Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3834 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 18/02/2010), n.3834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliata;

– ricorrente –

contro

INTERNATIONAL FACTORS ITALIA S.p.A. – brevemente anche IFITALIA,

società del gruppo bancario Banca Nazionale del Lavoro S.p.A.,

iscritta all’albo dei Gruppi Bancari presso la Banca d’Italia e

soggetta alla direzione e coordinamento della BNP Paribas S.A.,

Parigi – con sede in (OMISSIS), iscritta al

Registro delle Imprese di Milano al n. (OMISSIS), partita IVA

(OMISSIS), iscrizione nell’elenco generale degli intermediari

finanziari al n. (OMISSIS) e nell’elenco speciale al n. 19016,

in

persona del suo Direttore Generale, Sig. F.M., giusti

poteri ad esso conferiti con Delib. Consiglio Amministrazione 30

marzo 2007, rappresentata e difesa dall’avv. NINNI Guido, in forza di

procura speciale autenticata nella firma dal Notaio Liguori di

Milano, rep. n. 60620, del 7 maggio 2008, presso il cui studio in

Roma, Via Anapo n. 29 è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/24/07 pronunciata dalla Commissione

Tributaria Regionale di Torino, Sez. 24, il 16 ottobre 2007,

depositata il 28 dicembre 2007 e notificata all’Agenzia delle

Entrate, Ufficio Torino (OMISSIS), l’11 febbraio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/12/2009 dal Relatore Cons. Dott. Giuseppe Marinucci;

udito, per la ricorrente Agenzia, l’avv. Filippo Arena che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la resistente società, l’avv. Guido Ninni che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo del ricorso, assorbito il secondo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 4 marzo 2005, l’Agenzia delle Entrate di Torino comunicava alla Ifitalia il diniego alla richiesta di rimborso IVA, presentata da quest’ultima e relativo al periodo di imposta 1992, maturato a favore di Arena Finanziaria S.p.A. e da questa ceduto ad International Factors Italia con scrittura privata, autenticata in data (OMISSIS) e notificata all’Ufficio il 29.10.1993.

Avverso tale diniego, la Ifitalia proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino.

L’Agenzia delle Entrate resisteva, eccependo la tardività del ricorso, sul presupposto che la comunicazione impugnata si sarebbe limitata a ribadire precedenti comunicazioni rispetto alla cui impugnazione la società sarebbe ormai decaduta.

Inoltre, eccepiva come la richiesta di rimborso fosse stata legittimamente respinta dal momento che, in seguito, nei confronti della società cedente, Arena Finanziaria S.p.A. sarebbe stato emesso avviso di rettifica relativo all’anno d’imposta 1994, con richiesta di una maggiore IVA e l’irrogazione di sanzioni.

La Commissione adita, con la sentenza n. 120/19/2005, rigettava il ricorso della società.

Avverso tale decisione, la Ifitalia proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Torino, eccependo l’inopponibilità alla cessionaria di tutte le eccezioni opponibili al cedente, dal momento che quanto richiesto dall’Ufficio alla società cedente avrebbe riguardato un periodo d’imposta successivo alla cessione del credito.

La C.T.R. torinese, con la sentenza n. 53/24/07, pronunciata il 16 ottobre 2007 e depositata il 28 dicembre 2007, in totale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello della Ifitalia.

Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

L’International Factors Italia S.p.A. resisteva con controricorso corroborato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia delle Entrate ha lamentato “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, atteso che i giudici di secondo grado avrebbero dovuto dichiarare inammissibile.

Il ricorso proposto dalla società contribuente, dal momento che oggetto di Impugnazione sarebbe stata una comunicazione dell’Ufficio, reiterativa di precedenti comunicazioni e, pertanto, non impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

Si formula, pertanto, il seguente quesito: “Dica codesta Suprema Corte se sia erronea la decisione della C.T.R. che abbia ritenuto ammissibile un ricorso proposto avverso una nota con la quale l’Amministrazione Finanziaria si sia limitata a ribadire le proprie determinazioni negative in merito al rimborso richiesto già espresse con precedenti provvedimenti non impugnati, dovendosi, al contrario, ritenere che la comunicazione meramente confermativa di precedenti provvedimenti non impugnati non rappresenti atto impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19”.

La censura merita accoglimento.

