Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3815 del 16/02/2011

Cassazione civile sez. un., 16/02/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 16/02/2011), n.3815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di Sezione –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12498-2010 proposto da:

T.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA

CRISTINA 2, presso lo studio dell’avvocato CORBYONS GIOVANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VIVIANI MARIO, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

– controricorrente

sul ricorso 12500-2010 proposto da:

D.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA

CRISTINA 2, presso lo studio dell’avvocato CORBYONS GIOVANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VIVIANI MARIO, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI DI ROMA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BAIMONTI 25;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2009 della CORTE CONTI – 3^ Sezione

Giurisdizione Centrale d’appello – ROMA, depositata il 23/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato Mario VIVIANI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Procura regionale della Lombardia della Corte dei Conti evocava in giudizio, fra gli altri, D.M.A. e T.M. C., rispettivamente rettore e pro-rettore del Politecnico di (OMISSIS), per sentirli condannare – ciascuno in ragione della propria quota di responsabilità – al risarcimento del danno arrecato all’Ateneo con l’illegittimo conferimento a tale dottor C. F. di incarichi di consulenza in materia fiscale.

Con sentenza del 9 maggio 2007 la Sezione giurisdizionale della Lombardia accoglieva parzialmente la domanda condannando, in particolare, il D.M. e la T. al pagamento di Euro 2.633,93 per ciascuno con riferimento al danno erariale conseguente al contratto di consulenza stipulato in adempimento della Delib.

adottata dal Consiglio di amministrazione 18 aprile 2000 e il solo D.M. al pagamento di Euro 47.410,74 con riferimento al danno conseguito al contratto di consulenza stipulato il 22 giugno 2001.

Tale decisione veniva confermata dalla Sezione giurisdizionale centrale della Corte dei Conti, che, con sentenza del 23 marzo 2009, respingeva le distinte impugnazioni proposte dai predetti D.M. e T.. In particolare, il giudice d’appello rilevava che l’evento dannoso era stato correttamente ricondotto, nella decisione di primo grado, alle attività poste in essere in esecuzione dei richiamati contratti stante la loro contrarietà ai principi in tema di temporaneità dell’incarico, di specificità dell’oggetto e di impossibilità di svolgere i compiti istituzionali con il personale in servizio.

2. Di questa sentenza domandano la cassazione il D.M. e la T., con distinti ricorsi ex art. 362 c.p.c., cui il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti resiste con relativi controricorsi. I ricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare, i ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2. In relazione al ricorso della T. il Procuratore Generale resistente ha rilevato la diversità delle indicazioni della sentenza impugnata contenute nell’epigrafe dell’atto e nella delega a margine dello stesso. Tale diversità, ad avviso del Collegio, non comporta alcuna invalidità del ricorso, poichè, come lo stesso resistente riconosce, vi sono elementi sufficienti per individuare la sentenza impugnata, indicata sia nell’epigrafe dell’atto, sia nello svolgimento dello stesso, sia nelle conclusioni.

3. Con l’unico, e identico, motivo, cui si affidano i ricorsi, si domanda alla Corte “se sia viziata da eccesso di potere giurisdizionale o, comunque, da difetto di giurisdizione (L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 1) la sentenza con cui la Corte dei Conti verifica la legittimità di un incarico professionale senza considerare il contesto in cui lo stesso è inserito, prescindendo totalmente dalle valutazioni di merito che hanno determinato la p.a.

a conferire l’incarico medesimo e sostituendo ad esse proprie valutazioni di merito”.

3.1. In relazione alla censura cosi proposta, deve preventivamente esaminarsi la questione relativa alla sua ammissibilità, concernente la ritualità del quesito di diritto formulato, essendo già stato affermato (cfr., ex plurimis, Cass., sez. un., n. 7433 del 2009) che l’art. 366 bis c.p.c. introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, il quale prescrive che ogni motivo di ricorso si concluda con la formulazione di un esplicito quesito di diritto, si applica anche al ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione contro le decisioni dei giudici speciali. Nella specie, soggetta ratione temporis a tale disciplina essendo impugnata una sentenza pubblicata il 23 marzo 2009 (cfr. D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, L. n. 69 del 2009, comma 2; art. 58, comma 5), il quesito sopra riportato non corrisponde alle prescrizioni di legge, in quanto la sua formulazione, con riguardo alla questione di giurisdizione, prescinde del tutto dalla fattispecie concreta posta all’esame della Corte, non facendosi alcuna menzione nè della ratio della decisione impugnata, nè dei vizi di giurisdizione che, in relazione alla concreta valutazione operata dal giudice, fondano l’impugnazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c., n. 1; nè, peraltro, tali indicazioni potrebbero essere integrate dalle argomentazioni sviluppate nel motivo, ovvero nella memoria illustrativa, stante la autonomia del quesito di diritto (cfr., ex pluribus, Cass., sez. un,, n. 2658 del 2008; n. 27347 del 2008).

3.2. Deve pertanto dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.

4. Non si deve pronunciare sulle spese, in relazione alla natura di parte solo in senso formale del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, riuniti i ricorsi, li dichiara inammissibili.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011

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