Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3805 del 14/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 14/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.14/02/2017), n. 3805
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 442/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
L.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3117/39/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 5/05/2015,
depositata il 28/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO
MOCCI.
Fatto
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., Delib. di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di L.L. avverso un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP, per l’anno 2005.
Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che la sentenza impugnata avrebbe dovuto essere confermata.
Il ricorso è affidato a due motivi.
Col primo, si assume violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 2 e art. 61, comma 3, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per l’assoluta lacunosità della motivazione. Col secondo, si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR avrebbe omesso di considerare che il contribuente non aveva fornito una valida prova contraria.
L’intimato non si è costituito.
Entrambi i motivi sono pienamente fondati.
Per un verso, la sentenza della CTR non dà alcuna contezza delle ragioni del rigetto del gravame, nonostante nella parte narrativa avesse illustrato le doglianze dell’Ufficio.
Per altro verso, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Sez. 5, n. 4829 dell’11/03/2015; Sez. 5, n. 26111 del 30/12/2015).
I giudici di merito non si sono dunque attenuti ai principi di cui sopra.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017