Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 38331 del 03/12/2021

Cassazione civile sez. I, 03/12/2021, (ud. 15/10/2021, dep. 03/12/2021), n.38331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 18078/2019 r.g. proposto da:

Windowmist Limited, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Properzio n. 5, presso lo

studio dell’avvocato Cicala Carlo, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Riccioni Alessandro, giusta procura speciale

per Notaio Dott. J.B.D.W. di Pretoria

(Repubblica Sudafricana) – prot. n. 003036 del 30.4.2019, con

apostille del 2.5.2019;

– ricorrente –

contro

Italfondiario S.p.a., in proprio e nella qualità di procuratore

della Castello Finance s.r.l., in persona dei legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cassiodoro n.

1/a presso lo studio dell’avvocato Costantino Giorgio, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 530/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 04/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/10/2021 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto;

lette le conclusioni motivate, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n.

137, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18

dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. Cardino Alberto, il quale ha chiesto il

rigetto del ricorso;

lette le memorie depositate in data 22 dicembre e 21 dicembre 2020

rispettivamente dalla società ricorrente Windowmist Limited e dalla

controricorrente Italfondiario s.p.a., nonché quella da ultimo

depositata in data 6 ottobre 2021 sempre dalla società ricorrente

Windowmist Limited.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Windowmist limited propose, davanti al Tribunale di Bari, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. del 31.5.2016 e nei confronti di Italfondiario spa, in proprio e in qualità di procuratrice della Castello Finance s.r.l., domanda dichiarativa della nullità del contratto di mutuo del 26.10.93, concluso tra la Semeraro s.r.l. e la Mediocredito della Puglia s.p.a. e, conseguentemente, dell’estinzione dell’ipoteca contestualmente concessa a garanzia del mutuo – dalla Alberghiero Semeraro Martino s.r.l..

La Semeraro s.r.l. aveva infatti sottoscritto con il Mediocredito della Puglia s.p.a. contratto di mutuo ipotecario per Lire 15.000.000.000 assistito da ipoteca sugli immobili della mutuataria, con la previsione della restituzione del mutuo in otto anni mediate ratei semestrali con la costituzione della somma mutuata in deposito infruttifero presso la stessa mutuante in attesa della prestazione delle previste garanzie.

2. Il Tribunale di Bari, con ordinanza del 4.11.16, accolse la domanda, condannando l’Italfondiario s.p.a. anche alla rifusione delle spese giudiziali.

3. Italfondiario, in proprio e nella predetta qualità sopra indicata, proponeva, dunque, appello – che veniva accolto dalla Corte di appello di Bari, con la sentenza qui di nuovo impugnata – mentre Windowmist Ltd, resisteva all’appello, reiterando le eccezioni di nullità del contratto di mutuo per impossibilità dell’oggetto e difetto di causa che erano state dichiarate assorbite in primo grado.

4. A sostegno dei propri assunti volti all’accoglimento dell’appello, il giudice distrettuale ha rilevato, in primo luogo, l’infondatezza dell’eccezione di giudicato esterno, in quanto la sentenza del Tribunale di Bari, resa in sede di opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. (già Semeraro s.r.l.) e che avrebbe statuito nel senso dell’invalidità del medesimo contratto di mutuo, pur definitiva, era priva di efficacia ultrafallimentare, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, trattandosi di un accertamento del credito compiuto nella sede endofallimentare. In secondo luogo, la Corte territoriale ha accertato la validità del contratto di mutuo del 26.10.93, oggetto di controversia, ritenendo acquisita la prova della disponibilità giuridica della somma mutuata da parte della mutuataria, trattandosi eventualmente di mutuo condizionato alla prestazione delle garanzie reali e personali, con validità dell’ipoteca iscritta anche ai sensi dell’art. 2852 c.c.. Infine, la Corte distrettuale ha rigettato l’appello incidentale dell’appellata volto ad accreditare l’impossibilità dell’oggetto del mutuo per incapacità materiale di restituire l’importo mutuato, non essendo provato che l’impedimento fosse originario e assoluto e ritenendo inoltre insussistente la denunziata carenza di causa in concreto ovvero di causa illecita in quanto tra le finalità di un’operazione di credito fondiario poteva invero rientrare anche l’utilizzazione della somma ottenuta per estinguere un debito precedente verso la stessa banca concedente il mutuo.

