività commerciale ( ai quali è stata poi estesa dalla legge 22
luglio 1966 n. 613 l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la
vecchiaia), prevedeva l’obbligo dell’iscrizione per gli esercenti di
piccole imprese commerciali per i quali ricorressero le seguenti
condizioni: ” a) siano titolari o conduttori in proprio di imprese
organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei
componenti della famiglia ivi compresi i parenti e gli affini entro il
terzo grado e sempreché l’imponibile annuo di ricchezza mobile
relativo alla attività della impresa commerciale non superi i tre
milioni di lire; b) abbiano la piena responsabilità della azienda
ed assumano tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione
e alla sua gestione; c) partecipino personalmente e
materialmente al lavoro aziendale con carattere di continuità;
d) siano muniti, limitatamente per gli esercenti di piccole
imprese commerciali, della licenza prevista per l’esercizio della
loro attività dalle seguenti disposizioni di legge…”
R.G. 26551/2012
INPS/Cavina Lorenzo
Udienza 10.12.2015

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L’art. 2 della legge stabiliva che ” Qualora la piccola impresa
commerciale sia costituita in forma di società in nome collettivo,
per titolari di impresa si intendono tutti i soci che rivestono
singolarmente i requisiti richiesti dall’articolo 1, lettere a), b), c)
e d). Le norme di cui alla presente legge non si applicano alle
imprese che abbiano personalità giuridica”.
L’art. 1 è stato oggetto di successivi interventi modificativi ( art. 1
della legge n. 1088/1971; art. 29 della legge n. 160/1975)
attraverso i quali l’obbligo dell’iscrizione è stato esteso ai familiari
coadiutori preposti al punto vendita ed è stato affermato a
prescindere dall’ammontare del volume di affari dell’impresa
commerciale. Quanto al requisito di cui alla lett. c) la
partecipazione personale e materiale al lavoro aziendale con
carattere di continuità, è stato sostituita dalla partecipazione
personale “con carattere di abitualità e prevalenza”.
Con l’art. 1, comma 203, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 il
legislatore è nuovamente intervenuto a disciplinare la materia e,
sostanzialmente, ha esteso l’obbligo dell’iscrizione anche ai soci
delle società a responsabilità limitata, per i quali è stata esclusa la
necessità del requisito di cui alla lettera b), ossia la diretta
assunzione degli oneri ed i rischi relativi alla gestione della
attività.
Anche l’art. 2 della legge n. 1397/1960, che estendeva l’obbligo
della iscrizione ai soci delle s.n.c. solo in presenza di tutti i
requisiti indicati dall’art. 1, è stato abrogato e sostituito dall’art. 3
della legge 28 febbraio 1986 n. 45, tuttora vigente, del seguente
tenore: “Le disposizioni sull’iscrizione all’assicurazione contro le
malattie contenute nell’articolo 1 della legge 27 novembre 1960,
n. 1397, come sostituito dall’articolo 29 della legge 3 giugno
1975, n. 160, si applicano anche ai soci di società in nome
collettivo o in accomandita semplice le quali esercitino le
attività previste da tale articolo nel rispetto delle norme ad esse
relative e gestiscano imprese organizzate prevalentemente con
il lavoro dei soci e degli eventuali familiari coadiutori di cui
all’articolo 2 della legge 22 luglio 1966, n. 613. I soci devono
possedere i requisiti di cui alle lettere b) e c) del primo comma
del citato articolo 1 della legge 27 novembre 1960, n. 1397, e per
essi non sono richiesti l’iscrizione al registro di cui alla legge
11 giugno 1971, n. 426, e il possesso delle autorizzazioni o
licenze che siano prescritte per l’esercizio dell’attività”.
Perché, quindi, sorga l’obbligo della iscrizione per i singoli soci
non èigD1Mth sufficiente il requisito di cui alla lettera b), ossia la
responsabilità illimitata per gli oneri ed i rischi della gestione, ma
è comunque richiesta anche l’ulteriore condizione di cui alla
R.G. 26551/2012
INPS/Cavina Lorenzo
Udienza 10.12.2015

