Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3804 del 18/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3804 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 25938/12 proposto da:

– Luigi BORELLA ( c.f.: BRL LGU 30M23 I527L)
rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Iannetti ed elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’avv. Aleandro Tinelli, con studio in Roma, via Oslavia n.30
– Ricorrentecontro

Paolo ANGELETTI BARBIERI ( c.f.: NGL PLA 34L05 H945S);
Luciana ANGELETTI BARBIERI ( c.f.: NGL LCN 35T59 A944P)
parti entrambe rappresentate e difese, per procura in calce al controricorso, dall’avv.
Ada Valeria Fabj ed elettivamente domiciliata in Roma, via Lea Padovani n.69 presso lo
studio dell’avv. Maurilio Piacenti
– Controricorrenti- –

Avverso la sentenza non definitiva n. 163 della Corte di Appello di
Bologna, pubblicata il 13 febbraio 2009 nonché contro la sentenza definitiva n.
416 emessa dalla medesima Corte, pubblicata il 15 marzo 2012 e non notificata

Data pubblicazione: 18/02/2014

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’ 11/12/2013 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Giovanni Iannetti per il ricorrente, che ha insistito per raccoglimento
del ricorso ;

del ricorso ;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Vincenzo Gambardella , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in
subordine, per il suo rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
i – I fratelli Paolo e Giuliana Angeletti Barbieri , con atto notificato il 5 aprile 1994,
citarono Luigi Borella innanzi al Tribunale di Rimini esponendo di detenere la totalità
delle quote della srl MOSI, proprietaria di un cospicuo patrimonio immobiliare in
Riccione; avendo in animo di vendere gli immobili, nel corso del 1992 sarebbero entrati
in contatto con il Borella, presentatosi come persona particolarmente facoltosa, il quale
si era dimostrato interessato, non solo agli immobili ma anche alla produzione artistica
di Paolo Angeletti Barbieri , pittore e ceramista; essendo a ciò indotti dalla apparente
solvibilità del predetto Borella, avevano sottoscritto, il 4 agosto 1994, due contratti: con
il primo avevano promesso di cedergli le quote della srl MOSI — cessione poi avvenuta
nel mese di settembre dello stesso anno — a fronte della costituzione in loro favore di
una rendita vitalizia di lire 15 milioni mensili; con il secondo , denominato contratto di
prestazione d’opera o di collaborazione artistica, il solo Paolo Angeletti Barbieri si era
impegnato a prestare la propria attività artistica in favore del Borella e quest’ultimo si
era obbligato a promuoverne la pubblidzzazione — nella prospettiva di una futura
attività, in comune anche con la sorella per primo, di gestione di una casa d’astenonché a versare il 25% degli utili che ne sarebbero conseguiti; in anticipazione di detti
futuri utili il Borella avrebbe dovuto versare la somma di lire 450 milioni, con varie

Udito l’avv. Maurilio Piacenti per il controricorrente, che ha insistito per il rigetto

scadenze e, in caso di inadempienza, le somme anticipate sarebbero state restituite in
ragione di lire 1.500.000 mensili. Con altra scrittura privata in pari data era stato
convenuto che i prestiti che eventualmente il Borella avesse concesso, sarebbero stati
restituiti mediante la detrazione di lire 1.500.000 mensili dal vitalizio, sino alla

state sottoscritti altri impegni negoziali aventi ad oggetto la cessione dei mobili e degli
arredi esistenti nelle ville dei due germani.

2 — Non avendo il convenuto adempiuto agli impegni presi ed essendo invece risultato
che le sue condizioni economiche non avevano la consistenza prospettata, essendo il
suo patrimonio gravato da ipoteche, le parti attrici conclusero perché fosse risolto sia il
contratto di vitalizio, con la conseguente restituzione delle quote cedute, sia il contratto
di prestazione d’opera, con la condanna del Borella al pagamento di lire 200 milioni ed
al risarcimento dei danni per la mancata esecuzione del contratto, quantificati in lire 400
milioni.

