Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3827 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 14/02/2020), n.3827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11258/2014 proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE MILIZIE 2, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CIOCIOLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO STOLZI;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCA MARCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 169/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/02/2014 R.G.N. 1259/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 11 febbraio 2014 n. 169 la Corte d’Appello di Firenze riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, respingeva la domanda proposta dalla AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA (OMISSIS) (in prosieguo: l’AZIENDA) nei confronti di P.S., dirigente medico della stessa azienda, per la restituzione della somma corrispostagli con provvedimento del 27 febbraio 1998 n. 245;

2. La Corte territoriale esponeva che nell’assunto della AZIENDA la somma era stata liquidata in esecuzione della sentenza del TAR TOSCANA n. 419/1997, che aveva accolto l’impugnazione del P. avverso la Delib. di esclusione dalla selezione interna per il conferimento di due moduli organizzativi (D.P.R. n. 384 del 1990, art. 116); pertanto essa doveva essere restituita all’esito della riforma della suddetta sentenza (sentenza del Consiglio di Stato 21 novembre 2007 n. 5941, con la quale veniva dichiarato improcedibile l’originario ricorso del P. per difetto di interesse).

3. Osservava che la sentenza di primo grado aveva annullato la Delib. con la quale era stata indetta la selezione interna sicchè la condotta di esecuzione sarebbe consistita nella ripetizione della selezione, ciò che non era avvenuto; la Delib. del 1998 si risolveva, piuttosto, nella attribuzione al P. delle funzioni ambite e del relativo trattamento economico.

4. Lo svolgimento di fatto delle funzioni era pacifico. Le retribuzioni erano state corrisposte, allora, in ragione del compito affidato, rimanendo assorbita la domanda riconvenzionale proposta dal P. per il riconoscimento del diritto alle retribuzioni percepite.

5. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la AZIENDA, articolato in tre motivi, cui P.S. ha opposto difese con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo la AZIENDA ha dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

2. Ha denunciato l’omessa considerazione dell’oggetto del giudizio celebrato davanti al TAR, consistente nell’annullamento della Delib. di esclusione del Dott. P. dalla partecipazione alla selezione interna D.P.R. n. 384 del 1990, ex art. 116 e non già, come affermato dalla Corte territoriale, nell’annullamento della Delib., con la quale era stata pubblicata la selezione.

3. Ha trascritto in questa sede il dispositivo della sentenza del TAR e la epigrafe, in esso richiamata, che riportava come oggetto l’annullamento della Delib. (n. 3190 del 1993) di esclusione del ricorrente dalla selezione. In tal senso deponeva anche il ricorso del P., di cui pure viene riportato uno stralcio.

4. Ha dedotto che dall’omesso esame erano derivate due conclusioni erronee: che il TAR avesse annullato il bando di concorso; che la Delib. adottata dalla AZIENDA nell’anno 1998, al di là delle intenzioni, non fosse atto di esecuzione della sentenza di primo grado ma atto di attribuzione delle funzioni, poi concretamente esercitate dal P..

5. Ha evidenziato che a seguito dell’annullamento della esclusione il P. risultava l’unico partecipante alla selezione e, dunque, l’unico possibile vincitore.

6. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 1034 del 1971, artt. 33 e 34 e succ. mod., dell’art. 112 cod. proc. amm., dell’art. 2909 c.c..

7. Si deduce che nella fattispecie di causa la Amministrazione aveva escluso dalla selezione tutti i candidati (in numero di tre) sicchè, all’esito dell’annullamento da parte del TAR della esclusione del P., in esecuzione della sentenza, egli risultava l’unico ammesso alla selezione, il che rendeva ultronea qualunque valutazione dei suoi titoli.

8. Con il terzo motivo la AZIENDA ha dedotto violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324 e 336 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c..

9.Ha censurato sotto un duplice profilo la sentenza d’appello, nella parte in cui affermava che la Delib. si sarebbe risolta in una attribuzione al Dott. P. delle funzioni e del trattamento economico, deducendo che: l’atto conteneva soltanto la liquidazione provvisoria della indennità relativa al modulo, in esecuzione della sentenza di primo grado e non attribuiva al medico la responsabilità di alcun modulo; inoltre non vi era alcuna prova dell’esercizio delle funzioni.

10. Ha richiamato in fatto la vicenda, esposta nella sentenza del Consiglio di Stato passata in giudicato (parzialmente trascritta in questa sede): due erano i moduli a concorso, che erano stati coperti (Delib. n. 1218 del 1994) all’esito di una seconda procedura, bandita dopo il deposito del ricorso al TAR del P., alla quale il P. non aveva partecipato. I titolari dei moduli nominati nella seconda selezione non potevano essere rimossi sicchè l’unico modo di dare esecuzione alla sentenza di primo grado era quello, in concreto attuato, di liquidare al P. l’utilità economica che avrebbe conseguito se fosse stato dichiarato vincitore della prima selezione. A seguito della riforma della sentenza, invece, la esclusione del P. era divenuta definitiva.

11. Ha dedotto che il P. non aveva mai coperto funzioni di responsabile del modulo e che la contraria affermazione del collegio d’appello contrastava, oltre che con il canone di ripartizione dell’onere della prova e le evidenze documentali, con il giudicato formatosi.

12. Il ricorso, i cui motivi devono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, è inammissibile.

13. Oggetto della odierna impugnazione è la interpretazione dell’atto assunto dalla AZIENDA in data 27 febbraio 1998 (n. 245) adottata nella sentenza impugnata, censurandosi l’affermazione del giudice dell’appello secondo cui la Delib. non costituiva esecuzione della sentenza del TAR TOSCANA (n. 419 del 1997) – riformata dal Consiglio di Stato ma atto di conferimento delle funzioni di titolare di modulo organizzativo.

14. Tanto premesso, appare preclusivo il rilievo della omessa trascrizione del provvedimento della cui interpretazione si discute, secondo il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.

15. La genericità della censura non consente a questa Corte di apprezzare la decisività del vizio, dedotto con il primo motivo di ricorso, di omesso esame dell’oggetto della sentenza di annullamento del TAR.

16. I vizi di violazione dei principi che governano il processo amministrativo, dedotto con il secondo motivo nonchè di violazione del giudicato amministrativo, denunciato con il terzo motivo, non sono conferenti, invece, rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

17. La applicazione delle norme di diritto viene in rilievo, infatti, in rapporto al fatto storico accertato nella sentenza impugnata e non già rispetto a fatti diversi, come ricostruiti dalla parte ricorrente.

18. Secondo l’accertamento storico compiuto dal giudice dell’appello la AZIENDA aveva inteso attribuire al P. la responsabilità di un modulo organizzativo e non già eseguire la sentenza del TAR. Alla luce di tale accertamento risulta evidente la estraneità al percorso motivazionale dei principi che governano gli effetti della pronuncia di annullamento del giudice amministrativo (secondo motivo) e del giudicato amministrativo (terzo motivo).

20. Il ricorso deve essere conclusivamente dichiarato inammissibile.

21. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

22. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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