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lettera c) ed è quindi necessaria la partecipazione personale al
lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.
La disposizione in commento, inoltre, non differenzia in alcun
modo l’accomandatario dal socio della s.n.c. e detta
equiparazione risulta senz’altro coerente con la disciplina
codicistica, atteso che, a norma dell’art. 2318 c.c.,
“i soci
accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in
nome collettivo”.
Ne discende che, così come nelle società in nome collettivo non è
sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione il regime della
responsabilità illimitata del socio, parimenti nella società in
accomandita semplice l’accomandatario sarà tenuto all’iscrizione
solo qualora partecipi direttamente al lavoro aziendale e detta
partecipazione sia abituale e prevalente.
Non si può sostenere che il requisito di cui alla lettera c) debba
necessariamente discendere dalla qualità di accomandatario,
poiché, rispetto alle previsioni della legge n. 1397/1960, così
come successivamente integrata e modificata, vanno tenuti
distinti i due piani del funzionamento della società, con i connessi
poteri di amministrazione, e della gestione della attività
commerciale, che ben può essere affidata a terzi estranei alla
compagine sociale o ad altri soci che non siano anche
amministratori della società.
In altri termini, quanto ai requisiti che devono ricorrere per
l’iscrizione alla gestione commercianti, è ancora attuale quanto
affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.
3240 del 12.2.2010 nella quale è stato evidenziato che “detta
assicurazione è posta a protezione, fin dalla sua iniziale
introduzione, non già dell’elemento imprenditoriale del lavoratore
autonomo, sia esso commerciante, coltivatore diretto o artigiano,
ma per il fatto che tutti costoro sono accomunati ai lavoratori
dipendenti dall’espletamento di attività lavorativa abituale, nel
suo momento esecutivo, connotandosi detto impegno personale
come elemento prevalente (rispetto agli altri fattori produttivi)
all’interno dell’impresa.”
Va, poi, escluso che il principio qui affermato si ponga in
contrasto con il precedente di questa Corte citato nel ricorso
giacché, sebbene nella ordinanza n. 845/2010 ( e nella successiva
sentenza n. 2138/2014 pronunciata fra le stesse parti in relazione
ad altro periodo contributivo) si sostenga che “il socio
accomandatario di una società in accomandita semplice di
intermediazione immobiliare, in quanto unico soggetto abilitato a
compire atti in nome della società, deve ritenersi esercitare
attività commerciale in modo abituale e prevalente”, tuttavia
R.G. 26551/2012
INPS/Cavina Lorenzo
Udienza 10.12.2015

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detto principio risulta affermato in una fattispecie nella quale era
stato accertato dal giudice di merito che l’attività commerciale
non poteva che essere svolta dal socio accomandatario, tenuto
conto delle caratteristiche della stessa ed essendo la società
medesima priva di dipendenti.
Quanto, poi, alla recente sentenza di questa Corte n.
20695/2015, citata nel corso della discussione orale, osserva il
Collegio che la motivazione della stessa è tutta incentrata sulla
diversa questione della duplicità della iscrizione, in una fattispecie
nella quale, si legge in motivazione, non era controversa la
partecipazione personale del socio accomandatario al lavoro
aziendale.
Nel caso di specie, al contrario, la Corte di appello, con
accertamento di fatto non censurabile in questa sede, ha escluso
che fosse stato provato il coinvolgimento diretto nel lavoro
aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, sia perché
l’INPS aveva fatto leva solo sulla qualità di accomandatario e
sulla percezione di utili di impresa, sia perché i testi, escussi su
richiesta dell’appellato, avevano confermato le allegazioni del
ricorso in opposizione.
La sentenza non merita, quindi, alcuna censura perché conforme
al principio di diritto che il Collegio ritiene di dovere enunciare
nei seguenti termini: ” ai sensi dell’art. 1, comma 203, L. n.
662/1996, che ha modificato l’art. 29 L. n. 160/1975, e dell’art. 3
L. n. 45/1986, nelle società in accomandita semplice la qualità di
socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di
iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività
commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione
personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e
prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto
assicuratore”.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
vanno poste a carico dell’INPS come da dispositivo.
P.Q. M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna l’INPS al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 100,00 per esborsi
ed € 1.500,00 per competenze professionali, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma il 10 dicembre 2015
Il Presidente
Consigliere estensore

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