Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3827 del 18/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/02/2010, (ud. 04/11/2009, dep. 18/02/2010), n.3827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

(1) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, e (2) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del

Direttore pro tempore, entrambi domiciliati in Roma alla Via dei

Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li

rappresenta e li difende;

– ricorrenti –

contro

Fallimento della Società Cooperativa Agricola AGROVERDE s.r.l., in

persona del Curatore (autorizzato con provvedimento del Giudice

Delegato dato l’undici gennaio 2008), elettivamente domiciliato in

Roma alla Via Ovidio n. 32 presso lo studio dell’avv. CANTILLO Oreste

insieme con gli avv. GIULIANO Goffredo e Michele CANTILLO che lo

rappresentano e difendono in forza della procura speciale rilasciata

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 98/02/07 depositata il 21 giugno 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Campania (notificata il 23

ottobre 2007).

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 novembre 2009

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese della curatela, perorate dall’avv. Oreste Cantillo

(per delega);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. APICE

Umberto, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato (nel domicilio eletto) al Fallimento della Società Cooperativa Agricola AGROVERDE s.r.l. il (OMISSIS) (depositato il 7 gennaio 2008), il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE e l’AGENZIA delle ENTRATE – premesso che: (1) “con avviso del 22 maggio 1992” il competente Ufficio aveva rettificato la “dichiarazione annuale IVA” prodotta da detta Cooperativa “per l’anno d’imposta 1989” diminuendo da L. 410.000.000 a L. 394.638.000 il “credito chiesto a rimborso” ed accertando, “per l’effetto”, “una maggiore imposta di L. 15.362.000” (“oltre sanzioni”); (2) “le commissioni di merito” avevano accolto le “ragioni” della società “con sentenza passata in giudicato (sent. della C.T.R. n. 227/26/00, depositata il 5 agosto 2000)”; (3) “in data 17 novembre 2003” la cooperativa aveva presentato “istanza di disarchiviazione del rimborso per l’intero importo di L. 410.000.000”; (4) “con atto di diniego parziale notificato in data 23 gennaio 2006” l’Ufficio aveva denegato il “diritto al rimborso della somma estranea alla suddetta controversia pari a L. 394.638.000 per decorrenza del termine di prescrizione decennale del diritto”, in forza di due motivi, chiedevano di cassare (con vittoria delle spese), la sentenza n. 98/02/07 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il 21 giugno 2007, corretta con “ordinanza presidenziale del 20 settembre 2007”, resa “inaudita altera parte”, e notificata il 23 ottobre 2007) che, “motivato il proprio convincimento (parte motiva) in modo completamente contraddittorio (una volta favorevole all’AF e poi favorevole al contribuente)”, “nel dispositivo” aveva accolto l’appello della contribuente avverso la decisione (246/01/06) della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno la quale aveva respinto il ricorso della cooperativa.

Nel controricorso notificato il 25 gennaio 2008 (depositato il 6 febbraio 2008) la curatela della Cooperativa, con la rifusione delle spese processuali, instava per la declaratoria di inammissibilità del ricorso del Ministero e per il rigetto dell’impugnazione dell’Agenzia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso del Ministero è inammissibile perchè l’ente non ha allegato nessun elemento idoneo a rappresentare la sua legittimazione a partecipare a questo giudizio, avente ad oggetto l’impugnazione di un atto notificato il 23 gennaio 2006, quindi dopo il trasferimento (ex D.Lgs. n. 300 del 1999) all’Agenzia delle Entrate di tutti i rapporti tributari inerenti, tra le altre, l’imposta sul valore aggiunto relativa ad annualità precedenti l’istituzione e l’entrata in funzione di detta Agenzia.

L’espressione “per quanto occorra” adottata da quest’ultimo ente nell’epigrafe del ricorso dalla stessa proposto, di poi, è priva di qualsivoglia effetto giuridico essendo incontestabile (nè, peraltro, contestato dalla curatela), per quanto testè detto, la esclusiva legittimazione di essa Agenzia ad impugnare una decisione resa a suo carico a conclusione di un giudizio al quale la stessa ha preso parte.

