Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3832 del 16/02/2018


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Cassazione civile, sez. II, 16/02/2018, (ud. 11/05/2017, dep.16/02/2018),  n. 3832

Fatto

FATTO E DIRITTO

PREMESSO CHE:

Nel 1985 i controricorrenti – F.C., Z.G. e Z.M. – hanno fatto valere nei confronti dei ricorrenti, I.G. ed D.G.E.L., una domanda ai sensi dell’art. 2932 c.c., domanda che è stata accolta dal Tribunale di Roma.

Nel giudizio d’appello I. e D.G. hanno proposto querela di falso rispetto a tre documenti, il preliminare di compravendita, la quietanza di pagamento e l’atto di adesione al compromesso; con ordinanza collegiale è stato sospeso il giudizio e assegnato alle parti il termine per “promuovere” la causa di falso innanzi al Tribunale. Il giudizio di falso si è svolto nella contumacia dei controricorrenti e si è chiuso con la dichiarazione di falsità dei tre documenti.

I controricorrenti hanno impugnato la sentenza tra l’altro lamentando che l’atto di riassunzione era stato loro notificato personalmente invece che presso il loro difensore. L’adita Corte d’appello di Roma ha accolto l’impugnazione: dato che il giudizio di falso è pur sempre una appendice incidentale del giudizio principale, a norma dell’art. 170 c.p.c., e art. 125 disp. att. c.p.c., la comparsa di riassunzione deve essere notificata all’avvocato; nel caso di specie l’atto è invece stato notificato personalmente alle parti così che la notificazione è affetta da nullità, che, non sanata, ha causato l’invalidità degli atti successivi e della sentenza; il rilievo in appello del vizio determina la rimessione della causa ex art. 354 c.p.c., essendo i vizi della notificazione dell’atto riassunzione assimilabili ai vizi della notificazione dell’atto di citazione.

Contro la sentenza I.G. ed D.G.E.L. propongono ricorso in cassazione basato su un unico motivo.

F.C., Z.G. e Z.M. resistono con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO CHE:

1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 170 c.p.c., comma 1, e art. 125 disp. att. c.p.c., artt. 83 e 101 c.p.c.. La Corte d’appello, nel dichiarare invalida la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di falso perchè effettuata personalmente ai convenuti, avrebbe falsamente applicato le previsioni di cui agli artt. 170 e 125 disp. att.. La querela di falso, pur proposta in via incidentale, raffigura – sostengono i ricorrenti un’azione a sè, così che il procedimento ha carattere autonomo e autosufficiente e, conseguentemente, l’instaurazione del giudizio deve avvenire ai sensi dell’art. 137 c.p.c., e non dell’art. 170 c.p.c., che opera unicamente in ipotesi di compimento di attività relativa alla notificazione di atti c.d. endoprocessuali, il che trova conferma nell’ordinanza della Corte d’appello che, nel sospendere il giudizio, ha ordinato alle parte di promuovere e non di riassumere il giudizio, così che il richiamo all’art. 125 disp. att. c.p.c., non vale per il caso di specie, così come non rileva, trattandosi di giudizio autonomo, il richiamo a una prorogatio del mandato ad litem del difensore.

La censura non può essere accolta. La Corte d’appello, nell’accogliere l’eccezione di nullità della notificazione, ha anzitutto correttamente stabilito l’applicabilità dell’art. 355 c.p.c., a norma del quale il giudice d’appello “fissa alle parti un termine perentorio entro il quale debbono riassumere la causa di falso davanti al tribunale”, riassunzione la cui notificazione deve avvenire, secondo quanto prescrive l’art. 125 disp. att. c.p.c., u.c., a norma dell’art. 170, del codice, ossia presso il procuratore costituito nel giudizio sospeso, ovvero personalmente per le parti non costituite. Il che corrisponde – come sottolinea la Corte d’appello – alla natura della querela di falso proposta in via incidentale, che è sì giudizio che si conclude con sentenza definitiva, ma costituisce pur sempre una appendice del giudizio principale (per la qualificazione del giudizio incidentale di querela di falso quale fase endoprocessuale cfr. Cass. 9713/2004, menzionata dalla Corte d’appello).

Nel caso in esame, i controricorrenti erano costituiti e l’atto di riassunzione andava loro notificato non personalmente (come è avvenuto), ma presso il loro difensore. Il vizio della notificazione dell’atto – a fronte della loro mancata costituzione nel giudizio di falso – ha determinato, come ha concluso la Corte d’appello, la nullità del procedimento e della sentenza. La Corte d’appello richiama al riguardo un precedente di questa Corte, la sentenza n. 1063/1983, che concerne non il giudizio di falso, ma la riassunzione del processo interrotto per morte di una delle parti. Per trovare l’affermazione del principio in relazione alla querela di falso – richiamato quale obiter dictum dalla citata sentenza n. 9713/2004 e da Cass. 12137/1997 bisogna andare al 1970, quando questa Corte ha sostenuto che “nella ipotesi di incidente di falso sollevato in grado d’appello, il giudizio correlativo deve essere riassunto davanti al tribunale nel termine perentorio fissato dal giudice d’appello (art. 335 c.p.c.); tale riassunzione deve essere eseguita nelle forme previste dall’art. 125 disp. att. c.p.c., e precisamente con la comparsa da notificare ai sensi dell’art. 170 c.p.c., alle parti costituite e personalmente alle parti non costituite” (Cass. 1857/1970).

2. Il ricorso va pertanto rigettato.

La mancanza di recenti decisioni di questa Corte sulla questione sollevata dal ricorso determina la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 bis, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2018

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