Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3819 del 18/02/2014

Civile Sent. Sez. L Num. 3819 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAROTTA CATERINA

1,

SENTENZA

sul ricorso 20449-2010 proposto da:

A.A.

– ricorrente contro

2013
3549

MINISTERO ECONOMIA E
TERRITORIO,

AGENZIA

PROVINCIALE DI TERNI;
e

L

FINANZE – AGENZIA DEL
DEL

TERRITORIO

UFFICIO

Data pubblicazione: 18/02/2014

– intimati –

Nonché da:
AGENZIA DEL TERRITORIO UFFICIO PROVINCIALE DI TERNI,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

DEI PORTOGHESI, 12;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

A.A.
– intimati –

avverso la sentenza n. 879/2009 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 15/02/2010 R.G.N. 381/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato GIANNINI PATRIZIA per delega verbale
SPIGARELLI UMBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA

R. Gen. N. 20449/2010
Udienza 5/12/2013
A.A. cl Agenzia
del Territorio

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 879/2009 del 15/2/2010 la Corte di appello, giudice del
lavoro, di Perugia, in accoglimento delle impugnazioni proposte dal Ministero

sentenza del Tribunale di Terni, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del
Ministero e rigettava per la domanda avanzata dal A.A., dipendente prima del
Ministero dell’Economia e delle Finanze e quindi dell’Agenzia, trasferito nel 1995
dalla sede di Roma a quella di Terni, intesa ad ottenere la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento del danno (quantificato dal primo giudice in
euro 2.100,00) in conseguenza della violazione dell’obbligo di informare il ricorrente
in ordine a tutti i corsi di qualificazione e perfezionamento la partecipazione ai quali
avrebbe potuto, poi, il dipendente utilizzare nell’ambito delle selezioni interne ed in
particolare in quella per il conseguimento della posizione economica Bs3. Escludeva
la Corte territoriale ogni discriminazione del A.A. evidenziando che fosse emerso
che quest’ultimo era stato il dipendente tra quelli dell’Agenzia di Terni che aveva
frequentato il maggior numero dei corsi (più di chiunque altro). Rilevava, poi, che in
alcun modo la mancata partecipazione a corsi di aggiornamento poteva aver
pregiudicato l’appellato atteso che anche con l’ulteriore maggiorazione per la
partecipazione alle attività formative giammai avrebbe potuto ottener un punteggio
utile per beneficiare della progressione economica in Bs3.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il A.A. affidandosi a quattro
motivi cui resiste l’Agenzia del Territorio che propone a sua volta ricorso
incidentale.
E’ rimasto solo intimato il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

dell’Economia e delle Finanze e dall’Agenzia del Territorio ed in riforma della

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In data 28/11/2013 è stata depositata memoria con costituzione di nuovo procuratore
per A.A..
MOTIVI DELLA DECISIONE

ex art. 335 cod. proc. civ..
2. Il Collegio rileva, in via preliminare, l’inammissibilità della costituzione di
nuovo difensore di A.A., mediante procura in favore dell’avv. Patrizia
Giannini apposta a margine della memoria depositata in data 28/11/2013.
Invero la facoltà di apporre la procura speciale, anche in calce
o a margine della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta
o in sostituzione del difensore originariamente designato, è stata introdotta dalla L.
18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, lett. c), a modifica dell’art. 83 cod. proc.
civ., comma 3, e tale disposizione, secondo quanto dispone la norma transitoria
contenuta nell’art. 58, cornma 1, della stessa legge, si applica ai giudizi instaurati
dopo la data della sua entrata in vigore, cioè ai giudizi proposti in primo grado a
decorrere dal 4 luglio 2009, poiché il riferimento ai “giudizi instaurati”, e non alle
“impugnazioni proposte”, rivela l’intento del Legislatore di riferire le modifiche
normative alle nuove controversie, introdotte dopo l’entrata in vigore della legge,
tranne le modifiche per le quali è stata esplicitamente prevista l’applicazione anche ai
giudizi pendenti (cfr. Cass. 24 novembre 2010, n. 23816; id. 24 gennaio 2012 n. 929;
2 agosto 2012, n. 13912). Di conseguenza, nella fattispecie in esame trova
applicazione l’art. 83 cod. proc. civ., nel testo anteriore alla suddetta modifica,
secondo cui nel giudizio di cassazione la procura speciale non può essere rilasciata a
margine o in calce di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83 cod.