2. Nella sentenza gravata – materialmente costituita da sei facciate, la prima delle quali reca l’epigrafe mentre le ulteriori (manoscritte) sono progressivamente numerate in calce da (1) a (5) – si legge (per quanto interessa l’esame del gravame):

– pag. (3): all’inizio “con particolare riguardo all’obbligazione pecuniaria, deve dirsi che la contestazione del credito, ancorchè concernente soltanto l’ammontare …”; da metà alla fine: “osserva il collegio che l’appello della curatela … è infondato e la sentenza dei primi giudici meritevole di conferma. Il collegio condivide la tesi dei primi giudici in base alla quale hanno ritenuto che relativamente alla parte di credito non contestata non sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 2943 e 2945 c.c., atteso che il ricorso oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza della C.T.R. riguardava solo una parte del credito vantato dalla soc. coop., avendo l’Ufficio IVA riconosciuto la spettanza del rimborso della somma di L. 394.638.000 rispetto a quella maggiore di L. 410.000.000, essendo stata contestata solo la spettanza del rimborso della minor somma di L. 15.362.000. Niente impediva”;

– pag. (4) : lo stesso inizio di pag. (3) “con particolare riguardo all’obbligazione pecuniaria, deve dirsi che la contestazione del credito, ancorchè concernente soltanto l’ammontare …”; da metà alla fine: “osserva il collegio che l’appello della curatela … è meritevole di accoglimento. L’assunto dell’Ufficio finanziario concernente la prescrizione del diritto al rimborso” (“fondato sulla circostanza che la curatela …, a fronte della rettifica comportante la parziale riduzione del credito, avrebbe dovuto agire per il pagamento del credito non contestato”) “contrasta non solo con la disciplina concernente i rimborsi IVA ma ancor più con le norme che regolano l’adempimento delle comuni obbligazioni civilistiche … .

La parziale contestazione della prestazione dovuta non impone all’avente diritto di accettare, sia pure, medio tempore, il minore ammontare riconosciuto dal debitore e, quindi, l’obbligo di agire per l’ottenimento della somma non contestata”;

(a) “… Nel caso in esame, il giudizio che, dal momento della notifica del ricorso contro l’avviso di rettifica, aveva determinato, ex art. 2943 c.c., l’interruzione-sospensione della prescrizione, è stato definito dalla C.T.R. con sentenza … passata in giudicato a luglio 2001, è da questa data che è iniziato nuovamente a decorrere il termine di prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c..

L’istanza di rimborso presentata dalla curatela il 11 novembre 2003 è ampiamente nel termine di prescrizione, per cui l’Ufficio … è tenuto a corrispondere l’intero ammontare del credito … pari a L. 408.300.000” (omissis);

(b) “P.Q.M. accoglie l’appello della curatela ed annulla il provvedimento del 5 gennaio 2006 emesso dall’A.d.E., di SA. Spese compensate”.

Alla sentenza (sottoscritta da un “componente” e dal “presidente relatore”) è allegata “ordinanza presidenziale 40/02/2007 depositata il 20 settembre 2007” nella quale “il presidente relatore accoglie l’istanza” del difensore della curatela e “dichiara che erroneamente nella sentenza … è stata inserita la pag. n. 3. Detta sentenza, pertanto, deve ritenersi composta unicamente dal frontespizio e dalle pagine n. 1, 2, 4 e 5”.

3. Con il proprio ricorso l’Agenzia censura tale decisione in base a due motivi.

A. Nel primo la ricorrente – premesso che: (1) “la sentenza impugnata aveva motivato il proprio convincimento in modo completamente contraddittorio” (“in una pagine favorevole all’A.F., nell’altra alla tesi di parte”; “nel dispositivo accoglieva l’appello del fallimento”); (2) “la parte, in seguito alla riferita contraddizione, chiedeva la correzione della sentenza che veniva accolta con ordinanza presidenziale del 20 settembre 2007” – denunzia “violazione” degli artt. 102, 287 e 288 c.p.c. adducendo che “l’Amministrazione Finanziaria … non è stata chiamata in causa nel giudizio di correzione della sentenza rendendola nulla per difetto di contraddittorio”.

