Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3825 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/02/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 15/02/2021), n.3825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6647-2015 proposto da:

P.R., in proprio e quale legale rappresentante della P.

GROUP S.R.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARMELO TONON;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 22/08/2014 R.G.N. 202/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 22.8.2014, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la pronuncia di primo grado che, per quanto qui rileva, aveva rigettato l’opposizione proposta da P.R., in proprio e n. q. di legale rapp.te di P. Group s.r.l., avverso il verbale di accertamento con cui gli era stato contestato il mancato pagamento di contributi obbligatori omessi sulle indennità di trasferta corrisposte ai suoi dipendenti, l’indebita fruizione di sgravi L. n. 223 del 1991, ex art. 8, nonchè la natura di impresa industriale della sua attività;

che avverso tale pronuncia P.R., in proprio e nella spiegata qualità, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 4-bis, per avere la Corte di merito ritenuto l’indebita fruizione di sgravi sul presupposto che nella fattispecie si sarebbe realizzata una mera trasformazione dell’impresa individuale P.R. nell’impresa esercitata in forma societaria P. Group s.r.l., senza dunque alcuna reale assunzione di nuovi dipendenti, laddove “solamente una parte dei dipendenti assunti dalla P. Group s.r.l. usufruendo della “mobilità” provenivano dalla ditta individuale nel mentre (sic) una buona parte era stata licenziata da altre ditte del settore” (così il ricorso per cassazione, pag. 9);

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L.R. Friuli-Venezia Giulia n. 12 del 2002, art. 8 per avere la Corte territoriale avallato l’inquadramento dell’impresa nel settore industriale, a dispetto della speciale disciplina regionale dell’artigianato, sul presupposto che mancasse ogni allegazione concernente il numero di lavoratori occupati nell’impresa, laddove nel caso di specie “il numero degli operai impiegati dalla ditta P. Group risult(erebbe) molto chiaro dalla documentazione depositata dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale” (ibid., pag. 9) e “le dichiarazioni allegate al verbale opposto e le testimonianze assunte nel corso della causa” non lascerebbero residuare dubbi sul fatto che “fosse questi (Le.: l’odierno ricorrente) che dava ordini e coordinava i lavori” (ibid., pag. 10);

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di “violazione e falsa applicazione della trasferta, la cui definizione è assente da un punto di vista legale” (ibid.), per avere la Corte di merito ritenuto dovuti i maggiori contributi pretesi dall’INPS sull’indennità di trasferta corrisposta ai dipendenti nonostante che “indipendentemente dal fatto che effettivamente una parte dei dipendenti operavano (sic) nel cantiere di Genova Sestri, (…) contemporaneamente, nel periodo in esame, la P. Group, come emerge da numerose deposizioni testimoniali, operava anche negli stabilimenti di Ancona e di Castellammare di Stabia, fatto che si rileva anche dal verbale di accertamento quando vi è l’espresso riferimento alla costruzione n.ro 6123 di Fincantieri” (ibid., pag. 11);

che i motivi possono essere trattati congiuntamente, in considerazione delle modalità della loro formulazione;

che questa Corte ha da tempo chiarito che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017 e 3340 del 2019);

che, nella specie, i motivi di censura incorrono precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulati con riguardo a presunte violazioni delle disposizioni di legge richiamate nella rubrica, pretendono in realtà di revocare in dubbio l’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito in ordine ai presupposti per la loro applicazione;

che non gioverebbe neppure riqualificare i motivi in esame sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5, trattandosi di censura che risulterebbe comunque inammissibile ex art. 348-ter c.p.c., comma 4, essendosi in presenza di doppia conforme di merito;

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

 

 

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