Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3811 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. I, 17/02/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 17/02/2010), n.3811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, dom.to in Roma via

dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

A.F. – Regione Puglia in persona del rapp.te in

carica;

– intimati –

Avverso la sentenza del Tribunale di Lecce in data 28.1.2005;

Udita la relazione del relatore cons. Dr. Luigi Macioce svolta nella

p.u. del 9-11-2009.

Udito il P.G. nella persona del Sost. Proc. Gen. Dr. M. Velardi che

ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e l’assorbimento del

secondo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agricoltore A.F. convenne innanzi al Giudice di Pace di Ceglie Messapica la Regione Puglia onde ottenerne la condanna al pagamento della somma dovuta, oltre interessi, a titolo di contributi per calamità naturale previsti dal D.L. n. 367 del 1990, art. 2, comma 2, conv. in L. n. 31 del 1991. Si costituirono i convenuti – eccependo la Regione la carenza della propria legittimazione nonchè prospettando l’incostituzionalità della normativa sul contributo nella parte in cui fosse stata interpretata come impositiva di un obbligo per somme superiori a quelle stanziate – ed il GdP, dichiarata la propria giurisdizione e la propria competenza, dispose la condanna diretta del M.P.A.F., in favore dell’ A., affermando che era competente l’adito Giudice ai sensi dell’art. 20 c.p.c. (nel Comune essendo la tesoreria comunale che, per Legge Regionale, aveva emesso l’ordinativo di pagamento), che sussisteva la giurisdizione vertendosi in materia di diritti soggettivi, che l’unico obbligato era il Ministero, tenuto a fornire alla Regione i fondi con i quali dotare il Comune per i pagamenti necessari al saldo dell’intero contributo, che era indiscutibile il diritto dell’agricoltore alla percezione nell’intero del contributo.

La pronunzia venne appellata hinc et inde ma il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, con sentenza 28.1.2005 confermò pienamente la pronunzia impugnata.

Per la cassazione di tale sentenza, il Ministero delle P.A.F. ha proposto ricorso in data 8.10.2005 contenente due motivi, al quale non hanno resistito la Regione Puglia e l’ A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Esaminando il ricorso del Ministero delle P.A.F., si osserva che l’Amministrazione denunzia la violazione della L. n. 31 del 1991, L. n. 590 del 1981 e della L. R. Puglia n. 24 del 1990, dolendosi del fatto che i giudici del merito abbiano violato i principi per i quali esso Ministero, tenuto alla provvista dei fondi deliberati dal Parlamento in favore dell’Ente Regione, mai sarebbe potuto ritenersi obbligato diretto in favore del beneficiario, come effettuato ipotizzando una garanzia propria che neanche la Regione aveva configurato, limitandosi a chiedere la chiamata in manleva dell’Amministrazione. Si lamenta, d’altro canto, la violazione del D.L. n. 367 del 1990, art. 11 conv. in L. n. 31 del 1991, nonchè del D.L. n. 136 del 2004, art. 8 septies, conv. in L. n. 186 del 2004, per avere il GdP ed il Tribunale ignorato che il contributo preteso non costituiva oggetto di un diritto all’intero ammontare previsto ma solo a quella parte che fosse stata adeguatamente coperta dalla autorizzazione di spesa. Del resto non poteva essere ignorato il fatto che la legge aveva stanziato la somma di L. 900 miliardi a fronte di un danno complessivamente accertato dalle Regioni in L. 5.850.963.000.000.

