Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 38192 del 03/12/2021

Cassazione civile sez. I, 03/12/2021, (ud. 20/10/2021, dep. 03/12/2021), n.38192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29898/2015 proposto da:

Z.D., D.P.G., C.D., gli ultimi due quali

eredi di Z.P., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Cosseria 5, presso lo studio dell’avvocato Paolo Migliaccio, che li

rappresenta e difende, congiuntamene e disgiuntamente, con

l’avvocato Danilo Biancospino, per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Provincia di Reggio Emilia, in persona del Presidente p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Tacito 23, presso lo studio

dell’avvocato Claudio Macioci, che la rappresenta e difende,

congiuntamente e disgiuntamente, con l’avvocato Francesca Preite,

per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 2201/2015 della Corte di appello di Bologna,

pubblicata il 27/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Bologna, con l’ordinanza in epigrafe indicata, pronunciando in un giudizio di opposizione alla stima proposto dalla Provincia di Reggio Emilia, quanto alla indennità dovuta a Z.D. e Z.P. per l’esproprio di parte dei terreni in loro proprietà utilizzati per la realizzazione di un plesso scolastico, nell’apprezzata indole lenticolare del vincolo imposto e nella ritenuta natura non edificabile dei terreni ablati, ritenuta la natura agricola dei fondi ha quantificato l’indennità dovuta in Euro 668.725,00 oltre ad Euro 15.000,00 per l’interclusione derivata ai terreni residui.

2. La Corte di merito ha escluso l’edificabilità legale dei terreni espropriati in quanto non aventi alcuna capacità edificatoria al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, e finalizzato alla realizzazione del polo scolastico, giusta Delib. di variante al P.R.G. vigente, adottata dal consiglio comunale in data 22 settembre 2008 perché la norma in applicazione, della L.R. Emilia Romagna n. 37 del 2002, art. 20, comma 1, non attribuiva ai fondi ablati la edificabilità legale, in quanto ricompresi nel perimetro urbanizzato, definendo, piuttosto, “l’ambito territoriale all’interno del quale, unicamente, le singole amministrazioni possono, in sede di programmazione urbanistica generale, riconoscere la possibilità di edificare” (p. 6 ordinanza).

3. Z.D., D.P.G. e C.D., quali aventi causa degli originari proprietari, ricorrono per la cassazione dell’ordinanza indicata con tre motivi cui resiste con controricorso la provincia di Reggio Emilia.

E’ stata depositata memoria dai ricorrenti.

Con sentenza interpretativa di rigetto n. 64 del 2021, la Corte costituzionale ha deciso nel senso della infondatezza.

5. Il giudizio, riassunto, e stato chiamato all’odierna adunanza camerale.

La Procura Generale della Corte cassazione ha fatto pervenire conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso nella natura conformativa del vincolo di destinazione ad edilizia scolastica che esclude l’edificabilità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il giudizio torna all’esame della Corte di cassazione dopo che il Giudice delle leggi investito da questa stessa Prima sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 726 del 2020, della legittimità costituzionale della L.R. Emilia Romagna 19 dicembre 2002, n. 37, art. 20, comma 1, nella parte in cui stabilisce che “ai fini della determinazione dell’entità dell’indennità di esproprio, la possibilità legale di edificare è presente nelle aree ricadenti all’interno del perimetro del territorio urbanizzato individuato dal PSC ai sensi della L.R. n. 20 del 2000, art. 28, comma 2, lett. d),”, con sentenza n. 64 del 2021 ha dichiarato non fondata la sollevata questione.

2.La Corte costituzionale, nel pronunciare con riferimento all’art. 3 Cost., comma 1 e art. 117 Cost., comma 3, ha escluso i denunciati profili della disparità di trattamento rispetto al restante territorio nazionale e della irragionevole omogeneità quanto ai proprietari di aree aventi differente destinazione urbanistica e diverso valore di mercato.

