Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3824 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 14/02/2020), n.3824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7958/2014 proposto da:

LA RIVA & MARIANI GROUP S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PAOLO DI DONO 3/A, presso lo studio degli avvocati PAOLO DE

BERARDINIS, VINCENZO MOZZI, che la rappresentano e difendono

unitamente agli avvocati PIETRO ZAMBRANO;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LORELLA FRASCONA’ e

GIANDOMENICO CATALANO, che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, GIUSEPPE

MATANO, CARLA D’ALOISIO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1376/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/01/2014 R.G.N. 139/2011;

Il P.M., ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 10.1.2014, la Corte d’appello di Milano ha confermato, per quanto qui rileva, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da Riva e Mariani Group s.p.a. avverso il verbale di accertamento e la successiva iscrizione a ruolo avente ad oggetto contributi e premi non versati in favore di lavoratori ritenuti trasfertisti;

che avverso tale pronuncia Riva e Mariani Group s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli, mentre l’INAIL ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito pronunciato sulla domanda principale del giudizio di primo grado, avente ad oggetto la sussistenza di trasferte per i lavoratori per i quali era stata denunciata l’omissione contributiva, che era stata invece abbandonata in appello a favore della domanda subordinata volta all’accertamento della stipulazione con tali lavoratori di contratti quali trasfertisti;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 51, comma 6 (recte: T.U. n. 917 del 1986, siccome modificato dal D.Lgs. n. 314 del 1997), per avere la Corte territoriale errato nella individuazione degli elementi caratterizzanti la prestazione lavorativa del trasfertista, ritenendo che tale dovesse ritenersi colui che, per esigenze specifiche di servizio, viene continuamente spostato da un cantiere ad un’altro, in assenza di previa indicazione contrattuale della sede di lavoro;

che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115-116 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che gravasse su di essa la prova dei fatti costitutivi dell’obbligazione contributiva di miglior favore e non aver valorizzato al riguardo le prove documentali acquisite ed offerte in giudizio;

che i motivi possono essere esaminati congiuntamente, tutti involgendo il presunto errore dei giudici di merito nel qualificare la prestazione resa dai lavoratori di cui al verbale di accertamento come trasferta;

che in argomento è adesso intervenuto il D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quinquies (conv. con L. n. 225 del 2016), il quale, nel dettare disposizioni in materia di “Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti”, ha disposto, al comma 1, che “del Testo Unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51, comma 6”, debba interpretarsi “nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”, precisando poi, al comma 2, che “Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui del Testo Unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui del medesimo art. 51, comma 5”;

che, interpretando l’anzidetta disposizione, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto che essa abbia introdotto una norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione autentica”, in base alla quale l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile rispettivamente previsto sia nella L. n. 467 del 1984, art. 11, sia nel D.P.R. n. 917 del 1986, vigente art. 51, comma 6 (così come nel successivo art. 48, comma 6, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 314 del 1997);

che è consolidato il principio secondo cui, allorchè il ius superveniens comporti la necessità di accertamenti in fatto incompatibili con il giudizio di legittimità, la decisione di merito deve essere cassata con rinvio (cfr. in tal senso Cass. n. 13460 del 2016, sulla scorta di Cass. nn. 5224 del 1998 e 5888 del 2005);

che, nel riesaminare la vicenda, il giudice del rinvio dovrà attenersi all’ulteriore principio secondo cui, posto che l’invocazione dell’ius superveniens e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.).

che, in ragione dei principi di diritto dianzi esposti, la sentenza impugnata va conclusivamente cassata e la causa rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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