5. Windowmist Ltd, ricorre ora in cassazione contro la predetta sentenza della Corte d’appello di Bari affidando l’impugnazione a cinque motivi, illustrati da memoria, mentre resiste con controricorso la società Italfondiario s.p.a., anch’esso illustrato da memoria.

6. Con ordinanza interlocutoria n. 6213 del 2021, la prima Sezione civile di questa Corte, “Ritenuta l’opportunità di approfondimento dei principi regolatori della materia e che, pertanto, non sussistono i presupposti per la trattazione in camera di consiglio”, ha rinviato la causa per la trattazione in pubblica udienza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per avere il giudice d’appello disatteso gli effetti del “giudicato esterno” di cui alla sentenza del Tribunale di Taranto n. 2081/11 (resa nella sede del giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in forza del contratto di mutuo), avente ad oggetto la nullità del medesimo contratto di mutuo di cui all’odierna controversia e, conseguentemente, dell’ipoteca apposta sui beni immobili di proprietà della Windowmist Ltd., costituendo l’accertata nullità del contratto di mutuo la premessa necessaria ed il fondamento logico della nullità del pignoramento.

1.1 Il motivo è infondato.

1.1.1 Come correttamente rilevato anche dalla Procura Generale nelle conclusioni scritte depositate il 28 settembre 2021, l’ordinanza emessa ex art. 702 ter c.p.c. dal Tribunale di Bari in data 4.11.2016 non ha affatto riconosciuto il giudicato esterno invocato dall’odierna ricorrente Windowmist Ltd., avendo al contrario respinto la relativa eccezione per aver affermato che il Tribunale di Taranto con la sentenza n. 2081 del 27.10.2011 aveva statuito la nullità del pignoramento e non già del mutuo, senza che tale statuizione fosse stata poi impugnata con appello incidentale dall’attuale società ricorrente Windowmist Ltd. A tanto era infatti onerata quest’ultima, stante la sua soccombenza teorica su tale questione preliminare nel giudizio di prime cure, non potendo invero soccorrere neanche l’art. 346 c.p.c. che si riferisce non alle domande ed eccezioni rigettate in danno dell’appellato vittorioso, ma a quelle su cui il giudice non abbia pronunciato in quanto assorbite.

Del resto, non può neanche essere revocato in dubbio che se la sussistenza o meno di un giudicato esterno sia stata a sua volta oggetto di accertamento all’interno del processo, tale accertamento fa stato tra le parti se la relativa statuizione non venga – come avvenuto nel caso in esame – impugnata, ciò valendo sia nell’ipotesi in cui ad accertare l’assenza o meno del giudicato precedente sia il giudice di ultima istanza del giudizio successivo sia che quest’ultimo giudice si limiti a prendere atto del giudicato interno maturato sulla questione già decisa dal giudice di primo grado, senza impugnazione della parte interessata.

1.1.2 Ma vi è di più.

Anche a non voler considerare tale preliminare ed assorbente profilo di infondatezza della doglianza, risulta insuperabile la considerazione che non può, comunque, in alcun modo predicarsi la formazione di un giudicato esterno sul profilo della pretesa “nullità” del contratto di mutuo per difetto del requisito della consegna del denaro mutuato al mutuatario (traditio rei), giudicato scaturente dalla sopra ricordata sentenza del Tribunale di Taranto resa in sede di opposizione all’esecuzione (e passata in giudicato per la declaratoria di improcedibilità dell’appello della Corte di appello di Lecce con sentenza n. 53 del 8.2.2016), posto che il tribunale tarantino si era invero limitato, in quel contesto decisorio, a statuire che l’atto pubblico era inidoneo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., comma 2, a costituire titolo esecutivo per iniziare e proseguire il relativo procedimento esecutivo immobiliare in quanto si trattava di mutuo condizionato in relazione al quale l’avveramento delle condizioni non poteva risultare dal contratto di mutuo rogato per atto pubblico notarile quanto piuttosto da altri atti esterni non aventi le medesime caratteristiche formali, con la conseguenza che il pignoramento – e solo il pignoramento, e non già il mutuo – dovesse considerarsi affetto da nullità.