3 — Il Borella si costituì resistendo alle domande attrici e svolgendo domanda
riconvenzionale diretta: a far dichiarare l’avvenuta risoluzione consensuale del contratto
di collaborazione artistica; a far accertare l’avvenuto pagamento della somma di oltre
125 milioni di lire per rate di rendita vitalizia; a far appurare che aveva altresì versato lire
614.230.000 in conto dei compensi che sarebbero maturati in favore di Paolo Angeletti
Barbieri per il contratto di collaborazione artistica; a far accertare il suo diritto ad
ottenere le somme sborsate, mediante riduzione dell’assegno vitalizio mensile,in ragione
di lire 1.500.000 per ogni cento milioni di lire esborsati, con la conseguente
determinazione di detto assegno nella minor somma di lire 5.803.000 mensili. Chiese
inoltre che le parti attrici fossero condannate ad estinguere il credito ipotecario vantato
da istituti di credito sugli immobili facenti parte del patrimonio della società MOSI o, in
subordine, a rimborsargli le somme che avesse dovuto erogare per il medesimo scopo.
Svolse ulteriore domanda subordinata per la risoluzione del contratto di prestazione

concorrenza di lire 100 milioni. Dopo tali contratti ed in epoca ad essi prossima, erano

d’opera artistica per inadempimento di Paolo Angeletti Barbieri , con il conseguente
risarcimento del danno in via equitativa.

4 — L’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 424 /2000, ritenne che tra le parti
fosse intercorso un unico contratto atipico e risolse per inadempimento del convenuto

milioni “ad integrazione delle anticipazioni convenute” nonché a versare a Paolo
Angeletti Barbieri lire 30 milioni per il risarcimento dei danni morali e ad entrambi i
germani analoga somma per il risarcimento del danno da inadempimento per il
contratto di vitalizio e, infine alla restituzione delle quote della società MOSI .

5 — La Corte di Appello di Bologna, decidendo sull’impugnazione principale del Borella
e su quella incidentale delle controparti, con sentenza n. 676/2003, ritenne l’esistenza
di due autonomi contratti tipici , tra loro collegati, di cui il primo costitutivo di una
rendita vitalizia ed il secondo avente ad oggetto una collaborazione artistica; giudicò che
il primo negozio non ammettesse la risoluzione in caso di mancato pagamento delle rate
di rendita , essendo concesso al vitaliziando di ottenere il sequestro — già concesso in
corso di causa- e la vendita dei beni dell’obbligato al fine di ottenere, con il ricavato di
essa, il pagamento dei ratei rimasti insoluti; giudicò altresì che il contratto di
collaborazione artistica non avesse avuto neppure un inizio di esecuzione e che si fosse
sciolto per mutuo consenso, residuando dunque l’obbligo di Paolo Angeletti Barbieri di
restituire quanto ricevuto a titolo di anticipazioni, per un importo che andava
determinato in un separato giudizio, nell’impossibilità di ricostruire i complessi rapporti
contabili tra le parti e quindi l’ammontare preciso delle somme corrisposte dal Borella,
stante la richiesta di condanna generica alla loro restituzione, contenuta nell’atto di
appello.

6 — La Corte di Cassazione, decidendo sui ricorsi, principale ed incidentale, promossi
dalle contrapposte parti, con sentenza n. 5851/2006, ritenne che, pur essendo
condivisibili i principi richiamati nella decisione della Corte territoriale in merito alla

entrambi gli accordi del 4 agosto 1992; condannò il medesimo al pagamento di lire 200

non riconducibilità dei due accordi ad un unico contratto atipico, tuttavia il giudice
dell’impugnazione di merito avrebbe trascurato la valutazione di alcune emergenze
probatorie che avevano indotto invece il Tribunale a ritenere esistente la fusione dei due
contratti in unico negozio complesso, in virtù di un collegamento negoziale; del pari

siccome non provata, la domanda di annullamento (erroneamente qualificata come di
risoluzione) per dolo dei due contratti ( o eventualmente di quell’unico negozio
risultante dalla novellata attività interpretativa commessa al giudice del rinvio) , avendo
il giudice dell’appello trascurato una serie di fatti addotti dagli Angeletti Barbieri come
pure l’esistenza di un procedimento penale per truffa a carico del Borella per gli stessi
fatti oggetto del procedimento civile, essendo ancora valutabili, in quest’ultimo, le prove
accertate nel primo processo.

