Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3809 del 18/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3809 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 4011-2008 proposto da:
FISSI

ANDREA

FSSNDR62P041684T,

FISSI

ALESSANDRO

FSSLSN54D031684U, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE ANGELICO 36-B, presso lo studio dell’avvocato
SCARDIGLI MASSIMO, rappresentati e difesi
dall’avvocato BACCETTI ROBERTO;
– ricorrenti –

2014

contro

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BENELLI MARIA BNLMRA35S65G999H,
BNLRRT38R27G999E,

BENELLI

BENELLI ROBERTO

PAOLA BNLPLA41M68L833Z,

BENELLI STEFANO BNLSFN48CO3D612K, BENELLI BERARDI LUCA

Data pubblicazione: 18/02/2014

BNLLCU69D22D612L,

BENELLI

BERARDI

JACOPO

BNLJCP71D15D612F, in proprio e quali eredi di BELLAND1
LUIGIA BNLLCA22L48Z112U, e BENELLI GIORGIO
BNLGRG28E04G999V e BENELLI ALICE BNLLCA22L48Z112U,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BRESSANONE 3,

LUISA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato NIDIACI UMBERTO;
GENSINI

MARCO

GNSMRC57D151684N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58, presso lo studio
dell’avvocato MOLINO CLAUDIA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NACCARATO PAOLO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 529/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 29/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato CLAUDIA MOLINO difensore di GENSINI
MARCO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

presso lo studio dell’avvocato CASOTTI CANTATORE MARIA

Fissi-Bellini-Gensini
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 19.3.1992 Marco Gensini conveniva in
giudizio dinnanzi al tribunale di Firenze, Arrigo Fissi, deducendo di avere

costruzione ubicati in agro del comune di Sesto Fiorentino dai proprietari
Benelli e che tali manufatti risultavano occupati senza titolo dal convenuto
Fissi,che non aveva inteso restituirli; chiedeva quindi che venisse ingiunto a
quest’ultimo il rilascio di tali locali in suo favore, oltre al risarcimento dei danni
conseguenti al ritardo nella consegna di tali costruzioni.
Si costituiva Arrigo Fissi, contestando la domanda avversaria e chiedendo in via
riconvenzionale dichiararsi l’avvenuto acquisto per usucapione della proprietà
dei locali in esame in quanto da lui posseduti in modo continuo ed ininterrotto da
moltissimi anni; precisava che tali immobili erano limitrofi ad una casa colonica
da lui acquistata con atto notarile del 22.1.1963 in occasione della cessazione
del rapporto di mezzadria che lo legava alla famiglia Benelli, originaria
proprietaria del podere e dei cespiti immobiliari in questione.
L’attore Gensini, quindi, su autorizzazione del magistrato, chiamava in giudizio i
suoi venditori, i sigg.ri Bellandi e Benelli per essere da essi garantito in ipotesi di
evizione.
L’adito Tribunale, all’esito dell’esperita istruttoria, rigettava la domanda principale
di rilascio formulata dal Gensini ed in accoglimento della riconvenzionale del

Corte Suprema di Cassazione — 11 sez.

dr. G. A. Bursese-

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acquistato con atto pubblico 14.6.91 tre piccoli fabbricati rurali di vecchia

Fissi,

dichiarava

l’avvenuta

usucapione

in

favore

di

lui,

della proprietà dei due locali in questione; accoglieva, altresì, la domanda di
garanzia proposta dall’attore condannando i Bellandi-Benelli al pagamento di L.
130.000.000 ( con rivalutazione ed interessi) in favore dello stesso Gensini a

La sentenza veniva appellata dai Bellandi — Benelli secondo i quali dall’istruttoria
espletata non era affatto emerso né un possesso continuo e pacifico della res,
utile ai fini dell’usucapione, né l’intento del Fissi di tenere la cosa per sé.
Resistevano Alessandro ed Andrea Fissi, quali eredi di Arrigo Fissi, nelle more
deceduto; formulava appello incidentale anche il Gensini, che insisteva in specie
per l’accoglimento della propria domanda di danni conseguenti al mancato
rilascio dei locali.
Disposta ed espletata la CTU, l’adita Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n.
529/2007, depositata in data 29.3.2007, in accoglimento dell’appello principale e
di quello incidentale, rigettava la domanda riconvenzionale di Arrigo Fissi,
condannando conseguentemente Andrea e Alessandro Fissi a riconsegnare i
locali al Gensini oltre al pagamento in suo favore della somma di € 43.640,61 —
con rivalutazione ed interessi- nonché delle spese del doppio grado.
Secondo la corte fiorentina non era stata fornita la prova da parte del Fissi della
costante esplicazione del proprio potere di fatto sulla res

corrispondente al

diritto reale che il Fissi stesso assume di avere posseduto, oltre che della
manifestazione di tale potere rispetto ai terzi; era mancata infine la prova del

Corte Suprema di Cassaz”

v. – est. dr. G. A. Bursese-

4

titolo di restituzione del prezzo pagato per l’acquisto dei fabbricati.

tempus usucapionis necessario al maturare del periodo richiesto dall’ad. 1158

c.c.
Per la cassazione

la suddetta decisione ricorrono i Fissi sulla base di 2

mezzi; resistono con controricorso sia i Benelli che Marco Gensini.

