Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 38230 del 03/12/2021

Cassazione civile sez. II, 03/12/2021, (ud. 15/07/2021, dep. 03/12/2021), n.38230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25033/2016 R.G. proposto da:

B.A., c.f. (OMISSIS), B.A.M., c.f. (OMISSIS)

– (in proprio e quali eredi di L.P.A.), elettivamente

domiciliati, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Messina, alla

via Nino Bixio, n. 89, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo

Palumbo, e dell’avvocato Tommaso Magaudda, che disgiuntamente e

congiuntamente li rappresentano e difendono in virtù di procura

speciale a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

F.L., c.f. (OMISSIS), C.G., c.f. (OMISSIS),

FA.GI., c.f. (OMISSIS), F.M., c.f. (OMISSIS),

BU.FI., c.f. (OMISSIS), BA.MA., c.f. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in Roma, alla via Rimini, n. 14, presso lo

studio dell’avvocato Giovanni Caruso, il quale li rappresenta e

difende, i primi quattro, “per procura speciale alle liti, del

17/06/2004 della Sede dell’Agenzia Consolare d’Italia in (OMISSIS)

allegata agli atti” (così controricorso, pag. 1), il quinto e la

sesta, “per procura speciale alle liti in Notar Co.Pa.

del 21/07/2004, rep. 163209, allegata agli atti” (così

controricorso, pag. 1).

– controricorrenti

e

B.C., c.f. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 422/2016 della Corte d’Appello di Messina;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 15 luglio 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con scrittura privata in data 2.2.1966 L.G.D. ed L.E.A.M. promettevano di vendere a B.P. e ad L.P.A., che, a loro volta, promettevano di acquistare, per il prezzo di Lire 10.000.000, il terreno in agro di (OMISSIS), ricadente, per la maggior parte, nella particella n. (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) e, per altra parte, nelle particelle (OMISSIS).

2. Con rogito per notar D. in data 5.2.1966 L.G.D. ed L.E.A.M. vendevano a Ca.Pa. il terreno in agro di (OMISSIS), di circa ettari 3.35, catastalmente coincidente con la maggior parte della particella n. (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) e da cui rimaneva esclusa una piccolissima porzione posta a nord del confine indicato in atto.

3. Con atto in data 18.2.1966, trascritto il 22.2.1966, B.P. ed L.P.A. citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Messina L.G.D. ed E.A.M. nonché Ca.Pa..

Chiedevano dichiarare l’invalidità della vendita per notar D. del 5.2.1966, pronunciare sentenza ex art. 2932 c.c., idonea a trasferire ad essi attori il terreno ad essi promesso in vendita e condannare le controparti al risarcimento dei danni.

Chiedevano in subordine dichiarare che l’atto per notar D. del 5.2.1966 non aveva determinato il trasferimento a Ca.Pa. dell’intero terreno già promesso in vendita e dunque pronunciare sentenza ex art. 2932 c.c., idonea a trasferire ad essi attori la porzione residua.

4. Con sentenza non definitiva n. 702/1970 il Tribunale di Messina rigettava “la domanda principale di annullamento del contratto in Notar D. (del 5.2.1966) e quella di risarcimento danni” (così ricorso, pag. 5) e ordinava provvedersi alla cancellazione della trascrizione dell’atto di citazione limitatamente al terreno acquistato da Ca.Pa.; con separata ordinanza disponeva farsi luogo a c.t.u..

5. Con sentenza n. 195/1974 – passata in giudicato – la Corte d’Appello di Messina rigettava il gravame esperito da B.P. ed L.P.A. avverso la sentenza non definitiva n. 702/1970.

6. Di seguito, su richiesta di Ca.Pa., il competente conservatore dei RR.II. faceva luogo alla cancellazione della trascrizione dell’atto di citazione “limitatamente ai beni e alla persona di Ca.Pa., ferma restando nel resto”.

