Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3819 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. I, 17/02/2010, (ud. 25/11/2009, dep. 17/02/2010), n.3819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L., rappresentato e difeso dall’avv. Marra A. L., come da

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che per

legge la rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale-

avverso il decreto n. 1598/2007 della Corte d’appello di Napoli,

depositato il 7 marzo 2007;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

udite le conclusioni del P.M. Dr. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha

concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Napoli ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della somma di Euro 5.750,00 in favore di S.L., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio promosso il 24 settembre 1992 e definito in primo grado dal T.A.R. Campania in data 17 gennaio 2001.

Ricorre per cassazione S.L. e deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando l’inadeguatezza sia dell’indennità riconosciutagli sia delle spese liquidategli.

Resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha proposto altresì ricorso incidentale sul capo della pronuncia relativo alla compensazione solo parziale delle spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale è infondato per quanto attiene al merito, fondato per quanto attiene alle spese.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durar, a ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619).

Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato in tre anni la durata ragionevole della procedura e, quindi, in cinque anni e nove mesi l’eccedenza irragionevole della sua durata. E questa valutazione non è censurabile nè risulta in realtà censurata.

Corretta è anche la determinazione dell’indennizzo in Euro 5.750,00 dal momento che la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630, m. 585927).

Il ricorrente lamenta anche il mancato riconoscimento dell’integrazione per la natura previdenziale del giudizio. Ma secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfettaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal tenore debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita” (Cass., sez. 1^, 14 marzo 2008, n. 6898, m. 602256). E, nel caso in esame una tale particolare incidenza non è stata neppure allegata.

Quanto alle spese, i giudici del merito le hanno liquidate in complessivi Euro 305,00, compensandole per la metà. Occorre invece applicare la tariffa prevista per il giudizio di cognizione davanti ala corte d’appello.

In accoglimento (limitatamente a quest’ultimo profilo del ricorso principale, le spese del giudizio di merito vanno liquidate in complessivi Euro 907,00 (Euro 450,00 per onorari, Euro 432,00 per diritti, Euro 25,00 per esborsi), ferma la parziale compensazione già disposta dal giudice del merito.

La ricorrente incidentale lamenta che le spese non siano state compensate integralmente, atteso che l’Amministrazione non aveva resistito alla domanda.

Ma si tratta di censura infondata, atteso che comunque l’amministrazione ha dato causa al giudizio.

Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate per i due terzi, in considerazione della parziale soccombenza del ricorrente.

PQM

La Corte riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale e, in parziale accoglimento del ricorso principale, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in complessivi Euro 907,00 (Euro 450,00 per onorari, Euro 432,00 per diritti, Euro 25,00 per esborsi).

Rigetta nel resto il ricorso principale.

Compensa per i due terzi le spese del giudizio di legittimità e ne pone il rimanente terzo a carico dell’Amministrazione convenuta, liquidandole per l’intero in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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