Lo stessa ricorrente, quindi, aggiunge che “la fattispecie … non rientrava nelle ipotesi considerate dalla giurisprudenza … casi da correggere” perchè “nella motivazione” il giudice “ha dato ragione sia all’Amministrazione (pag. 3 l’appello della curatela fallimentare è infondato) sia alla parte (pag. 4 l’appello della curatela fallimentare è fondato)” e formula questo “quesito di diritto”:

“se ex artt. 287 e 288 c.p.c. sia possibile correggere ima sentenza inaudita altera parte, come nella fattispecie, e se sia comunque possibile correggerla quando, come nella fattispecie, il contenuto della sentenza non risulti individuato nè individuabile senza incertezza”.

B. Con l’altro motivo l’Agenzia – ricordato che “la società fallita aveva prodotto ricorso avverso l’avviso di rettifica che diminuiva il credito richiesto a rimborso da L. 410.000.000 a L. 394.638.000” e che la Commissione Tributaria Regionale, con sentenza “227/26/2000 passata in giudicato”, aveva confermato la decisione di primo grado “favorevole al contribuente” – denunzia “violazione degli artt. 2935, 2943 e 2946 c.c.” avendo i giudice del merito ritenuto che “la controversia instaurata sull’avviso di rettifica, per un’imposta dovuta di L. 15.362.000” (“comportante una riduzione di pari importo del credito chiesto a rimborso con la dichiarazione IVA 1989”) “avrebbe spiegato effetto interruttivo della prescrizione anche per la parte di credito non in contestazione”: la ricorrente, quindi, chiede a questa Corte (“quesito di diritto”).

“se l’art. 2943 c.c. debba essere interpretato nel senso che la notifica dell’atto con cui si inizia un giudizio con riferimento esclusivo all’oggetto dello stesso, come avvenuto nella fattispecie …, che comprende solo una parte del credito che era già stato riconosciuto, e che … deve ritenersi prescritto per inazione”.

4. Specificamente su tale motivo la Curatela – assunto che “in tema di rimborsi IVA” la “riduzione unilaterale … dell’ammontare richiesto non genera il frazionamento dell’obbligazione nei confronti del contribuente” perchè “la prestazione oggetto dell’obbligazione è la somma dovuta in restituzione dall’Amministrazione” – oppone che la tesi secondo cui essa, “a fronte della rettifica comportante la parziale riduzione del credito”, “avrebbe dovuto agire per il pagamento del credito non contestato” (“pena la perdita del diritto;

la quale, quindi, … si sarebbe verificata sebbene essa … avesse agito per il riconoscimento anche della parte di credito negata, intentando l’unica azione, necessitata dall’atto impositivo, che doveva proporre per ottenere il pagamento dell’intero credito”) “confligge” (a) “con la specifica disciplina concernente i rimborsi in materia di IVA” e, “ancor più”, (b) “con le norme che regolano l’adempimento delle comuni obbligazioni civilistiche” perchè:

(2) “nessuna iniziativa competeva” ad essa contribuente, atteso che (a) “aveva esercitato il diritto al rimborso mediante richiesta nella dichiarazione annuale” (“per modo che, ricevuta la notifica dell’avviso di rettifica di tale dichiarazione, il solo modo per far valere il suo diritto era quello di proporre ricorso avverso l’atto impositivo”) e (b) l’amministrazione non si era “offerta di procedere al rimborso della somma minore” (“in relazione al quale si sarebbe potuto configurare … la mera facoltà e non certo l’obbligo della Cooperativa di accettarlo”);

(2) “la parziale contestazione della prestazione dovuta non impone affatto all’avente diritto di accettare, sia pure medio tempore, il minore ammontare riconosciuto dal debitore e, quindi, l’obbligo di agire per l’ottenimento della somma non contestata” in quanto per l’art. 1181 cod. civ. “il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile”, “senza che abbiano rilievo nè l’eventuale colpa del debitore … nè l’entità della parte non corrisposta dell’obbligazione, essendo sufficiente che questa non risulti interamente adempiuta”.