7. Nel giudizio intrapreso con la citazione in data 18.2.1966, espletata ulteriore consulenza, con sentenza definitiva n. 1575/1980 – trascritta in data 21.10.1980 – il Tribunale di Messina trasferiva a B.P. e ad L.P.A. mq. 4.166 del terreno in agro di (OMISSIS), ricompreso per mq. 1.244 nella particella n. (OMISSIS), per mq. 112 nella particella n. (OMISSIS) e per mq. 2.810 nella particella n. (OMISSIS), tutte del foglio (OMISSIS).

8. Con sentenza n. 68/1985 – passata in giudicato – la Corte d’Appello di Messina rigettava i gravami, principale ed incidentale, esperiti avverso la sentenza definitiva n. 1575/1980.

9. Con rogito per notar Co. in data 24.3.1978 Ca.Pa. vendeva ai coniugi F.L. e C.G. per la quota di 1/3, ai coniugi Fa.Gi. e F.M. per la quota di 1/3 e ai coniugi Bu.Fi. e Ba.Ma. per la quota di 1/3 porzione del terreno in agro di (OMISSIS) acquistato col rogito D. del 5.2.1966 ovvero porzione della superficie catastale di mq. 5.760, nella quale era ricompresa pur la porzione di mq. 2.010 poi attribuita, nella più ampia estensione determinata in mq. 4.166,00, recte in mq. 4.164,15, con la sentenza definitiva n. 1575/1980 del Tribunale di Messina ai coniugi B.P. ed L.P.A..

10. Con atto notificato in data 31.3.1988 F.L. e C.G., Fa.Gi. e F.M., Bu.Fi. e Ba.Ma. citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Messina L.P.A., in proprio e quale erede di B.P., nonché B.A., C. ed A.M., quali eredi di B.P..

Chiedevano dichiararsi che i convenuti detenevano sine titulo porzione del terreno ad essi attori spettante e, per l’effetto, condannarsi i convenuti al rilascio nonché al risarcimento dei danni.

11. Resistevano L.P.A., in proprio e quale erede di B.P., B.A., C. ed A.M., quali eredi di B.P..

12. Espletata la c.t.u., espletata un’ulteriore consulenza, con sentenza n. 2759/2003 il Tribunale di Messina accoglieva la domanda degli attori, dichiarava che i congiunti B. – L.P. detenevano sine titulo il terreno controverso sin dal settembre 1987 e ne pronunciava condanna al rilascio del fondo ed al risarcimento dei danni.

13. L.P.A., in proprio e quale erede di B.P., nonché B.A. ed A.M., quali eredi di B.P., proponevano appello avverso la sentenza n. 2759/2003 del Tribunale di Messina.

14. Con sentenza n. 14/2013 la Corte di Messina rigettava il gravame.

15. Con atto notificato il 24.2.2014 L.P.A., in proprio e quale erede di B.P., B.A. ed A.M., quali eredi di B.P., impugnavano per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 5, la sentenza n. 14/2013 della Corte d’Appello di Messina.

Deducevano la contrarietà della sentenza n. 14/2013 ai giudicati formatisi, tra le stesse parti, a seguito della statuizione non definitiva n. 702/1970 e della statuizione definitiva n. 1575/1980 del Tribunale di Messina.

Deducevano altresì che nel giudizio definito in seconde cure con la sentenza n. 14/2013 della Corte di Messina mai era stata addotta l’efficacia di precedenti giudicati, sicché né il tribunale né la corte d’appello si erano, esplicitamente ovvero implicitamente, pronunciati sul punto.

Deducevano inoltre che Ca.Pa. non era stato estromesso dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966, successivamente alla pronuncia della sentenza non definitiva n. 702/1970, con cui il Tribunale di Messina aveva, tra l’altro, rigettato la domanda di annullamento della vendita per notar D. del 5.2.1966; che dunque identiche erano le parti in conflitto.

