Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 38317 del 03/12/2021

Cassazione civile sez. II, 03/12/2021, (ud. 09/11/2021, dep. 03/12/2021), n.38317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8495-2017 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON

GIOVANNI MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato ENNIO LUPONIO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO PORRATI;

– ricorrente –

contro

MA.CR., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 384, presso lo studio dell’avvocato ALDO LUCIO LANIA,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati VIRGINIO

AZZALINI, DANIELA LANIA;

– controricorrente –

nonché contro

CRIS.MA. SAS DI MA.AN. & C. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 39/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/11/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. M.G. ha proposto ricorso articolato in un unico motivo avverso la sentenza n. 39/2017 resa dalla Corte d’appello di Torino, pubblicata il 9 gennaio 2017.

Resiste con controricorso Ma.Cr., erede di Ma.An..

L’intimata CRIS.MA. s.a.s. di Ma. Antonio & C. in liquidazione non ha svolto attività difensive.

2. Con citazione del 3 luglio 2012 M.G., erede di G.V., convenne in giudizio la CRIS.MA. s.a.s. di Ma.An. & C. ed Ma.An., socio accomandatario della predetta società, chiedendone la condanna al risarcimento del danno conseguente alla mancata vendita di alcuni immobili siti in (OMISSIS), oggetto di preliminare stipulato il 30 aprile 2006 con A.S.. L’attore dedusse che A.S. aveva rinunciato all’acquisto dei beni a causa dell’inadempimento imputabile alla CRIS.MA. s.a.s. (dante causa G.V.) dell’obbligo di cancellare le ipoteche gravanti sugli immobili, assunto dalla venditrice nel contratto di compravendita del 24 novembre 2000. G.V. aveva già proposto nel 2005 domanda per ottenere la cancellazione delle ipoteche da parte della CRIS.MA. s.a.s., oltre che il risarcimento dei danni. Con sentenza n. 246/2010 il Tribunale di Acqui Terme aveva ordinato la cancellazione delle ipoteche a spesa della CRIS.MA. s.a.s., omettendo tuttavia di pronunciare sulla domanda risarcitoria, che era stata riproposta con la citazione del 3 luglio 2012 da M.G.. Con sentenza n. 139/2014 il Tribunale di Alessandria rigettò la domanda di M.G., ritenendo che non fosse stata fornita la prova della derivazione causale della fallita stipula del contratto di compravendita con A.S. dalla mancata cancellazione delle ipoteche imputabile alla CRIS.MA. s.a.s. La decisione di primo grado evidenziò che il preliminare tra il M. e l’ A. era stato stipulato il 30 aprile 2006, allorché pendeva la causa con la CRIS.MA. s.a.s. per ottenere la cancellazione delle ipoteche, e, in relazione alle prove testimoniali dedotte dall’attore, aggiunse che non vi era motivo per cui il promittente venditore avrebbe dovuto assicurare la imminente cancellazione delle ipoteche stesse, o per cui il promissario acquirente avrebbe dovuto richiedere ad Ma.An., socio accomandatario della CRIS.MA. s.a.s., di adempiere alla stessa incombenza, ancora sub iudice. La Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado, ribadendo che l’obbligo della CRIS.MA. s.a.s. di provvedere alla cancellazione delle ipoteche era stato accertato dal Tribunale di Acqui Terme solo con sentenza del 2010, dunque in epoca successiva al recesso dal preliminare opposto dal promissario A.. Per di più, la Corte d’appello ha osservato che non vi fosse traccia nel preliminare del 30 aprile 2006 dell’obbligo di cancellazione delle ipoteche gravante sulla CRIS.MA. s.a.s. in forza del contratto di compravendita del 24 novembre 2000, né si faceva riferimento alcuno alle iscrizioni ipotecarie o alla libertà degli immobili. La sentenza d’appello ha aggiunto che non risultava un atto espresso di recesso da parte del promissario acquirente che ne rendesse esplicite le ragioni correlate alle ipoteche iscritte, e che risultava sproporzionato il prezzo pattuito nel preliminare del 2006 (Euro 190.000,00), tre volte superiore a quello di acquisto degli immobili nel 2000 (Euro 61.944,83), tenuto conto anche delle cattive condizioni di conservazione dei beni risultanti da una consulenza di parte.

3.La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c.

4. L’unico motivo di ricorso di M.G. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2909 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c., comma 1 e art. 324 c.p.c. Il ricorrente trascrive i capitoli della prova per testi sulla stipula del preliminare del 30 aprile 2006 e sulle informazioni all’uopo date al promissario acquirente circa le iscrizioni ipotecarie; tale prova non fu ammessa dal giudice istruttore giacché vertente su circostanze incontestate. La censura espone, quindi, che, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., comma 1, doveva dirsi assolto l’onere probatorio circa le ragioni del rifiuto di addivenire alla stipula del contratto definitivo da parte del promissario acquirente, il quale aveva avuto un contatto direttamente con la CRIS.MA. s.a.s. ed aveva appreso che questa non aveva intenzione di cancellare le ipoteche. La censura sottolinea l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici del merito per aver considerato che l’obbligo di cancellazione delle ipoteche in capo alla CRIS.MA. s.a.s. fosse sorto solo al momento della sentenza n. 246/2010 del Tribunale di Acqui Terme, e non già in forza del contratto del 24 novembre 2000 stipulato con G.V., come peraltro accertato con effetto di giudicato dalla medesima sentenza n. 246/2010 pronunciata dal Tribunale di Acqui Terme. Vengono ulteriormente criticate le considerazioni svolte dalla Corte d’appello di Torino quanto alla mancata contestazione, da parte dell’appellante, dei dubbi espressi dal Tribunale sull’impegno assunto dal promittente venditore in pendenza della lite con la CRIS.MA. s.a.s.; quanto, ancora, al pagamento della caparra da parte del promissario acquirente; e quanto alla sproporzione del prezzo pattuito rispetto al valore effettivo degli immobili.

