Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3813 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/02/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 15/02/2021), n.3813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15121/2014 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO

6, presso lo studio dell’avvocato GRAZIELLA RUSSO, rappresentata e

difesa dall’avvocato COSTANTINO TINDARO SCAFFIDI LALLARO;

– ricorrente –

contro

SERVIZI AUSILIARI SICILIA S.A.S. S.C.p.A., (già BENI CULTURALI

S.P.A. GESTIONI & SERVIZI), in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato TULLIO FORTUNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2140/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 02/12/2013 R.G.N. 252/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per improcedibilità, in

subordine inammissibilità.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. P.A. ricorre per cassazione nei confronti di Servizi Ausiliari Sicilia s.a.s. s.c. p.a., già Beni Culturali s.p.a. Gestioni & Servizi, per la parziale riforma della sentenza della Corte di Appello di Palermo resa tra le parti.

2. La lavoratrice aveva adito il Tribunale di Palermo prospettando che la suddetta società non le aveva rinnovato a partire dal 22 maggio 2006 il contratto a termine, e chiedendo che la convenuta fosse condannata ad assumerla secondo le modalità fissate nell’accordo intervenuto tra la stessa e l’Assessorato regionale ai Beni culturali e a risarcirle il danno derivatole dalla mancata assunzione.

3. La Corte d’Appello ha affermato che il mancato rinnovo del contratto a termine, in ragione della sussistenza di carichi pendenti non era legittimo.

Il contratto di servizio del 21 novembre 2000, secondo cui il personale impiegato dalla società per l’espletamento dei servizi di cui al contratto stesso non doveva aver riportato condanne penali e… carichi pendenti, non era affetto da nullità, ma andava inteso in termini coerenti con l’ordinamento pubblicistico in materia di costituzione di rapporti di lavoro, e interpretato con limitazione alle ipotesi delittuose che ostacolerebbero anche la costituzione degli stessi rapporti di lavoro alle dipendenze dell’ente pubblico contraente.

In tal senso, non risultava che la pendenza di un procedimento penale per il reato di violazione degli obblighi di assistenza (art. 570 c.p.) fosse all’epoca dei fatti di causa, ostativa alla costituzione dei rapporti di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana e, pertanto, non poteva ritenersi che l’Assessorato regionale ai Beni Culturali avesse inteso inserire nel contratto di servizio in questione una rigorosa, oltre che immotivata, tenuto conto della natura del reato, previsione per la costituzione dei rapporti di lavoro con la società appellata.

Tuttavia, da ciò non poteva derivare la costituzione del rapporto di lavoro.

Ed infatti, la costituzione di rapporti di lavoro a termine risponde ad esigenze datoriali organizzative specifiche, la cui durata non può presumersi oltre il termine previsto.

Nella specie, l’assunzione era prevista nell’ambito di un progetto -qualificato” straordinario, con connotazione che escludeva che si potesse costituire il rapporto di lavoro ora per allora. Nè, dunque, sussistevano le condizioni per il risarcimento del danno conseguente alla mancata assunzione a tempo indeterminato, che aveva come presupposto un rapporto di lavoro in essere alla data del preteso inadempimento.

La lavoratrice, pertanto, aveva diritto a conseguire, a titolo di risarcimento del danno, solo una somma pari alle retribuzioni che gli sarebbero state corrisposte ove fosse stato rinnovato il contratto trimestrale a partire dal 22 maggio 2006, con inquadramento nel IV livello del CCNL terziario a venti ore settimanali.

4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando un motivo di ricorso.

5. Resiste Servizi Ausiliari Sicilia s.a.s. s.c. p.a., già Beni Culturali s.p.a. Gestioni & Servizi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2058 e 2932, c.c., degli accordi sindacali siglati tra la società Beni Culturali spa e le OO.SS. il 15 novembre 2006, il 30 dicembre 2006, il 19 gennaio 2007, il 31 gennaio 2007, il 27 febbraio 2007 e il 29 marzo 2007, nonchè dell’art. 3, comma 8, del Contratto di servizio stipulato il 28 giugno 2007 tra l’Assessorato regionale BB.CC.AA. e P.I. e la società Beni Culturali s.p.a..

1.1. Assume la ricorrente che la società Beni Culturali s.p.a. aveva sempre svolto un’alta funzione sociale nella gestione delle criticità occupazionali regionali. Tale finalità emergeva dall’ordine del giorno dell’Assemblea regionale siciliana n. 335 del 19 dicembre 2003.

La suddetta società non solo doveva procedere all’avviamento a termine ma a prorogare e rinnovare i contratti in attesa della trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

In tal senso deponeva l’O.G. n. 335 del 2003 dell’ARS, in ragione del quale Arte Vita spa (poi Beni Culturali s.p.a.) stipulava un accordo sindacale che le faceva obbligo di procedere all’avviamento al lavoro delle persone interessate con contratti i cui elementi base sarebbero stati specificati nella lettera d’assunzione.