16. Resistevano F.L. e C.G., Fa.Gi. e F.M., Bu.Fi. e Ba.Ma..

17. Veniva dichiarata contumace B.C., ulteriore erede di B.P..

18. Con sentenza n. 422/2016 la Corte di Messina rigettava l’impugnazione per revocazione e condannava gli attori in revocazione alle spese del giudizio.

Reputava – la corte – in dipendenza dell’intervenuta pronuncia in ordine alla questione del giudicato, che la revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 5, non era esperibile.

19. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso B.A. ed B.A.M., in proprio e quali eredi di L.P.A.; ne hanno chiesto sulla scorta di un unico articolato motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

F.L. e C.G., Fa.Gi. e F.M., Bu.Fi. e Ba.Ma. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

B.C. non ha svolto difese.

20. I ricorrenti hanno depositato memoria.

21. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 2909 c.c. ed agli artt. 111,113,324,327 e 404 c.p.c..

Deducono che dal tenore della sentenza n. 14/2013 della Corte di Messina si desume chiaramente che nel giudizio con tale statuizione definito nessuna delle parti si è mai soffermata sugli effetti determinatisi in forza dei giudicati formatisi sulla scorta della sentenza non definitiva n. 702/1970 e sulla scorta della sentenza definitiva n. 1575/1980 del Tribunale di Messina.

Deducono invero che nel giudizio definito con la sentenza n. 14/2013 della Corte di Messina il contraddittorio si è sviluppato esclusivamente in ordine agli effetti atti a scaturire dalla trascrizione dell’atto di citazione in data 18.2.1966 e dalla successiva contrapposta annotazione di inefficacia fatta eseguire da Ca.Pa. in data 11.5.1974 in virtù della sentenza non definitiva n. 702/1970.

Deducono altresì che anche in ordine alla presunta estromissione di Ca.Pa. dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966 la Corte di Messina, con la pronuncia n. 14/2013, si è limitata “ad affermare l’inopponibilità al Ca. e poi ai suoi aventi causa (…) della trascrizione della citazione del 18.02.1966” (così ricorso, pag. 25).

Deducono, per altro verso, che ha errato la corte a ritenere che Ca.Pa. fosse stato estromesso dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966, a seguito della pronuncia non definitiva n. 702/1970; che invero il procuratore del Ca. continuò a prender parte, ricevendo le comunicazioni di cancelleria, alle udienze susseguitesi nello stesso giudizio pur dopo la pronuncia della sentenza non definitiva.

Deducono, per altro verso ancora, che, pur ad ammettere che Ca.Pa. sia stato estromesso dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966, tuttavia il giudicato correlato alla sentenza definitiva n. 1575/1980 è destinato, quanto meno, ad esplicare effetti riflessi nei suoi confronti e nei confronti dei suoi aventi causa.

Deducono, infine, pur a negare l’efficacia riflessa del giudicato correlato alla sentenza definitiva n. 1575/1980, che è indubitabile l’assoluta contraddittorietà dell’accertamento giudiziale contenuto in tal ultima statuizione ed il complesso delle statuizioni di cui alla pronuncia n. 14/2013 della Corte d’Appello di Messina.

22. Va premesso che il controricorso sottoscritto da avvocato munito di procura rilasciatagli prima della pubblicazione della sentenza “ex adverso” impugnata con ricorso per cassazione è inammissibile, per mancanza della procura speciale di cui all’art. 365 c.p.c. (cfr. Cass. sez. lav. 19.3.1994, n. 2628; Cass. 26.4.2004, n. 7926. Con riferimento al ricorso, cfr. Cass. (ord) 27.8.2020, n. 17901; Cass. (ord.) 11.9.2014, n. 19226).

23. Su tale scorta – nel quadro, appunto, dell’applicabilità al controricorso dell’art. 365 c.p.c., siccome richiamato dell’art. 370 c.p.c., comma 2 – si rileva pregiudizialmente che l’avvocato Giovanni Caruso ha notificato e depositato controricorso nell’interesse di F.L. e C.G., di Fa.Gi. e F.M., di Bu.Fi. e Ba.Ma. in virtù (per i primi quattro) di procura speciale in data 17.6.2004 per atto dell’Autorità consolare italiana in (OMISSIS) ed in virtù (per il quinto e la sesta) di procura speciale alle liti autenticata a ministero notar Co. in data 21.7.2004.