Si può dunque concludere con sicurezza nel senso che la doglianza proposta dalla società ricorrente non è fondata perché il giudicato esterno invocato dalla Windowmist Ltd. non si è mai formato sul profilo della “nullità” del contratto di mutuo per difetto del requisito della traditio rei, come peraltro già accertato dal Tribunale di Bari nell’ordinanza sopra menzionata ex art. 702 ter c.p.c., con pronunciamento mai impugnato dalla parte interessata e questo sì passato in giudicato interno.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente prospetta la violazione dell’art. 1813 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice d’appello ritenuto, a differenza del giudice di prime cure, che, ai fini della conclusione di un contratto di mutuo, siano da considerare come già “consegnate” al mutuatario, somme che erano invece state sottoposte a vincolo da parte dell’istituto mutuante. Si osserva che, erroneamente, la corte territoriale avrebbe ampliato il concetto di disponibilità giuridica, posto che, secondo la conforme giurisprudenza espressa da questa Corte, la disponibilità della somma da parte del mutuatario – che risulta equivalente alla consegna (traditio rei), ai fini della conclusione del contratto di mutuo – si determina solo allorquando il mutuatario possa disporre della somma mutuata, non solo senza l’intermediazione del mutante, ma anche invito domino, occorrendo che la somma, pur non essendo mai entrata nella disponibilità materiale del mutuatario, sia quanto meno uscita dalla disponibilità del mutuante ed entrata nel patrimonio del mutuatario, e dunque nella sua giuridica disponibilità. Osserva ancora la ricorrente che, nel caso in esame, il mutuo si sarebbe in realtà concretizzato in un contratto condizionato di finanziamento cui non era conseguita alcuna “traditio” delle somme nominalmente erogate, posto che le somme erogate erano state depositate in conto corrente costituito in deposito cauzionale infruttifero in attesa del deposito da parte del mutuante della documentazione attestante la solidità delle garanzie prestate nonché l’assenza di ulteriori pregiudizi sull’immobile ipotecato a garanzia del mutuo.

2.1 Il motivo è infondato.

2.1.1 La Corte d’appello ha verificato, con accertamento in fatto (qui neanche censurato) che in data 18.11.93 vi fu erogazione delle somme prese a mutuo (al netto delle spese d’istruttoria e commissioni previste in contratto), seppur subordinatamente alla prestazione delle garanzie richieste, con la conseguenza che il requisito della “realità”, relativo al contratto di mutuo, poteva dirsi integrato attraverso l’acquisizione da parte della mutuataria della disponibilità giuridica della somma, con contestuale perdita della disponibilità delle somme mutuate in capo al soggetto finanziatore (cfr. Cass. n. 25632/17, cfr. anche Cass. n. 9101/03 sulla validità del mutuo condizionato).