Il personale sarebbe stato inquadrato al quarto livello del CCNL Commercio e terziario. Sulla scorta di tali determinazioni erano stati poi siglati i singoli contratti individuali di lavoro. Alla ricorrente venivano attribuite le mansioni di addetto ai servizi di custodia con dislocazione presso il Teatro (OMISSIS).

In ragione degli accordi sindacali, la società era a tenuta a prorogare i rapporti senza che residuasse alcun margine di discrezionalità correlata a esigenze organizzative produttive e/o finanziarie, e senza necessità di predeterminare oggetto ed elementi essenziali. Dunque, la sussistenza dei carichi pendenti non valeva ad escludere il rinnovo del contratto a termine, che avrebbe conferito ad essa lavoratrice lo status di occupato e le avrebbe dato diritto a beneficiare in automatico delle successive proroghe contrattuali espresse negli accordi sindacali siglati il 15.11.2006, il 30.1.2.2006, il 19.01.2007, il 31.01.2007, il 27.02.2007 e il 29.03.2007.

Inoltre, avrebbe avuto corso la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, secondo le specifiche prescrizioni del Contratto di servizio del 28 giugno 2007. Da ciò discendeva il diritto al risarcimento del danno in via specifica e per equivalente. La lavoratrice avrebbe dovuto essere considerata in servizio alla data del 15 giugno 2007, data che il nuovo Contratto di servizio del 28 giugno 2007 aveva posto a indicatore temporale dell’insorgenza del diritto alla trasformazione del rapporto. Vi sarebbe stata, dunque, non una nuova assunzione, ma una semplice trasformazione dei rapporti già in essere che non avrebbe potuto modificare gli elementi basilari contrattuali già predeterminati con i contratti a termine.

La società era stata vincolata da una sequela di accordi sindacali a prorogare l’originario rapporto di lavoro a termine, sulla base di elementi già compiutamente definiti in sede di stipula del primo rapporto di lavoro, senza che residuasse alcuna discrezionalità. Come si evinceva dal contratto di altra lavoratrice, l’unico requisito per la trasformazione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato era quello di essere già in servizio alla data del 15 giugno 2007. Pertanto, essa ricorrente aveva diritto ad una pronuncia produttiva degli effetti del contratto non concluso.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Lo stesso si fonda sui contenuti che avrebbero avuto l’ODG n. 335 del 2003 dell’ARS, l’accordo sindacale stipulato dalla controricorrente il 6 agosto 2004, gli accordi sindacali intercorsi nel 2006 e nel 2007, il Contratto di servizio del 28 giugno 2007, i contratti individuali di altri lavoratori.

L’esame delle censure formulate dalla lavoratrice, postula, quindi, che questa Corte sia posta in grado di esaminare il contenuto della suddetta documentazione.

Tuttavia, il contenuto di tali atti non è riportato nel ricorso, che non ne reca alcuna trascrizione, se non parziali prospettazioni di sintesi, del tutto inidonee a far comprendere il complessivo tenore della volontà negoziale manifestata dalle parti in tali, nè è indicato il luogo di produzione, non essendo a ciò sufficiente l’indicazione “in atti”.

Pertanto, la ricorrente non ha assolto gli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

I requisiti imposti dall’art. 366, comma 1, n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, rispondono ad un’esigenza che non è di mero formalismo, perchè solo l’esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile per comprendere il significato e la portata delle censure.

Gli oneri sopra richiamati sono altresì funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicchè, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito del fascicolo del giudizio di merito, ove si tratti di documenti prodotti dal ricorrente, oppure il richiamo al contenuto delle produzioni avversarie, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione della sede in cui il documento o l’atto sia rinvenibile e dalla sintetica trascrizione nel ricorso del contenuto essenziale del documento asseritamente trascurato od erroneamente interpretato dal giudice del merito (Cass., S.U, n. 5698 del 2012; Cass., S.U., n. 25038 del 2013, Cass., S.U., n. 34469 del 2019).

2.2. Va altresì rilevato che la ricorrente, nel censurare la non corretta ricostruzione di quanto stabilito nei suddetti accordi e nel Contratto di servizio, chiede un vaglio interpretativo degli stessi senza indicare le regole ermeneutiche che sarebbero state violate.

Ciò, tenuto conto, in particolare, che la lavoratrice afferma, che gli accordi le avrebbero dato diritto al rinnovo del contratto a termine, e alla trasformazione dello stesso in contratto a tempo indeterminato, senza che vi fossero margini di discrezionalità correlata a esigenze del datore di lavoro.

Ed infatti (cfr., Cass. 19567 del 2019, Cass., n. Cass. n. 2625 del 2010) è riservata al giudice di merito l’interpretazione degli accordi sindacali diversi da quelli nazionali (oggetto, come i contratti collettivi nazionali, di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, in ragione della loro efficacia), che può essere censurata in cassazione per violazione dei canoni ermeneutici.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 4.000,00, per compensi professionali, Euro 200,00, per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

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