Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3827 del 16/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 16/02/2011), n.3827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6480-2007 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 19

5, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LALLI CLAUDIO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, già elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 10, presso lo studio dell’avvocato NICOLELLA MARIO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta

delega in atti e da ultimo domiciliata presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/02/2006 r.g.n. 1634/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO per delega VACIRCA SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Vercelli, regolarmente notificato, T.S., assunta con contratto a tempo determinato dalla società Poste Italiane s.p.a. dal 22.6.1998 al 30.9.1998 ai sensi dell’art. 8 del CCNL del 26.11.1994 ed in particolare per la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre”, rilevava la illegittimità della apposizione del termine. Chiedeva pertanto che, previa dichiarazione di illegittimità del suddetto termine apposto al predetto rapporto di lavoro, fosse dichiarata l’avvenuta trasformazione dello stesso in contratto a tempo indeterminato, con condanna della società al risarcimento del danno.

Con sentenza n. 120/04 il Tribunale adito, in accoglimento della domanda, dichiarava la natura a tempo indeterminato del rapporto in questione, condannando la società convenuta alla riammissione in servizio dell’appellante ed al pagamento in favore della stessa della retribuzione, con accessori, dalla data del tentativo obbligatorio di conciliazione.

Avverso tale sentenza proponeva appello la società Poste Italiane s.p.a. lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data 18.1/14.2.2006, accoglieva il gravame rigettando le domande proposte dalla lavoratrice con il ricorso introduttivo.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione T. S. con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso la società intimata.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Col predetto di ricorso la ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 3 e art. 2697 c.c.; difetto assoluto di motivazione; omesso esame di fatto decisivo anche in relazione a quanto previsto dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56; art. 23, comma 1, violazione implicita del principio generale di “vicinanza della prova”.

In particolare rileva la ricorrente che la Corte territoriale aveva del tutto omesso di affrontare la questione relativa all’avvenuto superamento della percentuale del 10% prevista dal contratto collettivo.

Il motivo è fondato.

Circostanza incontroversa in atti è che il termine apposto al contratto di lavoro in questione, stipulato per il periodo 22.6.1998- 30.9.1998, fu giustificato con la necessità di espletamento del servizio di recapito in concomitanza di assenze per ferie, giusta la specifica ipotesi di assunzione a tempo determinato prevista dall’art. 8 CCNL 26 novembre 1994, ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 (recante norme sull’organizzazione del mercato del lavoro).

Tale disposizione di legge al comma 1 dispone testualmente:

“L’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè al D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 marzo 1983, n. 79, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato”.

E si è più volte ribadito, in linea con quanto sostenuto da autorevole dottrina, che l’unica limitazione imposta alla contrattazione collettiva dalla L. n. 56 del 1987 era quella di stabilire il numero percentuale dei lavoratori a termine rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato; limitazione che funge da contrappeso agli ampi poteri alla stessa contrattazione assegnati, perchè a fronte del sistema di tassatività previsto dalla L. n. 230 del 1962, la successiva normativa del 1987 ha mostrato di volere procedere ad una significativa inversione di tendenza per avere, appunto, assegnato all’autonomia sindacale il compito di individuare, come detto, ipotesi di contratto a termine ulteriori rispetto a quelle previste per legge (v. Cass. sez. lav., 19.1.2010 n. 839;

Cass. sez. lav., 7.12.2005 n. 26989).

E devesi altresì evidenziare, relativamente alla prova dell’osservanza della percentuale dei lavoratori da assumere a termine rispetto ai dipendenti impiegati dall’azienda con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che il relativo onere è a carico del datore di lavoro, in base alla regola esplicitata dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 3 secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l’obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro (in tal senso, Cass. sez. lav., 12.3.2009 n. 6010).

Non avendo la Corte territoriale motivato sul punto si impone, in accoglimento del suddetto motivo di ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, la quale si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011

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