Nella sentenza si legge: “l’Agenzia delle Entrate non cita alcuna norma che commini la decadenza dal diritto di ricorrere, quando un diniego di rimborso sia reiterato nel tempo. Non può ragionevolmente revocarsi in dubbio che la lettera 4/3/05, pur successiva ad altre precedenti di analogo anche se non identico segno con il concludere richiamando “i motivi per i quali non è possibile, ancora ad oggi, soddisfare la pretesa creditizia”, integri gli estremi previsti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, lett. g), (il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti) e come tale costituisca atto idoneo a fondare il diritto al ricorso”.

La statuizione è manifestamente censurabile.

Il processo tributario viene introdotto con l’impugnazione dell’atto e detta impugnazione viene regolata dai principi che sorreggono il giudizio amministrativo connotati dalla perentorietà del termine di impugnazione.

E’ giurisprudenza univoca di questa Corte che la mancata impugnazione entro il termine perentorio di 60 giorni rende l’atto inoppugnabile (Cass. 2249/03).

Le regole poste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, per cui la Commissione Provinciale può essere adita soltanto impugnando gli atti previsti dal legislatore (compreso quel fatto normativamente equiparato ad un atto di rimborso che è il diniego tacito di rimborso), hanno un valore fondamentale per intendere il contenuto della tutela offerta al contribuente dal processo tributario.

Consegue la previsione, nell’art. 21, di un termine di decadenza per ricorrere. Qualora gli atti “autonomamente impugnabili” non siano tempestivamente impugnati essi diventano definitivi, consolidando i rispettivi effetti, eliminabili solo in via di autotutela.

Nel caso di specie, l’Amministrazione aveva già più volte esternato il suo diniego al rimborso e tali atti non erano stati impugnati, con la conseguente definizione del rapporto tributario in contestazione.

Queste osservazioni esauriscono la materia del contendere dal momento che, alla luce delle stesse, si appalesa manifestamente errato il dictum della Commissione Tributaria Regionale.

Si accoglie, pertanto, il primo motivo di censura e si dà risposta affermativa al quesito, proposto sulla base della considerazione che il diritto del contribuente si era consumato, stante la mancata impugnazione dei precedenti atti di diniego di contenuto analogo, anche se non di identico segno.

Con il secondo motivo, l’Agenzia, odierna ricorrente, ha denunciato “violazione e falsa applicazione dell’art. 1248 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, del D.L. n. 70 del 1988, art. 5, comma 4 ter, convertito dalla L. n. 154 del 1988, R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, atteso che la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto che il credito dell’Amministrazione nei confronti del cadente non potesse essere opposto al cessionario alla luce delle disposizioni civilistiche e fiscali richiamate in sentenza.

Il sorgere di una ragione di credito dell’Amministrazione, la cui fondatezza sia ancora sub iudice, consentirebbe a questa ultima, anche in virtù della generale previsione di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, di sospendere il pagamento di un credito vantato nei propri confronti, al fine, poi, di poter soddisfare le proprie ragioni creditorie, una volta che le stesse siano definitivamente accertiate, anche tramite lo strumento della compensazione che non sarebbe sottoposto alle regole, anche temporali, di cui all’art. 1248 c.c..

Viene formulato, pertanto, il seguente quesito: “Dica codesta Suprema Corte se sia errata la decisione della C.T.R. che abbia ritenuto illegittimo un provvedimento di diniego di rimborso IVA opposto al cessionario del suddetto credito sulla scorta della inopponibilità delle ragioni di credito vantate dall’Amministrazione nei confronti del cedente, siccome successive alla notifica della cessione e non aventi ad oggetto il credito ceduto, laddove la corretta lettura del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, del D.L. n. 79 del 1998, art. 5, comma 4 ter, convertito dalla L. n. 154 del 1988 e del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69 (che rappresentano disciplina speciale, ed in sè conclusa, rispetto alla previsione generale di cui all’art. 1248 c.c., che pertanto non risulta applicabile) consente all’Amministrazione che abbia emesso un avviso di rettifica nei confronti del cedente di sospendere il rimborso (sino al momento della definizione, in senso favorevole al contribuente, della lite in essere riguardo alla fondatezza della pretesa erariale) anche nei confronti del cessionario e anche se l’atto impositivo abbia ad oggetto un’annualità di imposta diversa da quella per la quale è sorto il diritto al rimborso”.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo.

Sulla base degli elementi di fatto acquisiti e sopra precisati, è possibile decidere in via definitiva senza necessità di rinvio e, conseguentemente, si deve accogliere il primo motivo del ricorso, assorbire il secondo, cassare la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ex art. 384 c.p.c. respingere il ricorso introduttivo del contribuente.

Alla luce dei profili processuali e sostanziali della controversia, ricorrono giusti motivi perchè le spese processuali relative all’intero processo vengano compensate.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., dichiara inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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