1. I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti

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proc. civ., comma 3, nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere
apposta la procura speciale, indica, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto
quelli suindicati. Pertanto, se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è

articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento
agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza
impugnata (cfr. Cass. 24 novembre 2010, n. 23816).
3. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione dell’art. 360
n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 cod. proc. civ..” Si duole del fatto che la
Corte di appello abbia preso posizione su una presunta mancanza di discriminazione
e sull’impossibilità per il A.A. di ottenere la posizione Bs3 senza tener conto che
l’oggetto della domanda era la violazione del suo diritto ad ottenere una adeguata
informazione e pubblicizzazione delle attività formative e che il risarcimento del
danno reclamato afferiva al mancato sviluppo professionale prescindente totalmente
dagli esiti della selezione per la progressione economica.
4. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione dell’art.
360, n. 5, cod. proc. civ. per l’omessa, insufficiente motivazione su fatti decisivi
della controversia”. Si duole del fatto che la statuizione impugnata non abbia dato
adeguata risposta alla richiesta di declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione di
comportarsi secondo buona fede mettendo a disposizione del A.A. i mezzi per il
proprio arricchimento professionale, del fatto che abbia ritenuto che questi si fosse
doluto, come fonte del danno, della mancata vittoria nella selezione Bs3, della
ritenuta sua partecipazione a numerosi corsi – circostanza questa sussistente solo fino
al suo trasferimento a Temi.

necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma del citato

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5. Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione dell’art. 360,
n. 5, cod. proc. civ. per l’omessa, insufficiente motivazione su punti decisivi della
controversia”. Si duole della erronea valutazione delle prove offerte, influenzata da

6. Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia: “Violazione dell’art.
360, n. 3, cod. proc. civ. per violazione del d.lgs. n. 300/1999, dell’art. 102 cod. proc.
civ. ed in subordine dell’art. 103”. Si duole della ritenuta esclusione della
legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze evidenziando che
nella specie la violazione lamentata dal A.A. era stata perpetrata dal Ministero
prima della formazione dell’Agenzia.
7. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia del Territorio denuncia:
“Falsa ed erronea applicazione dell’art. 163, commi 4 e 5, cod. proc. civ. in relazione
all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.”. Si duole della mancata pronuncia di nullità del
ricorso introduttivo per genericità della domanda non avendo il A.A. specificato
rispetto a quali corsi ed a quali anni si riferissero le doglianze sull’omessa
informazione.
8. Ragioni di ordine logico impongono l’esame prioritario del ricorso incidentale
che è infondato.
Nella specie, infatti, il giudice di primo grado, considerato che l’elenco relativo ai
corsi tenuti dall’amministrazione nel periodo 1995-1999 era pervenuto al ricorrente
(peraltro solo a seguito di diffida) a giudizio già instaurato, aveva autorizzato
l’integrazione dei capitoli di prova, con ciò sostanzialmente riammettendo in termini
il ricorrente, sul presupposto che la decadenza fosse stata determinata da una causa
non imputabile alla parte perché evidentemente dettata da un fattore estraneo alla

quanto evidenziato al punto sub 2.

I

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volontà della stessa (sulla compatibilità della rimessione in termini nel rito del lavoro
si veda Cass. del 28 agosto 2000, n. 11279).
Quanto al preliminare esame dell’eccezione di nullità del ricorso, risulta dalla

documentazione pur tardivamente prodotta, non avevano impedito
all’amministrazione convenuta di difendersi ed al processo di svolgersi nel pieno e
regolare contraddittorio. Si ricorda, del resto, che per aversi nullità del ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell’oggetto o
per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si
fonda la domanda stessa, non è sufficiente la mancata indicazione dei corrispondenti
elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia impossibile l’individuazione
attraverso l’esame complessivo dell’atto, eventualmente alla luce della
documentazione allegata al ricorso e in questo indicata, pur se non notificata
unitamente al ricorso stesso (cfr. Cass. 9 agosto 2003, n. 12059; id. 21 settembre
2004, n. 18930; 28 luglio 2005, n. 15802), ed ancorché, come nella specie, con i
tempi dettati da una riammissione in termini.
7. Non è, poi, fondato il quarto motivo del ricorso principale (pure logicamente
preliminare).
Si rileva innanzitutto una carenza argomentativa del motivo che non spiega le
ragioni per le quali si assume, in difformità rispetto al decisum sul punto, sussistente
la legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
In ogni caso si osserva che detto Ministero è stato istituito con il d.lgs. n.
300/1999 (art. 23) ed ha accorpato Ministero del Tesoro, Ministero del Bilancio e
Programmazione Economica ed anche il Ministero delle Finanze rimasto, però, in

