Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3822 del 18/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3822 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 29290-2010 proposto da:
PEZZANO CONCETTA PZZCCT39H60E025H,

PONZO ROBERTO

PNZRRT62M21H501K, PONZO DANILO PNZDNL64E28H501M, PONZO
ANGELO PNZNGL68L17H501N, tutti nella loro qualità di
eredi di LUIGI PONZO, già elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA CATANZARO 2, presso lo studio dell’avvocato
2013
3723

LUCCI MARIO, che li rappresenta e difende giusta
delega in atti e da ultimo domiciliati presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 18/02/2014

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

giusta delega in atti;
– contrari corrente nonchè contro

MINISTERO

DELL’

ECONOMIA E

DELLE

FINANZE

DIPARTIMENTO DEL TESORO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1577/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 11/1212009 R.G.N. 7396/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato LUCCI MARIO;
udito l’Avvocato RICCI MAURO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

MAURO RICCI, PULLI CLEMENTINA, PATTERI ANTONELLA,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata 1’11 dicembre 2009 la Corte d’appello di Roma ha
confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 1° dicembre 2005 che
aveva dichiarato improcedibile la domanda proposta da Pxízzano Concetta,
Ponzo Roberto, Ponzo Danilo e Ponzo Angelo nella qualità di eredi di
proprio de cuius. La Corte territoriale ha considerato che non era stata
proposta alcuna domanda amministrativa per il beneficio richiesto,
condizione di procedibilità della domanda giudiziale, non potendosi
considerare, a tali fini, la domanda amministrativa intesa ad ottenere il
diverso e distinto beneficio della pensione di inabilità di cui all’art. 12 della
legge n. 118 del 1971.
Gli originari ricorrenti propongono ricorso per cassazione avverso tale
sentenza articolato su due motivi.
Resiste l’INPS con controricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 443
cod. proc. civ. deducendosi che il giudice, in caso di difetto di
procedimento amministrativo, avrebbe dovuto sospendere il giudizio
concedendo termine alla parte ricorrente per proporre rituale ricorso
amministrativo, senza poter dichiarare immediatamente improcedibile la
domanda.
Con secondo motivo si assume violazione e falsa applicazione del d.P.R.
698 del 1994, in attuazione dell’art. 11 della legge n. 537 del 1993. In
particolare si deduce che, in base alla richiamata normativa, non sarebbe
necessaria la procedura del previo ricorso amministrativo, introdotto solo

4

Ponzo Luigi intesa ad ottenere l’indennità di accompagnamento relativa al

con la legge n. 326 del 2003 non applicabile, ratione temporis, alla
fattispecie in esame.
Il ricorso non è fondato.
In materia di trattamenti pensionistici (come di altre prestazioni
previdenziali) il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, subordina la

domanda amministrativa. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata
nel ritenere necessaria tale domanda anche dopo l’entrata in vigore della L.
n. 533 del 1973 e nell’affermare che la sua mancanza, nelle controversie
che richiedono il previo esperimento del procedimento amministrativo,
determina l’improponibilità della domanda giudiziaria.
4. Esistono, tuttavia, decisioni contrastanti quanto alle prestazioni costituite
dall’assegno di invalidità e dalla pensione di inabilità disciplinate dalla L. n.
222 del 1984, per il caso che soltanto una di esse sia stata oggetto di
domanda amministrativa. Per alcune decisioni, infatti (vedi Cass. n. 4782
del 1999, n. 6615 del 1996 alle quali ha aderito la sentenza della Corte
d’appello qui impugnata), solo se abbia presentato all’INPS domanda della
pensione di inabilità, l’assicurato può chiedere in giudizio l’assegno di
invalidità. Ciò per la ragione che tra le due prestazioni, relative a un diverso
grado di compromissione della capacità lavorativa, ma presupponenti gli
stessi requisiti assicurativi e contributivi, è da ravvisare un necessario
rapporto di continenza – si che nella domanda amministrativa della
pensione di inabilità deve ritenersi implicitamente inclusa quella di
attribuzione dell’assegno di invalidità – mentre non è vero il contrario,dal
momento che per la pensione di inabilità, il procedimento amministrativo
(aperto dalla domanda dell’assicurato) è preordinato alla verifica di
condizioni ulteriori rispetto a quelle sanitarie (L. n. 222 del 1984, art. 2,
comma 2) a salvaguardia dell’esigenza che una prestazione – come la
pensione di inabilità (diversamente dall’assegno reversibile ai superstiti e di

