Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 38216 del 03/12/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/12/2021, (ud. 05/10/2021, dep. 03/12/2021), n.38216

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17632-2019 proposto da:

C.C.P., in proprio e quale erede del sig.

Ca.Er., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA

della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

PELLEGRINO CAVUOTO;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI

16, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1299/2019 della. CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2011 C.C.P. convenne dinanzi al Tribunale di Benevento la società AXA assicurazioni s.p.a., esponendo che:

-) aveva stipulato con la AXA Assicurazioni s.p.a. un contratto di assicurazione contro il rischio di incendio di un immobile di sua proprietà;

-) l’immobile suddetto venne danneggiato da un incendio il 17 dicembre 2007;

-) la AXA non aveva adempiuto l’obbligo di pagamento dell’indennizzo contrattualmente dovuto.

Concluse pertanto chiedendo la condanna della società convenuta “al risarcimento dei danni” causati dall’incendio, stimati nella cifra di Euro 370.341,17.

2. La società convenuta si costituì ed eccepì l’inoperatività della polizza ai sensi dell’art. 1901 c.c., comma 2, a causa del mancato pagamento del premio.

Dedusse che il premio si sarebbe dovuto pagare entro il 29 novembre 2007, mentre fu pagato soltanto il 10 gennaio 2008; il sinistro (l’incendio) si era però verificato 17 dicembre 2007, e dunque nel periodo di sospensione della garanzia, decorrente dal 15 giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento del premio.

3. Con sentenza n. 1901/13 il Tribunale di Benevento rigettò la domanda, accogliendo l’eccezione di inoperatività della polizza sollevata dalla società convenuta.

La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.

4. Con sentenza 7 marzo 2019 n. 1299 la Corte d’appello di Napoli rigettò il gravame.

La Corte d’appello ha accertato in fatto che:

-) il pagamento del premio doveva essere effettuato entro il 29 novembre 2007;

-) il sinistro si verificò 17 dicembre 2007;

-) il pagamento del premio venne effettuato il 10 gennaio 2008.

Ne trasse la conclusione che al momento dell’avverarsi del sinistro era già spirato il “termine di grazia” di 15 giorni previsto dall’art. 1901 c.c., comma 2. L’efficacia del contratto, pertanto, era sospesa al momento dell’avverarsi del rischio.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.C.P., con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

La AXA ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del proprio ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione “degli artt. 1322 e ss. c.c. “, nonché dell’art. 1362 c.c..

Al di là di tali riferimenti formali, non del tutto pertinenti, l’illustrazione del motivo contiene due censure.

1.1. Con una prima censura la ricorrente intende sostenere una tesi giuridica così riassumibile:

a) il contratto di assicurazione venne sottoscritto il 29.11.2002 ed aveva durata decennale (con frazionamento annuale del premio: sebbene la ricorrente non lo dica espressamente, si desume dal contesto del motivo);

b) l’art. 3 del contratto, tuttavia, prevedeva che “il contratto ha effetto dalle ore 24 del giorno del pagamento” del premio;

c) la prima frazione di premio venne pagata dall’assicurata il 2.12.2002;

d) solo da tale data, pertanto, il contratto doveva ritenersi concluso;

e) ergo, il termine per il pagamento dei premi successivi veniva a scadere il 2 dicembre di ogni anno;

f) al momento del sinistro, pertanto (17.12.2007) non era scaduto il termine di 15 giorni previsto dall’art. 1901 c.c., e decorrente dal termine di scadenza del pagamento del premio.

Il sinistro, insomma, secondo la ricorrente si sarebbe verificato l’ultimo giorno del periodo di proroga legale della copertura assicurativa.

1.2. La censura è manifestamente infondata.

Il contratto di assicurazione, come qualsiasi altro contratto, è concluso nel momento in cui il proponente ha notizia dell’accettazione della sua proposta.

Il contratto di assicurazione, una volta concluso, non è tuttavia per ciò solo produttivo di effetti.

L’efficacia del contratto di assicurazione è infatti subordinata dalla legge alla condì lo iuris del pagamento del premio (art. 1899 c.c.).

Questa regola è l’espressione di un principio economico, prima ancora che giuridico, e cioè la c.d. “inversione dei ciclo produttivo” tipica delle operazioni assicurative: l’assicuratore, infatti, ha bisogno del premio per costituire la riserva sinistri, senza la quale non potrebbe far fronte agli impegni nei confronti della massa degli assicurati.

Dunque il contratto di assicurazione esiste come negozio prima ancora che sia pagato il premio, ma solo il pagamento del premio fa sì che esso produca i suoi effetti.