stessa sentenza impugnata che le denunciate carenze, peraltro colmate dalla

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vita solo per determinate funzioni in materia di entrate – art. 56 d.lgs. n. 300 del 1999
-. Contemporaneamente sono state istituite le c.d. Agenzie fiscali e così l’Agenzia del
Territorio destinataria di un “trasferimento” di rapporti e di attribuzioni, vale a dire di

che non subentra nella universalità dei rapporti facenti capo ad un soggetto non più
esistente. Quindi, nel caso di specie, il Ministero delle Finanze era stato il “datore di
lavoro” del A.A. solo fino al passaggio della titolarità dei rapporti in capo
all’Agenzia. In argomento questa Corte con decisione del 10 marzo 2010, n. 5806 si
è così espressa: <<Nell’ambito dell’ampia riforma dell’Amministrazione finanziaria,
operata con il d.lgs. n. 300 del 1999, che ha istituito le agenzie delle entrate con
personalità di diritto pubblico, la qualità di datore di lavoro è stata assunta dalle
agenzie non già alla data del 1° gennaio 2001 (data prevista solo per il distacco del
personale), ma solo con l’emanazione del d.P.R. n. 107 del 2001. Dette agenzie, in
quanto distaccatarie, erano destinatarie della prestazione lavorativa dei dipendenti,
che gestivano in regime di distacco, ed avevano pertanto un interesse qualificato ad
intervenire in giudizio ex art. 105 cod. proc. civ. e, una volta divenute titolari del
rapporto di lavoro a seguito del trasferimento del personale dell’Amministrazione
finanziaria ai sensi del citato decreto, erano legittimate a stare in giudizio ai sensi
dell’art. 111 cod. proc. civ.». Analogamente con sentenza del 24 settembre 2013 n.
21809 si è precisato: < fiscali (nella specie, dell’Agenzia delle dogane), operata con il d.lgs. 30 luglio 1999,
n. 300 ed esecutiva dal 1 gennaio 2001 ai sensi dell’art. 1 del d.m. 28 dicembre 2000,
ha comportato un trasferimento di posizioni attive e passive specificamente
determinate (e già facenti capo ai competenti dipartimenti ed uffici

una vicenda traslativa di posizioni attive e passive specificamente determinate, ma

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dell’Amministrazione finanziaria) e non il subentro nell’universalità dei rapporti
attribuiti al soggetto preesistente. Ne consegue che, ove il rapporto di lavoro sia
proseguito senza soluzione di continuità, sussiste la legittimazione passiva

retributive per lo svolgimento di mansioni superiori maturate dal dipendente
anteriormente al 1° gennaio 2001, trattandosi di un’ipotesi di successione a titolo
particolare nel diritto controverso, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ.». Il
medesimo principio era stato espresso da Cass. Sez. un. 14 febbraio 2006, n. 3118.
Dunque, essendo stato il presente giudizio introdotto nel 2002, dopo l’entrata in
vigore della legge di riforma, la legittimazione ad causam e ad processum spettava
esclusivamente all’Agenzia (peraltro, nella specie, il A.A. non aveva convenuto
in giudizio, oltre all’Agenzia del Territorio anche il Ministero del Tesoro, suo
precedente datore di lavoro, ma il Ministero dell’Economia e delle Finanze,
subentrato al primo solo ed esclusivamente per le funzioni di cui al citato art. 56 del
d.lgs. n. 300/1999).
8. Sono, poi, infondati anche gli altri motivi del ricorso principale, da trattarsi
congiuntamente in ragione della intrinseca connessione.
Si osserva innanzitutto che non sussiste alcun vizio di omessa pronuncia avendo
la Corte territoriale chiarito che non solo non c’era stata alcuna discriminazione in
danno del A.A. essendo stato, al contrario, accertato che questi era il dipendente
dell’Agenzia di Terni ad avere frequentato il maggior numero di corsi ma anche, a
pag. 5, rispondendo al ricorrente circa il profilo di omessa pronuncia specificata a
pag. 19 del ricorso, avendo la Corte territoriale chiarito, sulla base della
documentazione esaminata e del puntuale raffronto del punteggio del A.A.