proponibilità dell’azione giudiziaria all’avvenuta presentazione della

importo certamente superiore: L. n. 222 del 1984, art. 2, comma 3) – sia
attribuita solo in caso di cancellazione dell’assicurato da elenchi e albi che
consentono di esercitare attività lavorativa e di rinuncia del medesimo a
qualsiasi trattamento previdenziale sostitutivo o integrativo della
retribuzione. In definitiva, secondo questo orientamento, il soggetto che in

chiedere in giudizio la pensione di inabilità.
5. Secondo altre più recenti decisioni, invece (vedi Cass. 12658 del 2004, n.
4385 del 2001), la domanda amministrativa di attribuzione del (solo)
assegno di invalidità non preclude all’assicurato di avanzare nel corso del
successivo giudizio domanda di pensione di inabilità quando, in tale
giudizio, sia stata accertata a suo carico la sussistenza di aggravamenti o
nuove infermità tali da escluderne la capacità di svolgere una qualunque
attività lavorativa. Le decisioni in questione giustificano il principio
richiamando l’art. 149 disp. att. c.p.c. e sottolineando che, in caso di sua
mancata applicazione, l’assicurato, secondo quanto dispone la L. n. 222 del
1984, art. 11, sarebbe costretto ad attendere l’esito del giudizio e a
ricominciare successivamente l’iter amministrativo, con la oggetti va
preclusione della piena tutela di diritti fondamentali, quali quelli garantiti
dagli

artt.

3,

24

e

38

Cost..

6. Ma questa tesi – ritiene il Collegio – non è condivisibile, non trovando
giuridico supporto nel testo della L. n. 222 del 1984, art. 11, ai sensi del
quale “l’assicurato che abbia in corso o presenti domanda intesa ad ottenere
il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità o alla pensione di
inabilità di cui agli artt. 1 e 2, non può presentare ulteriore domanda per la
stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l’iter di quella in corso in
sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando
non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”. 7. Il tenore letterale della
disposizione normativa in discussione è, invero, inequivoco: il legislatore
C7

sede amministrativa ha chiesto soltanto l’assegno di invalidità non può poi

ha voluto evitare che per “la stessa prestazione” (sia essa l’assegno di
invalidità ovvero la pensione di inabilità), dopo la presentazione di una
prima domanda amministrativa o durante la pendenza di un procedimento
giurisdizionale da definire, possa essere presentata una seconda domanda
amministrativa o una ulteriore domanda giudiziale. Ma il divieto di
duplicazione non riguarda certo il caso di domande per prestazioni distinte

e diversamente disciplinate dalla legge, quali sono l’assegno di invalidità e
la pensione di inabilità. Non è, dunque, da questa norma che può trarsi la
regola secondo cui all’assicurato, che abbia in corso un procedimento
amministrativo o giudiziario inteso al riconoscimento del diritto ad una
delle due suddette prestazioni, non sarebbe consentito di presentare la
domanda amministrativa strumentale all’attribuzione dell’altra. 8. Senza
dire che la fattispecie per cui è causa, secondo il non contestato
accertamento della Corte di merito, si caratterizza per il fatto che il
Modarelli, dopo aver domandato in sede amministrativa unicamente
l’assegno di invalidità, aveva chiesto in giudizio (con la medesima
domanda) entrambe le prestazioni, rivendicando, in via principale, il diritto
alla pensione di inabilità e, in subordine, quello all’assegno di invalidità
(Cass. 7 ottobre 2011 n. 20664).
Nel caso in esame nulla avrebbe impedito alla parte ricorrente di proporre
la necessaria domanda amministrativa di indennità di accompagnamento.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese di giudizio relative alle sole parti costituite e liquidate in dispositivo,
mentre nulla si dispone sulle spese relative alla parte rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese di giudizio relative all’INPS liquidate in € 100,00 per esborsi ed €

g

2.000,00 (duemila,00) per compensi professionali oltre accessori di legge;
Nulla sulle spese relative al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma il 17 dicembre 2013.

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