Il territorio della Regione Emilia-Romagna resta disciplinato dai principi fondamentali della legislazione statale relativi alla edificabilità legale; così, in particolare, per gli artt. 21 e 33 della L.R. cit. là dove si prevedono ipotesi di inedificabilità assoluta e la perdurante applicabilità delle norme statali, non abrogate, in materia di quantificazione dell’indennizzo espropriativo.

3. Tanto esposto, torna questo Collegio a valutare, nella prospettiva di lettura datane del Giudice delle leggi, i proposti motivi di ricorso.

4. Per la vicenda espropriativa oggetto di giudizio, il compendio immobiliare ablato (contrassegnato al catasto terreni del Comune di Reggio Emilia al foglio (OMISSIS), mapp.li nn. (OMISSIS) e pari ad un lotto di mq. 26.149, ricompreso in un più ampio intervento di mq. 43.249) è finalizzato alla realizzazione di un polo scolastico per un progetto di “Riorganizzazione scuole superiori di Reggio Emilia” recepito nel Piano Regolatore Generale (P.R.G.) dal Comune di Reggio Emilia con Delib. Consiliare 22 settembre 2008, di approvazione di variante urbanistica, il tutto all’interno di un’area sino ad allora avente destinazione urbanistica in parte a zona agricola a valenza paesaggistica, in parte ad infrastrutture per la viabilità ed in parte a verde di ambientazione stradale e ferroviaria.

5. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L.R. Emilia Romagna n. 37 del 2002, art. 20, che attribuisce ai terreni ablati edificabilità legale in quanto inseriti all’interno del perimetro del territorio urbanizzato definito dal P.S.C. (Piano Strutturale Comunale) sia al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio che a quello dell’adozione del decreto di esproprio.

5. Con il secondo motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, comma 1 e art. 37, comma 3, in cui è incorsa la Corte felsinea nell’impugnata ordinanza, nella parte in cui ha ritenuto la natura espropriativa del vincolo stabilito dalla variante urbanistica al P.R.G. del 2008 e, quindi, la sua irrilevanza, nella non idoneità ad integrare una previsione urbanistica generale di attribuzione della capacità edificatoria ai terreni ablati.

6. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21, comma 12 e art. 54.

La Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione ove avesse correttamente inteso la L.R. n. 37 cit., là dove, all’art. 25, comma 2, lett. b), essa definiva quale “arbitraggio” la stima dei periti di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21.

7. La Provincia di Reggio Emilia resiste con controricorso che, percorso per i suoi significativi passaggi, evidenzia che la L.R. n. 37 cit., non ha chiarito quale valore attribuire ai terreni che, benché ricompresi nel perimetro urbanizzato, non abbiano poi alcuna possibilità legale di edificazione per la presenza di vincoli derivanti da destinazioni urbanistiche o per difetto di strumenti di attuazione del P.S.C..

La destinazione ad edilizia scolastica e universitaria con vincolo preordinato all’esproprio sarebbe stata attribuita ad un’area che aveva, in precedenza, una destinazione agricola.

8. Con successive memorie, la Provincia ha poi dedotto l’inedificabilità assoluta dell’area ablata, nella sussistenza di vincoli paesaggistici ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, e i ricorrenti, in replica, la non deducibilità ex novo della questione.

9. Va innanzitutto apprezzato il terzo motivo di ricorso, preliminare nel suo scrutinio rispetto agli altri.

Si richiamano le conclusioni raggiunte da questa stessa Sezione nell’ordinanza interlocutoria n. 726 del 2020 all’esito di delibazione del motivo, pur nel diverso ambito del giudizio di rilevanza della questione di legittimità costituzionale introdotta dinanzi al Giudice delle leggi.

Il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, nella versione novellata del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 37, ratione temporis applicabile, prevede per il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione e il terzo che ne abbia interesse, la facoltà di impugnare dinanzi all’autorità giudiziaria la stima fatta dai tecnici, ai sensi dell’art. 21 D.P.R. cit., e, comunque, di ottenere la determinazione giudiziale della indennità senza limitazioni concernenti la cognizione che l’autorità stessa può esercitare e il suo ambito.

