Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3812 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.14/02/2017),  n. 3812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 602-2016 proposto da:

B.M., in proprio e nella qualità di legale rappresentante

della BURLA SAS di B.M. & C., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 22, presso lo studio dell’avvocato

LEONARDO BRASCA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE PURI

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2857/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 13/04/2015, depositata il 20/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO

MOCCI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue:

B.M., in proprio e quale legale rappresentante della B. s.a.s., propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Viterbo. Quest’ultima, a sua volta, aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di accertamento di maggiori ricavi, relativi all’anno 2006.

Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che nell’atto impugnato erano presenti circostanze (incongruenza dei ricavi reiterati nel tempo; anomalie dei dati dichiarati reiterate nel tempo) idonee a fornire, nel loro complesso, ulteriore conferma per la rideterminazione del reddito d’impresa della Società. Del resto, l’Ufficio aveva tenuto conto delle ragioni addotte dal contribuente, rivedendo al ribasso le stime dei maggiori ricavi non dichiarati.

Il ricorso è affidato a tre motivi.

Col primo, si denunzia l’omesso esame di un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Assume il ricorrente che la CTR avrebbe omesso di esaminare la circostanza, da lui ritualmente eccepita, circa la mancanza di motivazione della ritenuta irrilevanza delle osservazioni fornite dal contribuente.

Col secondo, il B. invoca la violazione ed errata applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e della L. n. 212 del 2000, art. 47 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3). La motivazione dell’accertamento sarebbe stata solo apparente, perchè i riferimenti non sarebbero stati portati a conoscenza della società: l’Agenzia avrebbe replicato alle contestazioni del contribuente applicando una riduzione priva di logica, con una motivazione comunque carente degli elementi atti a superare le obiezioni del contribuente.

Col terzo, il ricorrente deduce la violazione o errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la CTR avrebbe proceduto all’identificazione delle motivazioni sottese alla pretesa tributaria accertata, sostituendosi all’Ufficio.

L’intimata si è costituita con controricorso.

Il ricorso è nel suo complesso infondato.

Quanto alla prima doglianza, la CTR ha preso in esame la censura riguardante la asserita mancata considerazione delle osservazioni del contribuente, ancorchè richiamando e condividendo le motivazioni dei primi giudici. In tal modo, va disatteso il richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

La seconda censura – ribadendo la mancanza di motivazione del provvedimento in relazione alle osservazioni della parte – si traduce in realtà in una richiesta di rinnovazione della valutazione in punto di fatto del giudizio della CTR, che ha motivato la sua decisione in modo del tutto congruo ed esaustivo. Di conseguenza, mentre il ricorrente nessun elemento ha aggiunto alle originarie censure di merito, la Suprema Corte non potrebbe neppure spingersi ad una nuova valutazione.

La terza doglianza è infondata, giacchè nessuna violazione dell’art. 112 c.p.c. può essere ipotizzabile, a fronte della considerazione che la CTR non ha svolto, in realtà, alcuna attività integrativa, avendo richiamato gli elementi già compresi nell’atto di accertamento.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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