1.3. La ricorrente pretenderebbe che nel caso di specie il pagamento della prima frazione di premio, effettuata il 2.12.2002, ebbe l’effetto non di determinare la produzione degli effetti del contratto, ma di determinare addirittura il momento di conclusione del contratto, e ciò in virtù della previsione contenuta nell’art. 3 delle condizioni generali di polizza, il quale recitava: “l’assicurazione ha effetto dalle ore 24 del giorno indicato in poliva se il premio o la prima rata di premio sono stati pagati; altrimenti ha effetto dalle ore 24 del giorno del pagamento”.

Va tuttavia in contrario osservato che:

a) lo stabilire se un contratto di assicurazione attribuisca al pagamento del premio il valore di condizione di efficacia del contratto o di conditio iuris per la sua esistenza è questione di interpretazione, e l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito non è censurabile in sede di legittimità, salvo che venga denunciata, la violazione delle regole legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.: ma tale violazione ovviamente non sussiste sol perché il giudice ha preferito una, tra altre e pur possibili interpretazioni;

b) in ogni caso l’art. 3 del contratto oggetto del contendere, per come trascritto dalla ricorrente a pagina 5 del proprio ricorso, costituiva una clausola ripetitiva del principio già stabilito dall’art. 1901 c.c., e che né dal punto di vista letterale, né dal punto di vista giuridico contiene alcun cenno implicito od esplicito al momento di conclusione del contratto;

c) la distinzione che la ricorrente pretende di coonestare tra la dizione della legge (“l’assicurazione resta sospesa” in caso di mancato pagamento del premio) e quella contrattuale (“l’assicurazione non ha effetto” in caso di mancato pagamento del premio) è infondata dal punto di vista grammaticale, dal momento che la “sospensione dell’assicurazione” non è che la sospensione dei suoi effetti;

d) la distinzione suddetta è paradossale dal punto di vista della logica formale, dal momento che – a seguire la tesi della ricorrente – non si spiegherebbe come un patto contrattuale (quello concernente la decorrenza degli effetti del contratto) possa preesistere al contratto stesso;

e) non giova alla ricorrente il precedente di questa Corte 1239/00, in quanto in quel caso la previsione che il contratto dovesse ritenersi concluso al momento del pagamento del premio era contenuta nella proposta contrattuale, non nelle condizioni generali.

1.3. Con una seconda censura la ricorrente sostiene che in ogni caso il contratto di assicurazione si perfeziona solo con la consegna della polizza, e nel caso di specie l’assicuratore non aveva mai consegnato all’assicurata la polizza.

1.4. Il motivo è in primo luogo inammissibile, in quanto dalla sentenza impugnata non risulta che tale questione venne sollevata nel primo grado di giudizio, né risulta che venne proposta come motivo di gravame.

La ricorrente ha assolto solo parzialmente, dal canto suo, l’onere di indicazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, dichiarando che la suddetta questione venne proposta a pagina 4 dell’atto d’appello (così il ricorso, pagina 7, terz’ultimo capoverso), ma non riferisce se e in quale atto la questione in esame venne introdotta nel giudizio di primo grado.

In ogni caso il motivo è manifestamente infondato, dal momento che né l’art. 1321 c.c., né l’art. 1882 c.c., subordinano l’efficacia del contratto di assicurazione alla consegna della polizza. Al contrario, il contratto di assicurazione esige la forma scritta soltanto ad probationem, sicché i suoi effetti si producono a prescindere dalla consegna dei documenti contrattuali.

2. Col secondo motivo la ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che l’assicuratore, accettando il pagamento tardivo del premio, non avesse affatto rinunciato implicitamente alla sospensione della garanzia.

Sostiene la ricorrente che, avendo l’assicuratore incassato il premio senza riserve, avrebbe per ciò solo tacitamente rinunciato alla sospensione dell’efficacia del contratto previsto dall’art. 1901 c.c.. Invoca al riguardo due precedenti di questa Corte (Cass. 13344/04 e Cass. 1698/06).

2.1. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha infatti già ripetutamente affermato che nei contratti di assicurazione con rateizzazione del premio, una volta scaduto il termine di pagamento delle rate successive alla prima, l’efficacia del contratto resta sospesa a partire dal quindicesimo giorno successivo alla scadenza, ai sensi dell’art. 1901 c.c., senza che rilevi l’accettazione, da parte dell’assicuratore, di un pagamento tardivo. Quest’ultimo, infatti, non costituisce una rinunzia, da parte dell’assicuratore, alla sospensione della garanzia assicurativa, ma impedisce solo la risoluzione di diritto del contratto. Di una “rinuncia” dell’assicuratore agli effetti della sospensione potrebbe parlarsi solo quando tale rinuncia avvenga in modo espresso o, se tacito, inequivoco (Sez. 3, Sentenza n. 5944 del 14/03/2014; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21571 del 30/11/2012; Sez. 3, Sentenza n. 9554 del 01/07/2002; Sez. 3, Sentenza n. 2383 del 22/03/1990; Sez. 1, Sentenza n. 17 del 08/01/1987).