Da questa “regola”, secondo la Curatela, “si trae … che non esiste un obbligo del creditore di agire separatamente per l’adempimento della parte di credito non contestata” in quanto “l’adempimento dell’obbligazione resta interamente subordinato alla risoluzione della relativa controversia” (“non si verifica cioè un frazionamento tra la parte non contestata e quella contestata” perchè “il diritto di credito è unico e tale resta anche se parzialmente contestato”) per cui “nel ricorso giurisdizionale” da essa proposto “per l’annullamento dell’avviso di rettifica” deve (ravvisarsi l'”atto con il quale si inizia un giudizio”, con i conseguenti effetti sul corso della prescrizione previsti dall’art. 2943 cod. civ., comma 1 e dall’art. 2944 c.c., comma 2.

5. L’esame dei motivi di ricorso deve essere invertito perchè, essendo in contestazione unicamente gli effetti giuridici di un fatto del tutto pacifico, lo scrutinio del secondo (a prescindere, al momento, dal fondamento o meno delle doglianze svolte nello stesso) rende comunque del tutto superflua ogni decisione sul primo: per l’art. 384 c.p.c. (testo, applicabile alla specie, sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 12), infatti, (1) “non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto”, perchè “in tal caso” (comma 4) questa Corte deve limitarsi a “correggere la motivazione”, oppure (comma 2), in ipotesi di accoglimento del ricorso, (2) questa stessa Corte deve decidere “la causa nel merito” allorchè e se non sono “necessari ulteriori accertamenti di fatto”.

Nel merito, il secondo motivo di ricorso deve essere accolto.

A. L’istituto della prescrizione, come noto (Cort. Cost. 29 gennaio 1998 n. 2) v’èfinalizzato … ad un obiettivo di primaria importanza, che è quello di garantire certezza dei rapporti giuridici, facendo venir meno il diritto non esercitato per un determinato periodo di tempo”.

In tale prospettiva:

(1) “La sospensione della prescrizione si caratterizza per la peculiarità … costituita dalla tassatività dei casi previsti dalla legge”: “se infatti”, ha osservato la Corte delle leggi, “ogni diritto, salvo specifiche eccezioni, ‘si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge (art. 2934 cod. civ.), … coerentemente … non è possibile riconoscere ipotesi di sospensione che non siano espressamente regolate dal codice civile o da altre norme speciali in materia (v., ad esempio, v. L. Fall., art. 168, comma 2)”; parimenti, per questa Corte (Cass., Ili, 4 giugno 2007 n. 12953) “tutte le disposizioni, contenute nel codice o in altre leggi, che prevedono la sospensione della prescrizione … integra no una disposizione di carattere eccezionale, a norma dell’art. 14 preleggi … non suscettibile di applicazione oltre i casi e i tempi in esso considerati”;

(2) anche “le cause di interruzione della prescrizione sono tassativamente indicate dall’art. 2943 c.c., del quale non è consentita interpretazione analogica (Cass., lav., 2 marzo 1987 n. 2198; 2, 12 giugno 1991 n. 6636; 2, 28 settembre 1994, n. 7898)” (Cass., 2, 29 maggio 1998 n. 5302).

B. Per quanto rileva ai fini della decisione della controversia, inoltre, questa Corte ha, in linea generale, precisato:

(a) che (Cass., 2, 9 marzo 2006 n. 5081, resa in controversia nella quale nel corso di un giudizio introdotto per la tutela di un determinato diritto aveva avuto luogo una mutatio libelli per effetto della proposizione di una domanda nuova, fondata su una diversa causa petendi, e, pertanto, concernente un diritto diverso da quello fatto valere con l’originaria domanda) “non ogni domanda giudiziale ha effetto interruttivo della prescrizione, ma solo quella con cui si chiede il riconoscimento e la tutela del diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione (Cass. 22.8.1997 n. 7858; Cass. 9.4.2003 n. 5575)”;

(b) che (Cass., lav., 8 agosto 2006 n. 17948, in fattispecie nella quale era stato dichiarato “estinto per prescrizione il diritto … a percepire … accessori sui ratei, tardivamente erogati, del trattamento pensionistico spettante …”).