Evidentemente si tratta di procura rilasciata in data antecedente alla sentenza in questa sede impugnata.

Ne discende che il controricorso è inammissibile e la costituzione nel presente giudizio di legittimità dei medesimi F.L. e C.G., Fa.Gi. e F.M., Bu.Fi. e Ba.Ma. non può che considerarsi tamquam non esset.

In sede di disamina del motivo di ricorso si prescinderà dunque dalle argomentazioni svolte nel controricorso.

24. Il motivo di ricorso è destituito di fondamento e va respinto.

25. Innegabilmente, per un verso, ai fini dell’applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 5 (secondo cui l’impugnazione per revocazione è proponibile se la sentenza è contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione), perché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, e, quindi, essere oggetto di revocazione, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio, rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima, nel senso che la precedente sentenza deve avere ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad esso antitetico, non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico, restando poi la contrarietà con la sentenza avente autorità di cosa giudicata ipotizzabile solo in relazione all’oggetto degli accertamenti in essa racchiusi e risultando l’apprezzamento del giudice della revocazione al riguardo sottratto al sindacato di legittimità se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 27.5.2009, n. 12348, ove si soggiunge che; Cass. 21.12.2012, n. 23815).

Innegabilmente, per altro verso, l’art. 395 c.p.c., n. 5, va interpretato nel senso che ricorre tale ipotesi di revocazione qualora l’eccezione di giudicato “esterno” non sia stata proposta davanti al giudice che abbia pronunciato la sentenza revocanda; mentre, qualora il giudice di merito abbia trascurato di considerare la predetta eccezione, ricorre un vizio di motivazione denunciabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.3.1996, n. 2131), rectius, un “error in iudicando” denunciabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (alla stregua del rilievo per cui il giudicato esterno è assimilabile agli “elementi normativi”, sicché la sua interpretazione deve effettuarsi alla stregua dell’esegesi delle norme, non già degli atti e dei negozi giuridici: cfr. Cass. (ord.) 13.10.2017, n. 24162. Cfr. inoltre Cass. 8.1.2014, n. 155, secondo cui l’istanza di revocazione, prevista dall’art. 395 c.p.c., n. 5, per essere la sentenza da revocare contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, è ammissibile solo quando si tratta di giudicato risultante da un giudizio separato e sempre che, con la sentenza da revocare, il giudice non abbia pronunciato sull’eccezione di giudicato “esterno”; cfr. Cass. 3.11.2016, n. 22177. Cfr. Cass. 28.7.2006, n. 17247, secondo cui, ove il giudice di appello non si sia pronunciato o si sia pronunciato in maniera errata sull’eccezione di giudicato esterno proposta davanti a lui, la parte interessata ha l’onere di denunciare il corrispondente vizio con il ricorso per cassazione e non può dedurlo per la prima volta nel giudizio di rinvio).

26. In questo quadro va imprescindibilmente rilevato che la ratio, in parte qua, decidendi dell’impugnata statuizione n. 422/2016 della Corte di Messina è essenzialmente ancorata (più che al riscontro dell’insussistenza dell’identità soggettiva ed oggettiva, bensì) al riscontro dell’avvenuta delibazione dell’eccezione “in senso lato” di giudicato (cioè rilevabile d’ufficio dal giudice: cfr. Cass. sez. lav. 26.6.2018, n. 16847, secondo cui l’esistenza del giudicato “esterno” è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti) da parte della medesima Corte messinese con la pronuncia n. 14/2013.

