Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3824 del 16/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 16/02/2011), n.3824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32741-2006 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CESI 44,

presso lo studio dell’avvocato GIACHI FAUSTO MARIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato AUTIERI FRANCESCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, STUMPO VINCENZO, TRIOLO VINCENZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1835/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/11/2005 r.g.n. 4355/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega FABIANI GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Pretore, giudice del lavoro, di Latina, depositato in data 2.10.1998, C.B., premesso che l’Inps le aveva comunicato l’indebita percezione dell’indennità di mobilità nel periodo da settembre 1995 a luglio 1996 in cui aveva diritto alla pensione di anzianità, procedendo alla quantificazione dell’indebito nella misura di L. 14.927.765, chiedeva l’annullamento del suddetto provvedimento di recupero. Esponeva in particolare che il presunto indebito era stato determinato da errore dell’Istituto, essendo stata indotta a richiedere la pensione di anzianità nell’agosto 1996, anzichè nell’agosto 1995, a causa di un errore contenuto in un estratto conto inviatole dall’Inps.

Con sentenza n. 2503/03 del 7.11.2003 il Tribunale di Latina accoglieva la domanda dichiarando l’illegittimità del recupero dell’indebito operato all’Inps.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Istituto predetto lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 4.3/23.11.2005, in accoglimento del gravame, rigettava l’originaria domanda avanzata nel giudizio di primo grado.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione C.B. con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso l’Istituto intimato.

Lo stesso ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Col predetto ricorso l’assicurata lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – violazione di legge, L. n. 88 del 1989, art. 54 ed art. 2697 c.c..

In particolare rileva la ricorrente, posto che la L. n. 88 del 1989, art. 54 faceva obbligo agli enti previdenziali di comunicare ai soggetti interessati i dati relativi alla situazione previdenziale e pensionistica, che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che incombesse ad essa ricorrente l’onere di fornire la prova dell’errore inadempimento dell’Inps, mentre per contro era il suddetto Istituto che doveva dimostrare di aver fornito all’assicurata una corretta comunicazione.

E rileva altresì che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che non era dato sapere in cosa consistesse l’errore dell’Inps contenuto nell’estratto contributivo inviato all’interessata, assumendo di conseguenza che non poteva ritenersi l’esistenza di alcuna induzione in errore dell’assicurata.

Il ricorso non è fondato.

La pretesa dell’Inps alla ripetizione integrale delle somme indebitamente pagate può trovare i seguenti limiti, nel caso di buona fede dell’accipiens:

– gli interessi decorrono dal giorno della domanda di ripetizione, e non da quello del pagamento, se il percettore era in buona fede (art. 2033 c.c.) – per i pagamenti anteriori al 1 gennaio 1996, qualora la percezione di prestazioni pensionistiche, trattamenti di famiglia o rendite sia avvenuta senza dolo, non sussiste il diritto dell’Istituto al recupero, oppure si fa luogo recupero parziale qualora, rispettivamente, il percettore abbia un reddito imponibile per l’Irpef inferiore oppure superiore ad un certo limite (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 260, 261 e 264).

Nel caso di specie nè dalla sentenza impugnata nè dal ricorso per cassazione risulta che l’assistita abbia mai fatto questione di decorrenza degli interessi ovvero di reddito imponibile per l’Irpef.

E’ inoltre pacifico in causa che la somma controversa fu pagata a titolo di indennità di mobilità, onde il caso in esame non rientra in nessuna delle ipotesi sopra prospettate.

Tanto basta al rigetto del ricorso.

Nessuna statuizione va adottata per quel che riguarda le spese del presente giudizio di cassazione, ricorrendo le condizioni previste per l’esonero del soccombente dal rimborso a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo originario, quale risultante a seguito della sentenza costituzionale n. 134 del 1994, non essendo applicabile al presente giudizio la modificazione introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, u.c., convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, trattandosi di giudizio introdotto prima del 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del decreto).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011

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