2.1.2 Sul punto giova ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, il mutuo è contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altre cose fungibili) ovvero con il conseguimento della giuridica disponibilità di questa da parte del mutuatario, la quale può ritenersi sussistente, come equipollente della “traditio”, solo nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo; mentre non possono considerarsi indicative di detta disponibilità, né istruzioni che il mutuatario dia unilateralmente circa la destinazione della somma, né l’autorizzazione al mutuante a trattenere la somma stessa presso di sé, che è un modo indiretto per procrastinare il perfezionamento del contratto (Sez. 1, Sentenza n. 11116 del 12/10/1992). E’ stato invero affermato nell’arresto da ultimo ricordato che “Il codice civile prevede la “consegna”. La “disponibilità giuridica” della somma mutuata da parte del mutuatario, circostanza che questa Corte (da ultimo: Cass. 21.12.1990 n. 12123) ritiene sufficiente per la conclusione del contratto, non individua – e non lo avrebbe potuto, stante la inequivocità della formula legislativa – un fatto ulteriore e diverso dalla consegna, ma individua un fatto ad essa equivalente: la “consegna”, cioè (viene interpretata nel senso che) si attua anche mediante la attribuzione, al mutuatario, della disponibilità giuridica della somma” (cfr. Cass. n. 11116/1992, cit. supra). Ed ancora, sempre verbatim nell’arresto da ultimo ricordato: “… è la sussistenza della “disponibilità giuridica” che consente e rende legittimo l’atto di disposizione e non è invece questo a far sorgere quella disponibilità. Decisivo della insorgenza della “disponibilità giuridica” e’, quindi, soltanto il comportamento del mutuante, e non invece quello del mutuatario. E ciò perché è al mutuante che incombe l’obbligo della consegna e costui può adempierlo conferendo non la somma nella sua materialità, ma la “disponibilità giuridica” della stessa. Ma affinché ciò si realizzi non è – ovviamente – sufficiente che il mutuante trattenga la somma presso di sé, pronto a destinarla secondo le istruzioni che il mutuatario gli vorrà impartire, a nulla rilevando il fatto ulteriore che esso mutuante dichiari altresì espressamente al mutuatario questa sua posizione di attesa e di disponibilità. Occorre, invece, che il mutuante “crei” un titolo autonomo di disponibilità a favore del mutuatario, perché è solo in tal modo che la somma esce dal patrimonio del mutuante ed entra in quello del mutuatario” (così, sempre, cfr. Cass. n. 11116/1992, cit. supra).

Con la conseguenza che sorge la “disponibilità giuridica” in capo al mutuatario allorché costui possa disporre della somma mutuata non solo senza l’intermediazione necessaria del mutuante, ma anche “invito” mutuante (cfr. Cass. n. 11116/1992, cit. supra). E’ stato altresì precisato, sempre nel medesimo contesto decisorio, che “Le considerazioni svolte, valide in via generale e nella ipotesi in cui nulla sia previsto nell’atto di mutuo, al quale non sia contestuale la consegna della somma mutuata, vanno esaminate in relazione al caso in cui in detto atto siano contenute specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico, che il mutuatario conferisce al mutuante, di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse di esso mutuatario meritevole di tutela (generalmente il pagamento di un precedente debito nei confronti dello stesso mutuante oppure di un terzo). In tal caso, pur non avvenendo né la consegna materiale della somma né la costituzione di un autonomo titolo di disponibilità della stessa a favore del mutuatario, la consegna deve considerarsi come avvenuta – c.d. consegna simbolica – perché le parti, consensualmente, hanno posto in essere un meccanismo giuridico diretto ad evitare, considerandolo attuato, il duplice inutile – trasferimento della somma mutuata dal mutuante al mutuatario e da costui di nuovo all’altro, con l’incarico di trasferirla secondo le istruzioni. La convenuta destinazione della somma, difatti, presuppone necessariamente che questa sia (fittiziamente) entrata nel patrimonio del mutuatario, che (solo) perciò ha potuto determinarne l’impiego concreto. Diversa è la situazione allorché con il contratto il mutuatario autorizzi il mutuante a trattenere la somma mutuata, senza disporre contestualmente la specifica destinazione della stessa. In tal caso la somma rimane nella disponibilità del mutuante perché la somma stessa né ha ricevuto una specifica convenzionale destinazione né ha costituito oggetto di una specifica regolamentazione, che, innovando il titolo di appartenenza della somma stessa, l’abbia per ciò posta nella – esclusiva: nel senso più sopra chiarito – disponibilità giuridica del mutuatario. La autorizzazione (conferita al mutuante) a trattenere la somma, pertanto, non può che essere interpretata quale pattuizione (consensuale) di rinvio della consegna, con conseguente procrastinazione dal momento perfezionativo del contratto (Cass. 12.6.1969 n. 2076)”(cfr., sempre, Cass. n. 11116/1992, cit. supra).