5. Il motivo di ricorso è fondato, nei limiti di seguito indicati in motivazione.

6. La violazione dell’obbligo di provvedere alla cancellazione delle ipoteche gravanti sul bene venduto, assunta dal venditore nel contratto di compravendita (come nella specie dalla CRIS.MA. s.a.s. in favore di G.V. nell’atto del 24 novembre 2000), trova titolo nel medesimo contratto quale unica fonte di obbligazioni per le parti (e non già, dunque, nella sentenza che poi accerti tale obbligo) e rientra nella disciplina dell’inadempimento (ad esempio, Cass. Sez. 2, 10/11/1980, n. 6034).

Alla mancata cancellazione dell’ipoteca cui il venditore si sia obbligato consegue il diritto del compratore al risarcimento del danno, il quale, circa l’an debeatur, è “in re ipsa” e trova la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dal venditore, mentre, ai fini della determinazione e liquidazione, richiede la prova di un concreto pregiudizio economico, non rimanendo altrimenti precluso al giudice di negare la sussistenza stessa del danno.

In particolare, il risarcimento del danno per l’inadempimento dell’obbligo di cancellare le ipoteche assunto dal venditore può essere disposto anche in forma specifica, mediante la condanna alla cancellazione dei vincoli, con il pagamento della somma necessaria a tal fine e il compimento delle relative formalità (ed in tal senso dispose la sentenza n. 246/2010 del Tribunale di Acqui Terme).

Oggetto di questo giudizio e’, invece, il risarcimento integrativo dell’ulteriore danno corrispondente al mancato guadagno per la non avvenuta stipula del contratto definitivo che desse esecuzione al preliminare concluso tra M.G. e A.S. il 30 aprile 2006 al prezzo di Euro 190.000,00. M.G. ha domandato il risarcimento della somma di Euro 90.000,00, in relazione alla stima dell’immobile compiuta nel 2010 ed al diminuito valore dello stesso rispetto all’epoca del preliminare scioltosi.

In tema di liquidazione del “quantum” risarcibile, la misura del danno non deve, del resto, essere necessariamente contenuta nei limiti di valore del bene danneggiato, ma deve avere per oggetto l’intero pregiudizio subito dal soggetto danneggiato, essendo il risarcimento diretto alla completa “restitutio in integrum” – per equivalente o in forma specifica, quest’ultima esperibile anche in materia contrattuale – del patrimonio leso (così Cass. Sez. 3, 02/07/2010, n. 15726).

A differenza di quanto la Corte d’appello di Torino afferma in ordine alla ragionevolezza del recesso opposto da A.S., è del tutto prevedibile che il promissario acquirente di un immobile, che risulti gravato da ipoteche, possa legittimamente rifiutare di stipulare il contratto definitivo finché tali formalità pregiudizievoli non siano cancellate, senza che occorra un’apposita pattuizione contrattuale in tal senso, in quanto il permanere dell’iscrizione ipotecaria determina un intralcio al commercio giuridico del bene (ad esempio, Cass. Sez. 2, 29/05/2008, n. 14424).

Ora, se, come detto, l’esistenza stessa del vincolo ipotecario e’, normalmente, produttiva di danno, fra le componenti di questo non può essere annoverato, di per sé, l’intero mancato guadagno, in conseguenza della non conclusione di una vendita, giacché tale mancato guadagno non assume alcun carattere di definitività, sì da determinare un corrispondente definitivo depauperamento del patrimonio del danneggiato:

questi mantiene la disponibilità del bene, nel suo concreto valore, che può sempre realizzare, lucrando addirittura, eventualmente, un ulteriore incremento di guadagno per effetto, ad esempio, di un aumento dei valori immobiliari. In tal caso il danno è costituito esclusivamente, piuttosto, da quello che potrebbe derivare dalla mancata disponibilità del numerarlo (interessi, mancato impiego in attività vantaggiose, etc.), ovvero dalla impossibilità di realizzare in futuro lo stesso prezzo, per il quale si sia ricevuta offerta, per effetto del mutamento dei valori immobiliari, con conseguente perdita definitiva del guadagno che una vendita tempestiva avrebbe consentito, dovendo l’attore fornire la relativa prova (si veda Cass. Sez. 3, 03/01/1994, n. 6).

7. La Corte d’appello di Torino dovrà pertanto riesaminare la causa uniformandosi al seguente principio di diritto:

“La violazione dell’obbligo contrattuale, assunto dal venditore, di provvedere alla cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile venduto rientra nella disciplina dell’inadempimento ed obbliga il venditore al risarcimento del danno, che può consistere, oltre che nella somma necessaria a cancellare i vincoli ed al compimento delle relative formalità, anche nella perdita definitiva del guadagno che una vendita tempestiva avrebbe consentito, dovendo l’attore fornire la relativa prova”.

8. La sentenza impugnata deve essere cassata perciò in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021

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