(b1) “non può attribuirsi al mero pagamento dei ratei arretrati l’effetto interruttivo di cui all’art. 2944 c.c., salvo che il debitore abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori (v. ex multis Cass., Sez. un., n. 10955 del 2002)” e;

(b2) “L’eventuale atto interruttivo della prescrizione riguardante la sola rivalutazione monetaria non può spiegare effetto interruttivo anche in relazione agli interessi (e viceversa), in quanto l’unitaria natura del credito (nel senso che gli accessori sono componenti del credito complessivo) non esclude l’autonoma azionabilità delle parti che lo compongono (v. Cass. n. 12776 del 2004 e successive conformi;

in senso contrario, Cass. 18485 del 2005)”;

(c) che (Cass., trib., 26 settembre 2003 n. 14289) “in caso di contestazione sulla maturazione della prescrizione”:

(c1) “è onere del creditore fornire la prova della interruzione del termine” e (c2) “quando … il credito di cui si chiede il pagamento, e di cui viene eccepita la prescrizione dal presunto debitore, sia costituito, in realtà, da una serie di poste contabili distinte, sarà onere del creditore, in caso di contestazione, dimostrare l’interruzione della prescrizione relativa alle singole poste, e, sempre in caso di contestazione, che l’atto, o gli atti, di interruzione, fatti valere dal creditore si riferiscano proprio a quelle poste, a quelle ragioni di credito, e non ad altre”;

(d) che (Cass., 1, 16 novembre 2007 n. 23746) “Il pagamento parziale di un debito non rappresenta ex lege rinuncia alla prescrizione” e “per altro verso, e in senso speculare, il riconoscimento parziale del credito non propaga automaticamente il suo effetto interruttivo della prescrizione all’intera posta … (cfr. Cass. n. 11143/2001)”.

Si è, di poi ed altresì, statuito (Cass., 1, 30 aprile 2008 n. 10966) che ai fini di cui all’art. 2943 cod. civ. “non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione” perchè la produzione di un effetto siffatto può essere riconosciuta “soltanto” alla domanda “con la quale l’attore chiede il riconoscimento e la tutela giuridica del diritto di cui si eccepisca poi la prescrizione”.

C. Nel caso, la controversia concerne la domanda della contribuente di “rimborso” dell’IVA risultante a suo credito dalla dichiarazione da essa presentata “per l’anno 1989”.

Il rimborso in questione, quindi, ha ad oggetto, propriamente (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30), “l’importo dell’eccedenza” (risultante in detta dichiarazione annuale) costituita (art. 30, comma 2) dalla differenza algebrica (a favore della contribuente) tra (1) “L’ammontare detrattole di cui all’art. 28, n. 3”, “aumentato delle somme versate mensilmente”, e (2) l'”imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1 dello stesso articolo”.

Per il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28 (nel testo, applicabile alla fattispecie ratione temporis, modificato dal D.P.R. del 29 gennaio 1979, n. 24, art. 1 avente effetto dal 1 aprile 1979 ed in vigore sino al 31 dicembre 1991), le “operazioni imponibili di cui al n. 1” sono costituite dalle “cessioni di beni” e dalle “prestazioni di servizi registrate nell’anno precedente” mentre “l’ammontare detraibile di cui al n. 3” è dato da quello “degli acquisti e delle importazioni per i quali è ammessa la detrazione prevista nell’art. 19, risultante dalle fatture e dalle bollette doganali registrate nell’anno precedente a norma dell’art. 25”.

Da tal norma si evince che le voci complessive “ammontare detraibile” (come aumentato) e “imposta” dovuta da ciascun contribuente (perchè “relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1 dello stesso articolo” compiute dallo stesso), diversamente da quanto sostenuto dalla curatela, non rappresentano affatto elementi di un credito unico ed inscindibile ma valori unitari solo dal punto di vista aritmetico (di determinazione del quantum concreto della complessiva obbligazione restitutoria) perchè sia l'”ammontare detraibile” che l'”imposta” dovuta sono costituite (di norma, salva l’ipotesi di unicità di operazione, sia attiva che passiva) da una molteplicità di “addendi” (“cessioni di beni” e/o “prestazioni di servizi”, da un lato; “acquisti” e/o “importazioni”, dall’altro), ovvero sia da “singole poste” di credito e/o di debito (ciascuna cessione e/o prestazione, ogni acquisto od importazione), aventi ognuna propria autonomia perchè ciascuna è suscettibile di diversa valutazione quanto alla sua computabilità (anche parziale).