2.2. La ricorrente è nel vero quando ricorda che esiste un diverso orientamento di questa Corte, di cui sono espressione non solo i due precedenti da lei invocati (Sez. 3, Sentenza n. 1698 del 26/01/2006; Sez. 3, Sentenza n. 13344 del 19/07/2004), ma anche ulteriori decisioni (l’ultima delle quali, tuttavia, risalente ormai a sedici anni fa: Sez. 3, Sentenza n. 27132 del 19/12/2006; Sez. L, Sentenza n. 15407 del 02/12/2000; Sez. 1, Sentenza n. 1372 del 09/02/1987).

Tale orientamento tuttavia non solo è stato da tempo abbandonato dalla giurisprudenza di questa Corte, ma ad esso reputa il Collegio che comunque non potesse più darsi continuità, a causa sia dell’erroneità dei presupposti su cui si fondava, sia degli esiti paradossali cui conduceva.

2.2.1. L’orientamento invocato dall’odierna ricorrente (secondo cui l’accettazione senza riserve del pagamento tardivo del premio da parte dell’assicuratore, quando il rischio assicurato si sia già verificato, costituirebbe una tacita rinuncia ad avvalersi della sospensione di cui all’art. 1901 c.c.) si fondava su una motivazione così riassumibile:

a) la sospensione dell’efficacia del contratto di assicurazione in caso di mancato pagamento del premio, prevista dall’art. 1901 c.c., costituisce una applicazione particolare del generale istituto dell’exceptio inadimpleti contractus, di cui all’art. 1460 c.c.;

b) l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. non può essere invocata quando il rifiuto di adempiere sia contrario alla buona fede;

c) invocare la sospensione dell’assicurazione ex art. 1901 c.c., dopo avere accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio costituisce una condotta contraria a buona fede: e dunque l’assicuratore che tenesse quella condotta non potrebbe invocare gli effetti dell’art. 1901 c.c..

2.2.2. L’argomentare sopra riassunto, posto a fondamento dell’orientamento invocato dalla ricorrente e qui non condiviso, è erroneo in ogni suo passaggio.

In primo luogo, esso è erroneo nella parte in cui pretende di estendere sic et simpliciter il comma 2 dell’art. 1460 c.c. all’ipotesi prevista dall’art. 1901 c.c..

Se può ammettersi in linea teorica che la sospensione dell’efficacia dell’assicurazione nel caso di mancato pagamento del premio condivida con Part. 1460 c.c. la ratio di costituire una coazione indiretta al pagamento del premio, le due norme in null’altro sono tra loro assimilabili.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale (Corte Cost., 5.2.1975 n. 18), allorché venne chiamata a stabilire se fosse conforme a costituzione l’art. 1901 c.c., nella parte in cui prevedeva solo per il contratto di assicurazione una disciplina speciale, nel caso di inadempimento.

Stabilì allora il Giudice delle leggi che le previsioni dell’art. 1901 c.c. non violano il principio di uguaglianza, in quanto esse sono del tutto razionali e “conformi alla particolare natura e alla struttura del contratto di assicurazione, nel quale la sopportazione del rischio da parte dell’assicuratore è condizionata all’adempimento della prestazione consistente nel pagamento del premio”.

In tale contratto l’equilibrio tecnico ed economico non si realizza nell’ambito di ogni singolo rapporto contrattuale, ma fra la totalità dei Fischi assunti dall’assicuratore, e la totalità dei premi dovuti dagli assicurati (c.d. principio di comunione dei rischi).

Per effetto di tale meccanismo economico, prima ancora che giuridico, l’assicuratore quando assume su di sé l’alea del pagamento dell’indennizzo deve essere messo in condizione di poter contare sul puntuale versamento dei premi alle scadenze pattuite da parte degli assicurati, attraverso i quali dovrà costituire le riserve tecnicamente calcolate per adempiere i propri obblighi e costituire le garanzie reali imposte dalle leggi di controllo a tutela dei diritti degli assicurati.

Da ciò discende che il mancato pagamento del premio da parte dell’assicurato turba non già e non solo il singolo rapporto contrattuale, ma turba l’equilibrio del principio di comunione dei rischi. E’ dunque economicamente necessario che il contratto resti sospeso, per evitare – in violazione del principio di sana e prudente gestione che l’assicuratore possa trovarsi a dover sopportare rischi per i quali non ha incassato i premi.

