Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 382 del 13/01/2010

Cassazione civile sez. II, 13/01/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 13/01/2010), n.382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34119/2006 proposto da:

C.I. (OMISSIS), P.A. (OMISSIS),

P.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA P.L. DA

PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato PROSPERETTI MARCO, che

le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

S.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

EZIO 19, presso lo studio dell’avvocato ALLIEGRO MICHELE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ERRICO PIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 707/2005 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 19/12/2005;

udita La relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2009 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato PROSPERETTI Marco, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ERRICO Pietro, difensore dei resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 26 aprile 1994 C.I., P.A. e P.L., premesso di essere proprietarie di un fondo in agro (OMISSIS) (in NCT al f. (OMISSIS)), il cui accesso dalla pubblica strada era divenuto inadeguato per le esigenze dei fondo, citavano in giudizio i proprietari dei fondi confinanti, chiedendo che l’adito tribunale di Sala Consilina dichiarasse il loro diritto ad ottenere l’ampliamento dello stesso acceso ai sensi dell’art. 1051 c.c., comma 3. Si costituivano alcuni dei convenuti contestando la loro legittimazione passiva, in quanto unico proprietario dei fondi interessati all’ampliamento del passaggio era S.L.; quest’ultimo, costituendosi, si opponeva contestando integralmente la domanda avversaria ritenendo inapplicabile nella fattispecie l’art. 1051 c.c., comma 3.

Il tribunale adito, espletata una CTU, con sentenza n. 258/02, estromessi dal giudizio i convenuti F.V., S.A. e S.V., accoglieva la domanda attrice, disponendo la costituzione della servitù coattiva sul fondo di proprietà di S.L., che condannava peraltro alla rifusione delle spese di lite.

Avverso tale pronuncia quest’ultimo proponeva appello. Deduceva l’inapplicabilità dell’art. 1051 c.c., comma 3, nella fattispecie, in cui il passaggio da ampliare già apparteneva alle attrici ed il conseguente vizio di ultrapetizione in quanto queste ultime avevano chiesto l’ampliamento del passaggio preesistente mentre la sentenza gravata costituiva una servitù coattiva di passaggio.

L’adita Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 707/05 accoglieva l’impugnazione e per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda attrice, compensando tra le parti le spese del doppio grado. Secondo la Corte territoriale era applicabile in via estensiva nel caso in esame la norma citata; tuttavia le attrici non avevano dato la prova circa la necessità di ampliamento del passaggio con riguardo all’esigenze di coltivazione ed al conveniente uso del fondo cosi come previsto dalla norma sopra richiamata.

Avverso la suddetta pronuncia le odierne ricorrenti propongono ricorso per cassazione sulla base di 2 mezzi, illustrati da successiva memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso l’intimato; le esponenti hanno inoltre depositato documenti ex art. 372 c.p.c., alla cui produzione i controricorrenti si sono opposti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente osserva il Collegio che i documenti prodotti in questo giudizio dai ricorrenti, non possono essere presi in esame stante il divieto di cui all’art. 372 c.p.c..

Passando all’esame del ricorso, con il 1^ motivo le ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 1051 c.c., comma 3; nonchè il difetto di motivazione “per mancata valutazione di elementi decisivi”. Si sostiene che non occorre dare la prova del c.d. requisito della “funzionalizzazione” dell’ampliamento del passaggio della striscia di terreno alle esigenze della coltivazione o ad un più conveniente uso del fondo dominante – come erroneamente sostenuto dal giudice a quo – posto che la sola destinazione agricola del fondo legittimerebbe di per sè stessa i proprietari ad ottenere il diritto di ampliamento del passaggio. Invero è notorio che nella moderna concezione dell’agricoltura – che tiene conto delle nuove tecniche di coltivazione dei campi – l’utilizzazione di mezzi meccanici costituisce un elemento indispensabile, per cui le ricorrenti, stante la natura agricola del loro fondo, devono avere anche il corrispondente diritto all’ampliamento de passaggio.

Con il 2^ motivo le ricorrenti denunziano altra violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 1051 c.c., comma 3; nonchè il difetto di motivazione per mancata valutazione di elementi decisivi. Il giudice a quo non avrebbe tenuto conto delle prove offerte e non fa alcun cenno alla CTU, che dopo avere accertato la destinazione agricola del fondo, aveva pure evidenziato la necessità di ottenere l’ampliamento del viottolo,al fine di poter transitare con trattori ed automezzi, ed aveva altresì evidenziato che ìunico percorso praticabile era quello indicato dalle stesse attrici. “Inoltre la sentenza omette di considerare anche la provata ed incontestata destinazione agricola del fondo delle ricorrenti ed altresì l’incontestata esigenza delle stesse di potervi accedere con mezzi meccanici”.

Entrambi i motivi – da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione – non sono fondati.

Premesso che – come sopra precisato – non può essere presa in esame la documentazione prodotta nel presente giudizio ai sensi dell’art. 372 c.c., la tesi delle ricorrenti – secondo cui ai fini dell’ampliamento della servitù di passaggio non occorre fornire alcuna prova circa l’esigenze della coltivazione o di un più conveniente uso del fondo, essendo sufficiente la destinazione ad uso agricolo dei fondo destinato ad essere dominante – non appare corretta, nè può essere condivisa.

Intanto non è affatto scontato che per la coltivazione di un fondo agricolo di consistenza minima o modesta occorra necessariamente servirsi di grossi mezzi meccanici, bastando – come sottolineato dal controricorrente – “una zappatrice meccanica (motocoltivatore) che non è più larga di 1 metro”. D’altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la necessità di ampliare un passaggio coattivo, dev’essere collegata all’esigenze del fondo dominante, non in base a criteri astratti o ipotetici (come appunto, la mera natura agricola del fondo), “ma con riguardo alle possibilità concrete di un più intenso sfruttamento o di una migliore sua utilizzazione e quindi anche subordinatamente all’accertamento di un serio proposito del proprietario, risultante da fatti concreti e non da mere intenzioni manifestate, di attuare tale più intenso sfruttamento e tale migliore utilizzazione” ( Cass. n. 3973 del 7.05.1997; Cass. n. 8192 del 16.06.2000; Cass. 11091 del 24.8.2000). Nella fattispecie le ricorrenti, non sono non hanno allegato o dedotte prove in proposito, ma neppure hanno mai precisato la loro intenzione di procedere ad una concreta, diversa o più intensa utilizzazione del loro fondo sì da giustificare l’ampliamento del passaggio.

Peraltro nella CTU espletata non è dato rinvenire alcunchè di tutto ciò, in quanto il perito non si sofferma sull’attuale, effettiva destinazione agricola del fondo dominante o sulle possibilità di un suo più intenso sfruttamento, ma si è solo limitato a riportare le vecchie indicazioni catastali relative al fondo in questione (oliveto, e seminativo erborato), ciò che non sempre coincide con la sua effettiva destinazione.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta ti ricorso e condanna le ricorrenti ai pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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