Discende da tanto che la contestazione (come l’annullamento definitivo) di una (o più, ma non di tutte) di dette “poste” non influenza affatto le “poste” non contestate ma incide solo (per effetto della conseguente variazione degli “addendi”) sulla determinazione dell’ammontare complessivo della “eccedenza” da rimborsare: tanto importa il corollario per il quale, poichè anche il processo tributario è caratterizzato da una domanda giudiziale il cui oggetto è delimitato dal petitum e dalla causa petendi posta a suo fondamento, la contestazione di una (o più) “poste” (attive e/o passive) esposte in dichiarazione, limita l’effetto interruttivo del termine di prescrizione e la conseguente non decorrenza dello stesso sino all’esito del relativo processo solo alle “poste” indicate nel petitum di quella domanda e non si estende pure a quelle, non contestate dall’amministrazione, estranee a tal petitum e, quindi, al processo: conseguentemente, per effetto di tale limitazione deve ritenersi che il termine di prescrizione relativo al credito risultante dalle “poste” non contestate decorra ordinariamente e non fruisca degli effetti (nè interrottivi, nè sospensivi dell’inizio del nuovo corso) che interessano soltanto le “poste” oggetto del giudizio.

D. L’effetto detto, diversamente da quanto sostenuto dalla curatela, inoltre ed infine, non può ritenersi escluso dalla facoltà riconosciuta al creditore dall’art. 1181 cod. civ. di “rifiutare un adempimento parziale” sia in considerazione del fatto che, nel caso, non vi è stato nessun adempimento parziale da parte dell’amministrazione (e, pertanto, nessun rifiuto del creditore), sia, soprattutto (e risolutivamente), perchè l’offerta di adempimento parziale costituisce “riconoscimento del diritto” (ai sensi dell’art. 2944 cod. civ.) solo per la misura esattamente corrispondente all’adempimento offerto:

l’esercizio di siffatta facoltà, pertanto, di per sè sola, non è sufficiente ad impedire comunque il de corso della prescrizione e/o certamente (ex art. 2945 c.c., comma 1) l’inizio di “un nuovo periodo di prescrizione” per la parte offerta ma non accettata, rimasta naturaliter estranea alla contestazione giudiziale.

La limitazione della contestazione, ovviamente, implica indubbio riconoscimento della legittimità delle altre voci e, quindi, del risultato algebrico finale il quale, a seconda del risultato, legittima allo stesso modo l’Ufficio a pretendere (dal momento in cui la contestazione diviene definitiva) l’eventuale conseguente imposta dovuta e il contribuente ad esigere (una volta scaduto lo spatium deliberandi concesso dalla norma) dallo stesso Ufficio il “rimborso dell’eccedenza” incontestata risultante a suo favore, senza che costituisca ostacolo alla realizzazione (anche in executivis) – nè fattuale nè, soprattutto, giuridico – la pendenza della controversia avente ad oggetto altre “poste” di credito e/o di debito.

E. In definitiva deve affermarsi il principio per il quale in tema di rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto l’impugnazione in sede giurisdizionale delle “poste” (considerate nell'”eccedenza” complessiva chiesta dal contribuente) disconosciute dall’Ufficio, non produce gli effetti di cui agli artt. 2944 e 2945 cod. civ. sulle “poste” non contestate e, quindi, non interrompe nè sospende il decorso, per queste, del termine di prescrizione previsto per esse.

F. L’applicazione alla specie dell’enunciato principio di diritto mostra l’erroneità della sentenza impugnata – che deve essere, quindi, cassata – e la infondatezza della pretesa della Curatela, la cui domanda va rigettata nel merito direttamente da questa Corte (art. 384 c.p.c., comma 2) in quanto non bisognevole di nessun ulteriore accertamento fattuale.

G. Siffatta statuizione, intuitivamente, rende del tutto superfluo l’esame del primo motivo di ricorso, che, pertanto, va ritenuto e dichiarato assorbito.

6. La sostanziale novità della questione consiglia l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero giudizio ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; accoglie il secondo motivo del ricorso dell’Agenzia e dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado della società; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010

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