2.1.3 Ma è stato viepiù precisato, sempre secondo le declinazioni espresse sul punto qui in esame dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 6686 del 15/07/1994), che – essendo il mutuo un contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altra cosa fungibile) ovvero con il conseguimento della giuridica disponibilità di questa da parte del mutuatario (la quale può ritenersi sussistente, come equipollente della “traditio”, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario) nel predetto paradigma contrattuale rientra anche “il caso in cui la somma mutuata sia depositata su di un libretto fruttifero di risparmio al portatore, contestualmente costituito in pegno a favore del mutuante a garanzia di una fidejussione da quest’ultimo prestata a beneficio del mutuatario per l’erogazione di un finanziamento in valuta estera da parte di banca estera, poiché detta somma, pur non essendo mai entrata nella disponibilità materiale del mutuatario, è comunque uscita dalla disponibilità del mutuante ed entrata nel patrimonio del mutuatario” (v. anche, sempre, nello stesso senso: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6881 del 03/07/1999).

2.1.4 Così è stato puntualizzato, più di recente, sempre dalla giurisprudenza di questa Corte e nel solco tracciato dall’arresto sopra ricordato nell’incipit (Cass. n. 11116/1992), che, perfezionandosi il contratto di mutuo – come noto – con la consegna di una determinata quantità di danaro o con il conseguimento da parte del mutuatario della giuridica disponibilità della medesima, può ritenersi sussistente tale situazione anche allorquando, con apposita pattuizione, il mutuatario abbia incaricato il mutuante di impiegare la somma mutuata (in tutto o in parte) per soddisfare un suo interesse: nel caso in cui il mutuante sia stato incaricato di destinare la somma per il pagamento di un debito del mutuatario, si verifica un duplice trasferimento della somma mutuata, prima dal mutuante al mutuatario (nel cui patrimonio è entrata) e, poi, da questi al terzo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8634 del 13/08/1999; cfr. anche: Sez. 1, sentenza n. 2483 del 21/02/2001; Sez. 1, Sentenza n. 3283 del 07/03/2001; Sez. 1, Sentenza n. 17211 del 28/08/2004).

2.1.5 Ma non può essere dimenticato – per quanto concerne più precisamente l’esame della fattispecie oggi sub iudice – l’arresto rappresentato da Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25632 del 27/10/2017, che, pur esprimendosi in materia fallimentare in ordine alla ripartizione degli oneri probatori in subiecta materia, ha fissato il principio – qui richiamabile in termini – secondo cui “Ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, avente natura reale ed efficacia obbligatoria, l’uscita del denaro dal patrimonio dell’istituto di credito mutuante, e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario, costituisce effettiva erogazione dei fondi, anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell’adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali”.

2.1.6 Deve dunque ritenersi, in conclusione e in applicazione degli insegnamenti di questa Corte, che la consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non vada intesa nei soli termini di materiale e fisica “traditio” del danaro (o di altre cose fungibili), rivelandosi, invero, sufficiente il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile anche dall’integrazione di quel contratto con il separato atto di quietanza a saldo attesa la progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili e tenuto altresì conto che sia la normativa antiriciclaggio che le misure normative tese a limitare l’uso di contante nelle transazioni commerciali hanno accentuato l’utilizzo di strumenti alternativi ad trasferimento di danaro (cfr. anche Sez. 3, Sentenza n. 17194 del 27/08/2015).