La Corte di Messina, invero, con la pronuncia in questa sede impugnata, ha puntualizzato che con il dictum n. 14/2013 (essa corte) aveva riconosciuto e preso atto che in ordine all’acquisto operato da Ca.Pa. con il rogito del 5.2.1966 si era formato il giudicato a seguito della sentenza non definitiva n. 702/1970 del Tribunale di Messina; che anzi, con il dictum n. 14/2013, la Corte siciliana aveva inteso mantener fermo quel giudicato.

Ed ha puntualizzato ancora – la Corte di Messina – che la statuizione n. 14/2013 giustamente non aveva tenuto conto del giudicato conseguente alla sentenza definitiva n. 1575/1980 del Tribunale di Messina, siccome la stessa corte distrettuale aveva ritenuto siffatto giudicato non coinvolgente Ca.Pa., in quanto estromesso con la sentenza non definitiva n. 702/1970 dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966.

27. In questi termini, è fuor di dubbio che questa Corte di legittimità, siccome si e’, a rigore, al cospetto della denuncia di un “error in procedendo” (correlantesi all’inciso, di cui dell’art. 395 c.p.c., n. 5, “purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione”), è anche giudice del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere – dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (cfr. Cass. (ord.) 13.3.2018, n. 4014; Cass. 23.1.2006, n. 1221).

E tuttavia, pur in siffatta prospettiva funzionale, la delibazione di questo Giudice del diritto resta essenzialmente circoscritta al riscontro dell’avvenuta delibazione o meno, nell’ambito del giudizio definito dalla Corte d’Appello di Messina con la sentenza n. 14/2013, dell’eccezione “in senso lato” afferente al giudicato conseguente alla statuizione non definitiva n. 702/1970 del Tribunale di Messina ed alla statuizione definitiva n. 1575/1980 parimenti del Tribunale di Messina.

28. In rapporto all’ambito, come teste’ delineato, del riscontro da operarsi – a delibazione del denunciato “vizio di attività” – in questa sede, si rileva e si reputa quanto segue.

29. La sentenza n. 14/2013 dà atto – nello “svolgimento del giudizio” – che gli appellati F. – Bu. avevano rilevato che “la sentenza 68/85 della Corte d’Appello di Messina (trattasi della sentenza che ebbe a confermare la sentenza n. 1575/1980 del Tribunale di Messina), invocata dagli appellanti quale titolo in forza del quale avevano avanzato pretese sul terreno in contestazione, era del tutto inopponibile ed inefficace nei confronti del Ca.Pa., del quale era stata ordinata la estromissione dal giudizio unitamente ai propri aventi causa dal quale essi appellati avevano acquistato con atto del 24.3.1978 una porzione del terreno oggetto dell’atto del 5.2.1966 la cui validità era stata riconosciuta con sentenza passata in giudicato” (così sentenza n. 14/2013 della Corte d’Appello di Messina, pag. 5).

Ebbene, si reputa che in tal guisa gli allora – nel giudizio definito con la pronuncia n. 14/2013 – appellati avevano sollevato eccezione di giudicato “esterno”, recte avevano provveduto ad eccepire il giudicato formatosi a seguito della pronuncia non definitiva n. 702/1970 e della pronuncia definitiva n. 1575/1980.

Depone in tal senso il rilievo della inopponibilità ed inefficacia nei confronti di Ca.Pa., rilievo quale e siccome ancorato – nell’operata formulazione dell’eccezione – all’ordinata estromissione dal giudizio del medesimo Ca., dante causa degli allora appellati col rogito Co. del 24.3.1978: la correlazione dell’inopponibilità alla disposta estromissione del loro dante causa esprime univocamente la deduzione della diversità “soggettiva” dei giudizi definiti con i dicta poi res iudicata.