La diversità strutturale e funzionale tra gli artt. 1460 e 1901 c.c. fa sì che mentre nei casi previsti dalla prima di tali norme è consentito al giudice il sindacato sulla buona fede di chi solleva l’eccezione di inadempimento, l’art. 1901 c.c. non consente alcun sindacato di questo tipo, perché l’esonero dell’assicuratore dal pagamento dell’indennizzo, in caso di mancato pagamento del premio, è effetto naturale ex art. 1374 c.c. del contratto.

2.2.3. Il secondo errore giuridico dell’orientamento invocato dalla ricorrente consiste(va) nel ritenere che l’assicuratore possa, ad libitum, e senza conseguenze, scegliere se indennizzare o non indennizzare sinistri avvenuti nel periodo di carenza.

Tesi, questa, tuttavia insostenibile alla luce del ricordato arresto della Consulta: se infatti l’art. 1901 c.c. ha lo scopo di garantire l’equilibrio tecnico-economico tra premi e rischi, l’assicuratore che rinunciasse a far valere la carenza di copertura terrebbe una condotta apertamente contraria al dovere di sana e prudente gestione di cui all’art. 3 cod. ass., e si esporrebbe al rischio di sanzioni da parte dell’Autorità di vigilanza. Mentre, infatti, nei contratti sinallagmatici la prestazione di ciascuna delle parti è destinata all’altra, sicché ognuna delle due potrebbe liberamente all’altra parte del debito, nell’assicurazione il premio corrisposto dall’assicurato solo in minima parte costituisce remunerazione dell’assicuratore (il c.d. “caricamento”).

Nella parte restante (il c.d. “premio puro”) esso rappresenta la provvista destinata a costituire la riserva sinistri con la quale l’assicuratore dovrà far fronte agli indennizzi dovuti alla massa degli assicurati secondo quanto già esposto in precedenza.

Rinunciare a far valere il mancato pagamento del premio significherebbe dunque depauperare la massa degli assicurati, in violazione del ricordato art. 3 cod. ass.. Prova ne sia che, per secolare tradizione normativa, al contrario di quanto avviene nella maggior parte dei contratti sinallagmatici, non è consentito all’assicuratore stipulare assicurazioni a titolo gratuito, e anche gli sconti sul premio sono consentiti solo entro limiti molto ristretti, ed a valere sulle provvigioni dell’intermediario, ma non sul premio puro.

2.2.4. Ancora, l’orientamento invocato dalla ricorrente contrasta col tradizionale principio, da tempo tenuto fermo da questa Corte, secondo cui nel nostro ordinamento il solo silenzio che può produrre effetti giuridici è il silenzio circostanziato, cioè accompagnato dal compimento di atti o fatti che rendono inequivoco il significato del silenzio: come nel caso del creditore che rifiuti il pagamento e restituisca la quietanza.

Ma colui il quale accetta il pagamento tardivo, senza nulla aggiungere, non tiene affatto una condotta inequivocamente dimostrativa della volontà di rinuncia alla sospensione degli effetti del contratto.

2.2.5. Infine, l’orientamento invocato dalla ricorrente produrrebbe effetti paradossali, e dunque non può essere condiviso, perché contrasterebbe con il tradizionale principio dell’interpretazione utile (in virtù del quale è inibito all’interprete adottare interpretazioni della norma giuridica che privino quest’ultima di qualunque effetto sensato). Infatti nel caso di mancato pagamento del premio assicurativo, una volta spirato il termine di cui all’art. 1901 c.c., il contratto entra in una fase di stallo destinata immancabilmente a concludersi, in quanto delle due l’una:

-) se l’assicurato paga tardivamente il premio, il contratto si riattiva con efficacia ex nunc;

-) se l’assicurato non paga il premio il contratto si risolve ope legis qualora l’assicuratore non agisca per la riscossione entro sei mesi.

Se, invece, si ritenesse che l’accettazione del pagamento tardivo del premio senza riserve, da parte dell’assicuratore, comporti sempre e comunque una tacita rinuncia a far valere l’inefficacia della polizza, si perverrebbe a questi effetti paradossali:

a) l’art. 1901 c.c., non avrebbe alcun senso, giacché in tutti i casi di pagamento tardivo, accettato senza riserve, il contratto produrrebbe i suoi effetti;

b) si introdurrebbe a carico dell’assicuratore un onere, al momento di accettazione del pagamento tardivo del premio, di dichiarare apertamente di non voler indennizzare sinistri già avvenuti nel periodo di carenza, onere non previsto da alcuna norma.

2.3. Il motivo, in conclusione, va rigettato alla luce del seguente principio di diritto:

“non è indenniabile il sinistro avvenuto dopo lo spirare del termine previsto dall’art. 1901 c.c., a nulla rilevando che l’assicuratore abbia accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio”.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna C.C.P. alla rifusione in favore di AXA Assicurazioni s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 6.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021

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