1 – Con il primo motivo ricorrenti denunciano il vizio di motivazione della
sentenza su un punto rilevante e controverso: la Code non avrebbe tenuto conto
del fatto controverso e decisivo, che il potere di fatto esercitato da Fissi sui tre
fabbricati era invero incontestato, tanto che nello stesso atto di acquisto di
Gensini era precisato che gli immobili alienati erano occupati da “terzi”. Quindi,
tale circostanza pacifica avrebbe comportato l’applicazione della presunzione di
possesso di cui all’ad. 1141 c.c. , implicante anche l’ “animus possidench”.
Invero sarebbe stato onere delle controparti — per evitare l’invocata usucapione provare il contrario ( cioè l’assenza di animus) e gli eventuali atti interruttivi del
possesso.
2 — Con il 2° motivo, l’ esponente denunciano la violazione dell’ad. 2697 c.c. e
dell’ad. 115 c.p.c.; l’erronea valutazione delle prove con riferimento alle
argomentazioni di cui al precedente motivo.
Entrambe le doglianze — unitariamente esaminate — non sono fondate.
Giova sottolineare che i controricorrenti hanno inteso evidenziare che il Fissi,
essendo mezzadro, era un semplice detentore e non un possessore dei cespiti
in questione, per cui egli non poteva usucapire gli immobili.

Corte Suprema di Cassai4eytT sez. civ. – est. dr. G. A. Bursese-

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MOTIVI DELLE DECISIONE

L’osservazione è condivisibile: in effetti il Fissi aveva avuto ab origine il
godimento dei cespiti a titolo di mezzadria, quindi era un mero detentore che
tale è rimasto, anche al termine di tale rapporto, nell’ambito del quale ha
continuato ad occupare gli immobili sia pure senza titolo alcuno. Quindi, anche

anche prima), essa in quanto espressione di detenzione e non di possesso uti
dominus, non poteva giovare ai fini dell’usucapione, essendo mancato il

necessario mutamento della detenzione in possesso ai sensi dell’art. 1141 , 2°
co. c.c. , secondo cui :” Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non
può acquistare il possesso finche il titolo non venga ad essere mutato per causa
proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il
possessore”.
Nella fattispecie non vi è stata valida interversio in quanto l’acquisto del Fissi
aveva riguardato solo la casa colonica ma non i tre piccoli fabbricati poi venduti
al Gensini, che dunque egli non aveva mai potuto possedere uti dominus:
pertanto nella fattispecie non si applica il 1° ( presunzione del possesso), ma il 2°
comma dell’art. 1141 c.c. ( interversio possessionis).
Ed invero, secondo questa S.C. “: La presunzione del possesso in colui che
esercita un potere di fatto, a norma dell’art. 1141 c.c. non opera quando la
relazione con il bene non consegua ad un atto volontario d’apprensione, ma
derivi da un iniziale atto o fatto del proprietario-possessore. In tal caso, per la
trasformazione della detenzione in possesso occorre un mutamento del titolo

Corte Suprema di Cassazione

sez. iv. – est. dr. G. A. Bursese-

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ammesso che l’occupazione dei tre fabbricati fosse iniziata fin dal 1963 ( e forse

che non può aver luogo mediante un mero atto di volizione interna, ma deve
risultare dal compimento di idonee attività materiali di specifica opposizione al
proprietario-possessore, quale, ad esempio, l’arbitrario rifiuto della restituzione
del bene; non sono, pertanto, sufficienti atti corrispondenti all’esercizio del

vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene ( Cass. Sez. 6 – 2,
ordinanza n. 14593 del 04/07/2011; Cass. sentenza n. 5419 del 08/03/2011).
In sintesi il ricorso dev’essere rigettato; le spese seguono la soccombenza
e sono liquidate in € .

2.300.00 in favore di

ciascuna delle parti

controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte

rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

processuali, che liquida in favore di ciascuna delle parti controricorrenti in €
2.300,00, di cui € 200,00 per esborsi,
In Roma li 9 gennaio 2014
IL PRE

IL CONSIGLIERE EST.

(dott. L

(dott. Ganqitonio Bursese)

IIF

o
Giudiziad°

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

8 Fa 2014

possesso, che di per sé denunciano unicamente un abuso della situazione di

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