Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3829 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.14/02/2017),  n. 3829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29801-2015 proposto da:

I.P. SERVIZI S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona dell’Amministratore

Unico e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MONTE ZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO VITA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO LUPOLI giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GRUPPO PAM S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MIRABELLO 6, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA SCANO, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

SILVIO CHIARI, in virtù di mandato a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1149/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 18/02/2015 e depositata il 14/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SESTINI DANILO;

udito l’Avvocato Lorenzo Lupoli, per la ricorrente, che si riporta

alla memoria.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c..

“La I.P. Servizi s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che, confermando quella di primo grado, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Gruppo Pam s.p.a., evocata in giudizio dalla prima per il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento di un contratto di locazione ad uso commerciale: ha affermato la Corte che il primo giudice aveva correttamente ritenuto che la società concedente l’unità immobiliare non fosse stata la Gruppo Pam, ma la Panorama s.p.a. e che risultava irrilevante la circostanza che la prima rivestisse la posizione di capogruppo societario ricomprendente anche la seconda, “stante la autonomia e indipendenza delle due compagini societarie”.

Col primo motivo, la ricorrente censura la sentenza (sotto il profilo della nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia su un motivo di gravame, o – in subordine – sotto il profilo del vizio di motivazione e/o della falsa applicazione di norme di diritto in riferimento agli artt. 106 e 183 c.p.c.) per non avere pronunciato sul motivo di appello con cui aveva lamentato che il primo giudice non aveva provveduto sulla richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo Panorama s.p.a., che la I.P. Servizi aveva formulato alla prima udienza, a seguito dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Gruppo Pam.

Il motivo è infondato, atteso che la Corte ha mostrato di avere avuto presente la richiesta di chiamata in causa del terzo (laddove ha dato atto che l’appellante aveva chiesto l’autorizzazione a chiamare in giudizio la Pam Panorama s.p.a.) e ha concluso che “il rigetto dell’appello sulla questione preliminare della individuazione del soggetto legittimato passivo esime dal riesame degli altri profili in rito e nel merito”, con un’espressione in cui deve intendersi ricompreso il profilo attinente alla chiamata del terzo.

Il tutto a prescindere da ogni considerazione circa la stessa possibilità di censurare la decisione di non autorizzare la chiamata in causa di terzo, alla luce del principio secondo cui “la chiamata in causa di un terzo, a differenza dell’ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., involge valutazioni circa l’opportunità di estendere il contraddittorio ad altro soggetto, è sempre rimessa alla discrezionalità del giudice di primo grado, onde il relativo potere, comunque esercitato, in senso positivo o negativo, non può essere oggetto di censura con il mezzo dell’appello o del ricorso per cassazione” (Cass. n. 7406/2014; conforme Cass. n. 25676/2014).

Il secondo motivo (“omessa, contraddittoria ed illogica motivazione”), che censura la sentenza per avere erroneamente escluso la legittimazione passiva della Gruppo Pam, è inammissibile, in quanto deduce un vizio motivazionale ai sensi del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione ad una sentenza pubblicata in data successiva all’11.9.2012 e – comunque – in quanto è volto a sollecitare una non consentita rivalutazione di merito.

Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle spese di lite”.

A seguito della discussione svolta in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.

Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna alle spese di lite.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 6.000,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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