dell’Agenzia delle dogane in ordine alla domanda di pagamento delle differenze

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rispetto a quelli degli altri concorrenti, che la mancata partecipazione ai corsi non
poteva averlo pregiudicato in alcun modo rispetto all’aspirazione ad avere un’utile
collocazione nella graduatoria interna per la posizione Bs3.

territoriale, era intesa ad ottenere il risarcimento per la mancata crescita professionale
e per perdita di chance e, dunque, non poteva che essere riferita alla (asseritamente
compromessa) possibilità di ottenere la progressione economica.
In ogni caso, anche a voler ritenere che il ricorrente avesse agito al fine di
ottenere il ristoro per il pregiudizio per il proprio sviluppo professionale, da
ricollegarsi alla mancata partecipazione ai corsi (a causa dell’inadempimento
dell’amministrazione ai relativi obblighi informativi) in sé considerata e, dunque,
prescindendo dall’utilità dell’attribuendo punteggio ai fini della progressione
economica, in realtà non si rinvengono nella stessa prospettazione del ricorrente
elementi per inferire la decisività del rilievo (si veda, sul punto, Cass. Sez. un. 28
luglio 2005, n. 15781; id. Cass. 31 gennaio 2006, n. 2140; 19 marzo 2007, n. 6361).
Ed infatti, anche a fronte di una censura di omessa pronuncia su una domanda
ovvero su una eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed
inequivocabilmente formulate, è pur sempre necessario verificare che essa fosse
potenzialmente suscettibile di accoglimento, il che non si evince nel caso di specie
mancando ogni allegazione idonea a dare contenuto all’asserito pregiudizio. Parte
ricorrente non ha fornito, sul punto, alcun supporto argomentativo limitandosi a mere
asserzioni in ordine al mancato sviluppo professionale, senza chiarire in cosa ciò (per
un dipendente come il A.A. che comunque aveva partecipato ad un gran numero
di corsi) si fosse concretizzato. Nessun automatico pregiudizio può derivare dalla

Del resto la domanda avanzata dal A.A., come interpretata dalla Corte

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mancata partecipazione alle attività formative dipendendo il possibile incremento di
professionalità (intesa come maggiore capacità di svolgere la propria attività con
competenza ed efficienza) da molteplici varianti (grado di attenzione ed interesse del

Quanto alle ulteriori censure, va ricordato che la deduzione con il ricorso per
cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al
Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale,
bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica
delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte
di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie,
sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle emergenze processuali diversa da quella accolta dal
Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; id. 13 gennaio
2011, n. 313; 3 gennaio 2011, n. 37; 3 ottobre 2007, n. 20731; 21 agosto 2006, n.
18214; 16 febbraio 2006, n. 3436; 27 aprile 2005, n. 8718).
Né è possibile far valere con il vizio di motivazione la rispondenza della
ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della
parte e, in particolare, prospettare un preteso migliore e più appagante coordinamento
dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di
discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti,
attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso
formativo di tale convincimento (così Cass. 26 marzo 2010, n. 7394).
In buona sostanza, il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito
dall’art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ., non equivale alla revisione del

discente, competenza ed abilità relazionale del docente, novità della materia ecc.).

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“ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad
una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione,
in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente

dall’ordinamento al giudice di legittimità.
La valutazione, poi, delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio
sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la
scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale
nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di
altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare
tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e
circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente
incompatibili con la decisione adottata (Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412; id. 26
febbraio 2007, n.4391; 27 luglio 2007, n. 16346).
Tanto precisato, va osservato che, nella specie, le valutazioni delle risultanze
probatorie operate dal Giudice di appello, oltre ad essere giuridicamente corrette,
sono congruamente motivate essendo l’iter logico-argomentativo che sorregge la
decisione chiaramente individuabile e non presentando lo stesso alcun profilo di
manifesta illogicità o insanabile contraddizione.
9. Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali tutte le altre eccezioni o
obiezioni devono considerarsi assorbite, in conclusione, sia il ricorso principale sia il
ricorso incidentale vanno rigettati.

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in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata

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10. Infine, l’esito di entrambi i ricorsi costituisce giusto motivo per compensare
tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma,

a camera di consiglio del 5 dicembre 2013.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le spese del presente

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