30. La sentenza n. 14/2013 assume – nei “motivi della decisione” – che “né è possibile sostenere che lo spoglio perpetrato dagli appellanti nel settembre 1987 avrebbe trovato la propria legittimazione nella sentenza non definitiva (recte, definitiva) del 1980-1985 (tal ultimo sintetico riferimento è da intendere sia alla sentenza n. 1575/1980 del Tribunale di Messina sia alla sentenza, che ebbe a confermarla, n. 68/85 della Corte d’Appello di Messina) poiché l’atto del 5.2.1966 è stato riconosciuto valido ed efficace con pronunzia ormai irrevocabile con la quale è stata ordinata la cancellazione della trascrizione della citazione del 18.2.1966 il cui effetto va limitato alla vicenda che di quel giudizio era stata oggetto e che non può essere estesa ad atti diversi che hanno riguardato parti distinte esclusi gli odierni appellati dei quali era stata anche ordinata la estromissione dal giudizio” (così sentenza n. 14/2013 della Corte d’Appello di Messina, pagg. 8 – 9).

Ebbene, si reputa – nonostante, in verità, la formulazione letterale tutt’altro che esemplare – che in tal guisa la Corte d’Appello di Messina, con la pronuncia n. 14/2013, abbia atteso alla delibazione dell’eccezione di giudicato, recte dell’eccezione di inopponibilità agli appellati ( F.L. ed altri) del giudicato formatosi a seguito delle pronunce non definitiva n. 702/1970 e definitiva n. 1575/1980, eccezione (dapprima riferita) di cui la corte aveva dato conto nello “svolgimento del processo”.

Depone in tal senso un duplice riscontro.

Da un canto, il disconoscimento delle sentenze n. 1575/1980 e n. 68/1985 quale titolo idoneo a legittimare l’occupazione da parte di B.P. e di L.P.A. del terreno oggetto del rogito Co. del 24.3.1978, disconoscimento che evidentemente si raccorda alla deduzione di segno contrario che i coniugi B. – L.P. avevano formulato e di cui la Corte di Messina nello “svolgimento del processo” aveva dato conto (cfr. sentenza n. 14/2013, pag. 5).

D’altro canto, il riferimento, a sua volta duplice, alla sentenza non definitiva n. 702/1970 del Tribunale di Messina – giacché tale sentenza aveva riconosciuto valido ed efficace il rogito D. del 5.2.1966 ed aveva ordinato la cancellazione della trascrizione della citazione del 18.2.1966 – ed alla sentenza definitiva n. 1575/1980, invero espressamente richiamata.

In particolare, depone nel senso della delibazione della quaestio afferente al giudicato “esterno” il riscontro della circoscritta efficacia dispositiva della sentenza n. 1575/1980, e “oggettiva” e “soggettiva”, siccome riguardante vicenda diversa e “parti distinte esclusi gli odierni appellati (recte, eccettuati gli odierni appellati,) dei quali era stata anche ordinata la estromissione dal giudizio”, ossia riguardante Ca.Pa., del quale, con la sentenza n. 702/1970, era stata ordinata la estromissione dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966.

31. Il quadro così delineato rende inevitabili i seguenti postulati.

32. Per verso, va appieno condiviso il rilievo finale della statuizione della Corte messinese in questa sede impugnata, ovvero il rilievo secondo cui la statuizione impugnata per revocazione non solo si era occupata del giudicato correlato alla sentenza non definitiva n. 702/1970, che riguardava Ca.Pa., ma si era occupata pur del giudicato correlato alla sentenza definitiva n. 1575/1980 del Tribunale di Messina, concludendo nel senso della sua inopponibilità al medesimo Ca. e, conseguentemente, ai suoi aventi causa (appellati nel giudizio definito con la sentenza n. 13/2014).

33. Per altro verso, vanno in toto disattese le deduzioni dei ricorrenti.

In primo luogo, la deduzione secondo cui la Corte di Messina con la pronuncia n. 14/2013 non avrebbe potuto vagliare l’opponibilità del giudicato correlato alla pronuncia definitiva n. 1575/1980, siccome per nulla B.P. ed L.P.A. avevano formulato un’ “eccezione di precedente giudicato” (cfr. ricorso, pag. 23).

