Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3810 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 14/02/2020), n.3810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13264-2018 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA 97103880585, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPS 175,

presso la sede FUNZIONI AFFARI LEGALI dell’Istituto medesimo,

rappresentata e difesa dagli avvocati MAURO PANZOLINI, ROSSANA

CATALDI;

– ricorrente –

contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 2,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO ANTONIO SCALISE,

rappresentata e difesa dall’avvocato LAURA VITA;

– controricorrente –

contro

BANCA SAI SPA;

– intimatia-

avverso la sentenza n. 7092/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Roma, con sentenza dell’11 febbraio 2013, rigettava la domanda proposta da Milano Assicurazioni s.p.a. nei confronti di Poste Italiane s.p.a. avente ad oggetto la condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 4.300,00 portata da un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità emesso da Banca SAI s.p.a. in favore di C.F. e posto all’incasso da persona diversa dalla predetta.

2. In sede di gravame. la sententi di primo grado veniva

riformata con condanna di Poste Italiane al pagamento, in favore di Milano Assicurazioni, della nominata somma di Euro 4.300,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi. La Corte di appello di Roma rilevava che Poste Italiane fosse responsabile dell’erroneo pagamento a prescindere dalla sussistenza di una propria colpa nella identificazione del prenditore del titolo; la banca stessa era dunque obbligata al risarcimento del danno subito dalla traente appellante per il sol fatto che quest’ultima si era vista obbligata ad eseguire un secondo pagamento della medesima somma portata dall’assegno in favore del legittimo beneficiario.

3. – Contro tale sentenza, resa l’8 novembre 2017, Poste Italiane ha proposto un ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Resiste con controricorso UNIPOLSAI, subentrata nella posizione di Milano Assicurazioni. Sono state depositate memorie.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso possono riassumersi come segue.

Primo motivo: violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1763 del 1933, art. 43, nonchè degli artt. 1176 e 1992 c.c., in relazione alla diligenza osservata da poste Italiane nell’esecuzione del pagamento. Rileva in sintesi la ricorrente che la Corte di merito non potesse astenersi dal valutare l’imputabilità dell’inadempimento della banca negoziatrice.

Secondo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 1176,1189 e 1992 c.c., in relazione R.D. n. 1763 del 1933, art. 43, e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Deduce la ricorrente di aver controllato l’autenticità della firma del soggetto che aveva proceduto alla girata per l’incasso e che la propria condotta avrebbe dovuto essere considerata esente da censure, così come ritenuto dal giudice di prime cure.

Terzo motivo: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 156 del 1973, art. 83 e del D.M. 26 febbraio 2004, in riferimento all’art. 1227 c.c., comma 1. La censura investe l’affermazione del giudice distrettuale secondo cui sul nesso di causalità relativo al danno lamentato non potesse incidere la circostanza dell’invio dell’assegno non trasferibile a mezzo di posta ordinaria; si sostiene, al riguardo, che la spedizione del titolo a mezzo di corrispondenza assicurata avrebbe costituito un comportamento diligente da parte dell’odierna controricorrente: una forma di cautela diretta a evitare, o quantomeno a contenere, il pregiudizio occorso.

Quarto motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione al criterio di riparto dell’onere probatorio e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. La doglianza si dirige contro l’affermazione del giudice di appello secondo cui il danno sussisterebbe a prescindere dal nuovo pagamento dell’assegno all’effettiva beneficiaria: secondo l’istante, la Corte di merito avrebbe attribuito rilievo a un danno meramente potenziale.

2. – Nei termini che si vengono a esporre vanno accolti i primi due motivi di ricorso.

Le Sezioni Unite di questa Corte, componendo un contrasto di giurisprudenza determinatosi sul punto che qui interessa, hanno affermato, in conformità di un indirizzo, non pacifico, tracciato dalla risalente Cass. 9 luglio 1968, n. 2360, che la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato, per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo, dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2 (Cass. Sez. U. 21 maggio 2018, n. 12477).

In tal senso, la sentenza impugnata, che ha ritenuto doversi prescindere dall’accertamento della colpa della banca negoziatrice nell’identificazione del soggetto che ha presentato l’assegno per l’incasso, merita censura e deve essere cassata.

Le questioni sollevate da UNIPOLSAI nel proprio controricorso ineriscono all’accertamento in fatto della responsabilità di Poste Italiane: accertamento che la Corte di appello ha mancato di porre in essere; tali questioni sono naturalmente rimesse al giudice del rinvio.

Non appare allora giustificata la richiesta della ricorrente, formulata in memoria, diretta ad ottenere un differimento della trattazione della presente impugnazione, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione circa la diligenza che si richiede alla banca in caso di negoziazione di assegno non trasferibile L’esito del giudizio di legittimità non è difatti condizionato dalla decisione delle Sezioni Unite, dal momento che l’error juris in cui è incorsa la Corte di appello da solo giustifica la cassazione della sentenza impugnata e assorbe ogni altro tema di indagine, devoluto, come si è detto, al giudice del rinvio.

Per questa stessa ragione rimangono assorbite le censure articolate negli ultimi due motivi.

3. – La sentenza impugnata è dunque cassata. La Corte di appello di Roma, cui la causa è rinviata, dovrà fare applicazione del richiamato principio di diritto. Alla stessa Corte è devoluta la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6′ Sezione Civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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