Si esamina in via preliminare la doglianza, avente profilo assorbente, afferente la indebita condanna diretta del Ministero. La doglianza è certamente ammissibile, in un ricorso avverso sentenza emessa in giudizio di “equità necessaria”, là dove postula la violazione del principio fondamentale in materia di obbligazioni pubbliche costituito dalla distinzione tra obbligazione giuridica della P.A. di erogare il dovuto al privato creditore ed obbligo politico della stessa Amministrazione di somministrare all’Ente obbligato i fondi disponibili per la provvista. Ma la doglianza è anche indiscutibilmente fondata, come ripetutamente da questa Corte affermato in subjecta materia (ex multis Cass. 23038.08 – 7727.06 – 189.06 – 20432.05 – 20430.05). Il D.L. n. 367 del 1990, art. 10, conv. in L. n. 31 del 1991, individua infatti il creditore e l’obbligato alla prestazione in esame, rispettivamente, nel titolare dell’azienda (olivicola o vitivinicola) e nella Regione, nel mentre l’art. 11 statuisce che la provvista per l’erogazione da parte delle Regioni dei contributi in discorso (pari a L. 900 miliardi per gli anni 1990-1991) sia ripartita tra le richiedenti Regioni dal Ministero per le P.A.F. Appare pertanto totalmente inconsistente l’ipotesi di una obbligazione diretta o di rivalsa dell’Amministrazione Statale la quale è intestataria – per il tramite del Fondo di Solidarietà che essa amministra – delle somme che il Parlamento ha, con legge, disposto essere destinate e vincolate allo scopo: si tratta di una ipotesi che riduce ad obbligazione ex lege quello che è obbligo istituzionale e politico di ripartire la provvista ed erogarla in quota all’Ente richiedente, obbligato finale ed esclusivo, un obbligo insuscettibile di essere letto in termini di garanzia “propria od impropria” e pertanto di condurre sia ad alcuna statuizione di condanna alla erogazione in via di regresso, come chiesto dalla Regione, sia, ed ancor più, ad una condanna diretta del Ministero al pagamento in favore del creditore, come disposto dal giudice di merito.

Si accoglie pertanto il ricorso del Ministero P.A.F. sotto l’assorbente profilo della fondatezza della censura afferente la titolarità passiva della dedotta obbligazione, restando assorbite anche le questioni proposte con riguardo alla portata del D.L. n. 367 del 1990, art. 11, la cui efficacia limitativa è stata fatta segno alla sopravvenuta norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 136 del 2004, art. 8 septies, conv. in L. n. 186 del 2004, che ha anche sostituito, nell’art. 2, comma 2 cit., alle parole “..

di lire” … le parole “… fino a lire …”, una interpretazione che questa Corte ha più volte ritenuto assolutamente in linea con il disposto dell’art. 81 Cost. (da Cass. 20430/05) e della quale la Corte Costituzionale, con la sentenza 135 del 2006, ha escluso alcun profilo di illegittimità costituzionale.

L’accoglimento, per le esposte ragioni, del ricorso del Ministero comporta, come a suo tempo affermato da questa Corte in vicenda processuale identica a quella in disamina (vd. Cass. n. 20441 del 2005), la definizione del rapporto processuale con pronunzia assolutoria del Ministero adottabile ex art. 384 c.p.c. non dovendo infatti essere disposto alcun rinvio per l’esame della originaria domanda di condanna della Regione; l’ A. infatti aveva chiesto la condanna diretta della Regione al GdP e, avendo tal giudice deciso per la condanna diretta del chiamato Ministero, l’attore si risolse a proporre appello incidentale riproponendo la sua domanda di condanna diretta o quantomeno solidale della Regione. Ma il Tribunale di Lecce, non solo ha rigettato l’appello del Ministero ma ha anche respinto la impugnazione incidentale dell’ A., sul rilievo che la condanna diretta del solo Ministero fosse conforme a diritto.

Ebbene, poichè l’interessato ha omesso di ricorrere in via principale od incidentale avverso tale errata statuizione, ne consegue che sulla inesistenza di azione diretta dell’agricoltore verso la Regione si è formato il giudicato.

Spese compensate per ragioni di equità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte dall’avente diritto al contributo e dalla Regione nei confronti del Ministero delle P.A.F.; compensa le spese del giudizio tra le parti.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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