In secondo luogo, la deduzione secondo cui la Corte di Messina, con la pronuncia n. 14/2013, “ha valutato il solo giudicato formatosi sulla sentenza non definitiva 702-1970 per ricavare da questo la piena validità dell’atto di vendita Notar D. (…), mentre non ha certamente esaminato gli effetti scaturenti dal giudicato della sentenza definitiva 1575-1980” (così ricorso, pag. 23).

In terzo luogo, la deduzione secondo cui nei giudizi di merito conclusisi con la pronuncia n. 2759/2003 del Tribunale di Messina e con la pronuncia n. 14/2013 della Corte d’Appello di Messina “tutto il contenzioso inter partes si è sempre sviluppato esclusivamente sugli effetti della trascrizione della citazione del 22.02.1966 e sulla sua parziale cancellazione ordinata dal Tribunale di Messina con la sentenza non definitiva n. 702-1970” (così memoria dei ricorrenti, pag. 6).

34. Evidentemente, a fronte dell’avvenuta delibazione della quaestio correlata ai giudicati formatisi a seguito delle pronunce non definitiva n. 702/1970 e definitiva n. 1575/1980, avvenuta delibazione che di per sé ostava ed osta alla proposizione della revocazione dell’art. 395 c.p.c., ex n. 5, non ha precipua valenza indagare – ai fini del riscontro dell’identità “soggettiva” – sulla estromissione di Ca.Pa. dal giudizio iniziato con la citazione del 18.2.1966 all’esito della pronuncia n. 702/1970, estromissione che, in verità, la Corte di Messina, con la statuizione n. 422/2016 in questa sede impugnata, ha comunque affermato (“egli espressamente era stato “estromesso” con la sentenza parziale che per lui fu definitiva”: così sentenza d’appello n. 422/2016, pag. 9), quantunque la cancelleria avesse continuato a far pervenire comunicazioni al difensore del medesimo Ca..

35. A tal ultimo riguardo, in ogni caso, non può non darsi atto che, in violazione del dovere di specificità e di “autosufficienza”, i ricorrenti non hanno provveduto all’integrale trascrizione del dispositivo della sentenza non definitiva n. 702/1970 del Tribunale di Messina (cfr. ricorso, pagg. 4 – 5. Cfr. al riguardo Cass. (ord.) 29.9.2017, n. 22880; Cass. 20.9.2006, n. 20405).

Or dunque, è vero – lo si è premesso – che non è a tenersi conto delle deduzioni di cui all’inammissibile controricorso.

E però non può non rilevarsi che l’inottemperanza, in parte qua, da parte dei ricorrenti agli oneri di cui dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 ed 6, tanto più rileva, se si considera che dalla virgolettata trascrizione del dispositivo della sentenza non definitiva n. 702/1970 di cui al controricorso (cfr. pagg. 19 – 20) si evince che il Tribunale di Messina ebbe a rimettere dinanzi al giudice istruttore per l’ulteriore corso unicamente gli allora attori, B.P. ed L.P.A., e gli allora convenuti, L.G.D. ed L.E.A.M., non anche Ca.Pa..

36. Evidentemente, a fronte dell’avvenuta delibazione da parte della Corte di Messina con la pronuncia n. 14/2013 della quaestio correlata ai giudicati formatisi a seguito delle pronunce non definitiva n. 702/1970 e definitiva n. 1575/1980, non hanno, altresì, precipua valenza le deduzioni finali dei ricorrenti circa l’efficacia riflessa del giudicato correlato alla sentenza definitiva n. 1575/1980 e circa l’indubitabile assoluta contraddittorietà dell’accertamento giudiziale contenuto in tal ultima statuizione ed il complesso delle statuizioni di cui alla pronuncia n. 14/2013 della Corte messinese.

37. Si è anticipato che il controricorso è inammissibile.

Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.

B.C. è rimasta intimata; del pari nessuna statuizione in ordine alle spese va nei suoi confronti pronunciata.

38. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1, quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021

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