Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 382 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. II, 10/01/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 10/01/2011), n.382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI RIACE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.

ROTUNDO Francesco, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Teresa Ermocida in Roma, Via della Divisione Torino, n. 31;

– ricorrente –

contro

G.E.;

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Locri, sezione distaccata di

Siderno, n. 363 in data 17 settembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 5

novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Rainaldo Sanità, per delega dell’Avv. Francesco

Rotundo;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 23 luglio 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Il Comune di Riace impugna per cassazione la sentenza n. 368, depositata in data 17 settembre 2008, con la quale il Tribunale di Locri – Sezione staccata di Siderno ha rigettato l’appello da esso Comune proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Stilo depositata in data 13 novembre 2006, che aveva accolto l’opposizione proposta, della L. n. 689 del 1981, ex art. 22, da G.E. avverso il verbale di accertamento e contestazione, da parte della Polizia municipale di Riace, dell’avvenuta violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, verificatasi in data (OMISSIS). A fondamento della opposizione, il G. aveva eccepito la nullità del verbale in quanto emesso da organo incompetente, l’illegittimità per mancata contestazione immediata della violazione, la mancata dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico, l’inidoneità tecnica della strumentazione di accertamento della velocità sia per mancanza di una corretta omologazione, sia per mancata taratura.

Il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l’appello del Comune rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza.

Il Tribunale precisava altresì di non condividere quanto affermato da Cass., n. 376 del 2008, secondo cui il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4, evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici de quibus, tra l’altro, anche in funzione del comma 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata; la norma non pone, pertanto, un’esclusione generalizzata delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S., comma 1 bis. In proposito, il Tribunale osservava che tale interpretazione avrebbe l’effetto di rimettere al mero arbitrio della P.A. la possibilità di omettere la contestazione immediata e che, quindi, la mera indicazione, nel verbale di contestazione, delle ragioni di cui all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. e), non fosse più sufficiente a giustificare la deroga all’obbligo di contestazione immediata.

Il Tribunale riteneva, infine, sussistente la denunciata incompetenza ella Polizia Municipale del Comune di Riace, in quanto enti proprietari della strada ove è stata accertata la violazione sono la Provincia di Reggio Calabria e l’ANAS. Il Comune di Riace propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, in relazione agli artt. 200 e 201 C.d.S., nonchè violazione e falsa applicazione di tali ultime disposizioni.

Premesso che a seguito delle modifiche legislative del 2002, la contestazione immediata e quella differita trovano sono previste in disposizioni legislative, avendo il legislatore trasfuso il contenuto dell’art. 384 reg. esec. C.d.S. nel testo dell’art. 201 C.d.S., non vi sarebbe ragione per escludere che la contestazione differita, ove ovviamente ne ricorrano le condizioni e siano osservate le prescrizioni di cui al citato art. 201, possa essere effettuata a seguito della utilizzazione diretta da parte degli agenti accertatori delle apparecchiature elettroniche di rilevazione della velocità anche su strade diverse da quelle indicate nel citato D.L. n. 121 del 2002, art. 4 o nel decreto prefettizio di cui al medesimo art. 4.

Il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.: Si chiede di conoscere dalla Corte Suprema di Cassazione se l’installazione e l’utilizzo dell’apparecchiatura ed. autovelox del tipo che consente la determinazione dell’illecito in tempo successivo poichè il veicolo oggetto di rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari, è consentito anche sulle strade extraurbane secondarie e/o sulle strade urbane di scorrimento, di cui all’art. 2, comma 2, lett. c) e d) del nuovo C.d.S. in mancanza del previo decreto prefettizio di individuazione della strada o tratti di essa D.L. n. 121 del 2002, ex art. 4, comma 2, convertito dalla L. n. 168 del 2002 e se l’utilizzo dell’apparecchiatura autovelox che consente la determinazione dell’illecito in tempo successivo poichè il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari, sulle strade extraurbane secondarie e/o strade urbane di scorrimento non preventivamente individuate dal Prefetto ai sensi del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 2, convertito dalla L. n. 168 del 2002, impone la contestazione immediata ovvero è comunque legittimo ricorrere alla ed. contestazione differita prevista dall’art. 201, comma 1 bis, nei casi e modi ivi previsti.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha ritenuto sussistenti due ragioni di illegittimità del provvedimento amministrativo (verbale della Polizia Municipale del Comune di Riace): la prima, consistente nella ritenuta violazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4; la seconda, consistente nella incompetenza della Polizia Municipale ad accertare violazioni del codice della strada su un tratto di strada di proprietà della Provincia di Reggio Calabria e dell’ANAS. Il ricorrente Comune si limita a censurare la prima ratio decidendi, mentre nulla deduce quanto alla seconda. Trova quindi applicazione il principio secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass., S.U., n. 16602 del 2005; Cass., n. 2811 del 2006; Cass., n. 21431 del 2007).

Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

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