2.1.7 Ciò posto in termini generali e ricostruttivi del sistema normativo qui applicabile, occorre subito evidenziare che la sentenza qui impugnata non si è discostata dai principi sopra ricordati (e qui di nuovo riaffermati), avendo verificato – con accertamento in fatto in questa sede decisoria non più censurabile (se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per come perimetrato dalla giurisprudenza di vertice di questa Corte: ss.uu. 8053/2014; vizio peraltro qui neanche prospettato) – che, sulla base delle clausole negoziali contenute nel contratto di mutuo, la mutuataria aveva comunque “consegnato”, tramite note contabili, la somma mutuata di lire 15 miliardi alla società mutuante che ne aveva dato “ampia e definitiva quietanza”, con il successivo pattuito ritrasferimento delle somme all’istituto bancario per la loro costituzione in deposito cauzionale infruttifero in attesa del definitivo svincolo delle stesse, entro il 30.10.95, all’atto della consegna da parte della mutuante della documentazione richiesta per la verifica da parte della mutuataria della solidità delle garanzie reali e personali promesse dalla mutuante, con la conseguenza che non risulta dubbio il trasferimento della disponibilità giuridica delle somme, tramite la “consegna” delle note contabili, in favore della mutuante che ne aveva potuto pertanto disporre negozialmente proprio tramite il ritrasferimento in favore della banca mutuataria per la costituzione del deposito cauzionale sopra menzionato.

Non risulta decisiva dunque la riferita circostanza dello “svincolo” delle somme da parte della banca mutuataria solo in data 18.11.93, con il conseguente accreditamento su conto corrente della mutuante delle relative somme oggetto del contratto di mutuo, posto che ciò che rileva, anche sulla scorta degli insegnamenti impartiti da questa Corte, è stato l’effettivo trasferimento giuridico, negozialmente pattuito nel contratto inter partes, della somma mutuata dal patrimonio della mutuante a quello della mutuante, tanto ciò è vero che, da un lato, quest’ultima aveva rilasciato ampia quietanza prima del predetto “svincolo” della somma e, dall’altro, la società mutuante aveva potuto disporre giuridicamente delle somme come sopra detto – tramite il ritrasferimento delle stesse in favore della mutuante per la costituzione del deposito cauzionale.

Ne’ rileva in senso contrario che il primo trasferimento si sia realizzato tramite la consegna da parte della mutuante alla mutuataria di “note contabili”, attestanti la somma mutuata, e ciò proprio in ragione di quel fenomeno di dematerializzazione dei beni pecuniari oggetto di trasferimento nelle transazioni finanziarie e dei principi sopra richiamati secondo cui, per il trasferimento della disponibilità giuridica delle somme oggetto del contratto di mutuo, non è più necessaria per la traditio rei la materiale consegna del denaro, quanto piuttosto la costituzione da parte del mutuatario, secondo gli accordi contrattuali intercorsi tra le parti, di un meccanismo negoziale idoneo al trasferimento della disponibilità giuridica della res in favore del mutuante, come, peraltro, avvenuto proprio nel caso di specie attraverso la sopra descritta operazione negoziale concordata tra le parti.

Ne consegue il rigetto del secondo motivo.

3. Con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché la Corte d’appello non avrebbe considerato le argomentazioni della sentenza del Tribunale di Taranto riprese dall’ordinanza di primo grado del Tribunale di Bari poste a sostegno della dichiarazione di nullità del mutuo per mancanza di disponibilità, anche solo giuridica, della somma mutuata, in capo al mutuatario.

3.1 Il motivo, già per come formulato e rubricato, è inammissibile.

Come è noto, l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si verifica tutte le volte in cui il giudice del merito abbia trascurato non già una deduzione o un’argomentazione che la parte ritenga rilevante per la sua tesi difensiva, quanto piuttosto per una circostanza obiettiva, acquisita agli atti ed oggetto di discussione tra le parti, idonea di per sé, qualora fosse stata presa in considerazione, a condurre con certezza ad una decisione diversa da quella invece adottata.

Ne consegue che il vizio motivazionale denunziabile in cassazione si sostanzia, cioè, solamente nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le partii, inteso nella sua accezione storico fenomenica (Cass. 1274/2017; ss.uu. 8053/2014), mentre esula dalla fattispecie del vizio denunciato il preteso mancato esame di argomentazioni difensive, allegazioni ed elementi probatori.