La qualificazione in termini di “arbitraggio”, che la L.R. Emilia Romagna n. 37 del 2002, attribuisce con l’art. 25, comma 2, lett. b), alla stima rimessa alla terna arbitrale, non è idonea ad incidere su tale assetto che risponde ad un principio fondamentale posto dalla legislazione statale.

L’accesso pieno all’accertamento giurisdizionale del diritto all’indennità, inteso anche come diritto alla “giusta indennità”, è un valore cardine dell’ordinamento, come si ricava dalla stabile interpretazione offerta della giurisprudenza di legittimità (ex multis: Cass. 30/08/2007 n. 18314; Cass. 21/10/2011 n. 21886; Cass. 04/02/2016 n. 2193) e risponde a precise direttive di ordine costituzionale (art. 24 Cost., comma 1 e art. 113 Cost., commi 1 e 2).

Sulle indicate ragioni, il motivo è infondato.

10. Dei restanti motivi deve darsi congiunta trattazione perché connessi: essi sono infondati per le ragioni di seguito indicate.

La legge regionale in scrutinio in punto di edificabilità legale lascia non toccati attraverso il sistema definito dalla legislazione statale di riferimento e ratione temporis applicabile, i vincoli che escludono l’edificabilità legale che, anche se non riprodotti nella legislazione regionale, si impongono comunque dettando la disciplina statale in materia i principi fondamentali (vd. punto 4.2. del “Considerato in diritto”, terzo alinea, sentenza n. 64 della Corte costituzionale).

L’evidenza, pertanto, che i terreni ablati all’epoca di adozione del decreto di esproprio, e quindi alla data dell’8 aprile 2013, rilevante al fine di individuare la qualificazione del bene (sul punto, ex multis: Cass. 17/02/2021, n. 4228), erano pacificamente ricompresi nel perimetro del territorio urbanizzato individuato dal P.S.C. e, quindi, “edificabili” non sottrae rilievo agli strumenti di disciplina del territorio ed ai vincoli ivi previsti, nell’apprezzamento loro riservato dall’interprete in ragione della circoscritta (vincolo espropriativo lenticolare) o generale (vincolo conformativo) loro incidenza sul territorio e quindi capacità, o meno, di imporre un vincolo di destinazione dell’area con conseguente quantificazione dell’indennità di esproprio.

Sull’indicata premessa là dove si tratti di vincolo conformativo diretto, nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale, alla realizzazione di edilizia scolastica, nella cui nozione devono ricomprendersi tutte le opere e attrezzature che hanno la funzione di integrare il relativo polo, questa Corte ha affermato la natura non edificabile di detto vincolo con indirizzo, nel tempo costante, da cui non si ha ragione di discostarsi, nella sua chiara e condivisa ragionevolezza.

Tanto si è detto nella natura di vincolo conformativo – inteso come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone circoscritte ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio – della finalità scolastica dell’edificazione da valere nel quadro di una ripartizione in base a criteri generali ed astratti, nella non praticabilità di una destinazione su iniziativa privata, o, ancora, promiscua, pubblico-privata, nell’edilizia scolastica, trattandosi di servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferisce la neppure parità assicurata all’insegnamento privato (Cass. 16/03/2016, n. 5247; Cass. 09/08/2012, n. 14347; vd., in applicazione degli indicati criteri, quanto a zona destinata a verde pubblico: Cass. 21/06/2016, n. 12818).

11. Corretta negli indicati termini, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, la motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui la Corte fiorentina perviene al rigetto della domanda dei privati, nella stimata natura lenticolare del vincolo, il ricorso è conclusivamente infondato e va rigettato.

Spese liquidate secondo soccombenza come indicato in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna Z.D., D.P.G., e C.D. a rifondere alla Provincia di Reggio Emilia le spese di lite che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021

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