Ne’ è possibile comunque rintracciare un vizio di omessa o di apparente motivazione, peraltro neanche formalmente denunziata dalla ricorrente nel motivo in esame, posto che la corte territoriale ha ampiamente ed in modo esaustivo esposto le ragioni del suo convincimento, secondo le argomentazioni sopra ricordate in premessa e comunque con motivazione ben al di sopra del “minimo costituzionale”, richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

4. Con il quarto motivo, la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1346 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice d’appello respinto la deduzione relativa alla nullità del mutuo per impossibilità originaria, assoluta e definitiva dell’oggetto.

4.1 I motivo è infondato.

4.1.1 Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, l’impossibilità dell’oggetto cui, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., consegue la nullità del contratto, ricorre solo quando la prestazione sia insuscettibile di essere effettuata per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico che ostacolino in modo assoluto il risultato cui essa era diretta, e non anche quando insorgano ostacoli più o meno gravi nell’esecuzione della stessa (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6927 del 21/05/2001; n. 4013 del 1998; n. 10341 del 17/07/2002; Sez. 2, Sentenza n. 24313 del 30/09/2008; Sez. 1, Sentenza n. 18002 del 01/09/2011; Sez. 1, Sentenza n. 28430 del 22/12/2011).

4.1.2 Ciò posto, non risulta neanche astrattamente ipotizzabile un’impossibilità assoluta di fatto ex artt. 1346 e 1418 c.c. con riferimento ad una prestazione pecuniaria, posto che, diversamente opinando, dovrebbe pensarsi come realizzabile il venir meno, in senso assoluto, dell’oggetto della prestazione pecuniaria, e cioè il denaro, ipotesi quest’ultima – come già sopra accennato – neanche astrattamente ipotizzabile, anche in ragione del principio secondo cui genus numquam perit.

Se così e’, allora ciò che è invece prospettabile – in relazione alle obbligazioni pecuniarie – risulta essere solo un’impossibilità relativa, e ciò in relazione al soggetto obbligato e alla sua eventuale incapienza pecuniaria ovvero alla sua incapacità di procurarsi il denaro, situazione quest’ultima che tuttavia esula dal paradigma applicativo dell’impossibilità dell’oggetto di cui agli artt. 1346 e 1418 c.c., nel senso sopra chiarito di impedimento originario ed assoluto secondo le declinazioni precisate dalla giurisprudenza di legittimità da ultimo richiamata.

Occorre pertanto correggere ex art. 384 c.p.c., u.c., in parte qua la motivazione resa dalla Corte di appello nel provvedimento qui impugnato. 5. Con il quinto motivo, la società ricorrente deduce la violazione degli artt. 1418,1346 e 1325 c.c., nonché dell’art. 1344 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice d’appello respinto la deduzione relativa alla nullità del mutuo per carenza di causa o causa illecita e, comunque, perché si sarebbe integrata un’ipotesi di contratto in frode alla legge.

5.1 Anche il quinto motivo non è meritevole di accoglimento.

Va dunque confermata la motivazione della Corte d’appello secondo cui, il mutuo in oggetto, non integrando un mutuo di scopo, non era previsto che per la sua validità la somma erogata dall’istituto bancario fosse necessariamente destinata a una specifica finalità. Secondo la giurisprudenza di questa Corte “Il mutuo fondiario non è mutuo di scopo, non risultando per la relativa validità previsto che la somma erogata dall’istituto mutuante debba essere necessariamente destinata ad una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire, né l’istituto mutuante deve controllare l’utilizzazione che viene fatta della somma erogata, risultando piuttosto connotato dalla possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili (rustici o urbani) a garanzia ipotecaria” (Cass. n. 9511/07, 4792/12; cfr. anche: Sez. 3, Sentenza n. 9511 del 20/04/2007; Sez. 1, Sentenza n. 4792 del 26/03/2012).

Nel caso di specie, il mutuo non aveva uno scopo espresso ed ulteriore rispetto al finanziamento che poteva, dunque, fornire la copertura anche per passività pregresse nei confronti dello stesso istituto bancario, non potendo per ciò solo predicarsene l’illiceità, e costituendo, comunque, la somma erogata un finanziamento per la società beneficiaria.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021

 

 

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