7 — Decidendo in sede di rinvio la Corte di Appello di Bologna, con sentenza non
definitiva n. 163/2009, annullò per dolo determinante il contratto di rendita vitalizia e
quello di collaborazione artistica, dopo aver compiuto un’analisi delle circostanze
portate anche dalla sentenza penale che aveva condannato il Borella per il reato di
truffa; condannò il predetto al pagamento del valore delle quote della srl MOSI — non
essendo più possibile la restituzione delle medesime, essendo stata ceduta e poi
cancellata, la predetta società, nel corso di causa – nonché al risarcimento del danno;
dichiarò l’inefficacia delle disposte misure cautelari — sequestro delle quote della società;
demandò al prosieguo del giudizio non solo la determinazione del valore delle quote
della srl MOSI al momento della cessione ma altresì la identificazione delle somme
ricevute ai fratelli Angeletti Barbieri a titolo di anticipazioni in relazione al contratto di
opera o collaborazione artistica.

7 – Il giudice del rinvio, con sentenza definitiva n. 416/2012, ritenne che, sulla base
delle acquisizioni probatorie della pregressa fase di merito, non fosse stata dimostrata
l’esistenza di un danno per l’annullamento per dolo ; quanto poi agli effetti restitutori

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non sufficientemente motivata fu dalla Corte giudicata la decisione di disattendere,

del valore delle quote determinò il valore delle stesse in euro 766.856,33 ed accertò che
gli Angeletti Barbieri avrebbero dovuto restituire al Borella l’importo di euro 195.221,00
condannando quest’ultimo al pagamento della differenza.

7- Per la cassazione di entrambe le suindicate decisioni ha proposto ricorso il Borella,

Barbieri hanno resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Va, per pregiudizialità logica, esaminata l’eccezione di preclusione della
impugnazione della sentenza non definitiva n.163/2009 svolta dai contro ricorrenti che,
sul punto, osservano come il Borella, all’udienza del 21 aprile 2009 ( prima utile dopo la
detta decisione , fissata a seguito della coeva ordinanza di prosecuzione del giudizio al
fine di nominare CTU contabile) non formulò riserva di impugnazione differita:
l’eccezione è fondata in quanto, riscontrata ex actis l’esattezza della deduzione di fatto
sopra esposta, il termine lungo per l’impugnazione in sede di legittimità sarebbe scaduto
il 31 marzo 2010, a fronte di un ricorso per cassazione notificato il 12 novembre 2012
contro entrambe le decisioni.
I.a — Ne consegue che sono inammissibili, in quanto riferibili alla sentenza n. 163/2009
i primi quattro motivi di ricorso relativi:
1 — all’eccezione di intervenuta estinzione del giudizio civile in seguito
all’avvenuta costituzione di parte civile degli Angeletti Barbieri nel giudizio
penale per truffa instaurato nei confronti del Borella;
2 — al vizio di motivazione in ordine alla qualificazione degli accordi intercorsi tra
le parti, asseritamente connessi da un collegamento negoziale;
3 — al vizio di motivazione attinente alla dedotta violazione del contratto di
vitalizio per carenza di alea e quindi per difetto della sua causa tipica;
4 — al vizio di motivazione relativo alla sussistenza del dolo fraudatorio ed alla
sua incidenza sulla determinazione della volontà a contrarre;

facendo valere sei motivi di annullamento, depositando altresì memoria; gli Angeletti

forma invece tutt’ora oggetto dell’esame della Corte — nonostante il contrario
opinamento dei contro ricorrenti- il quinto motivo di ricorso, relativo alla
determinazione del valore delle quote della srl MOSI , nonché il sesto, attinente alla
determinazione delle somme conferite dal ricorrente ai germani Angeletti Barbieri.

profili del vizio di motivazione illustrati dall’art. 360, I comma, n.5 cpc in cui sarebbe
incorsa la Corte del rinvio nel determinare il valore delle quote della società MOSI al
momento della cessione dell’agosto del 1992.

II.a – Rinviene parte ricorrente un vizio logico nella gravata decisione laddove la Corte
felsinea avrebbe dato piena adesione alle risultanze della consulenza tecnica di ufficio,
non considerando l’influenza che avrebbe rivestito nella richiesta quantificazione lo
stretto collegamento negoziale con il negozio di vitalizio; non valutando che la relazione
fornita all’assemblea della società per deliberare la cessione delle quote non avrebbe
potuto dirsi veritiera perché avrebbe taciuto sull’esistenza: di altri debiti nella MOSI ; di
spese di gestione; di obbligazioni per il compenso verso l’amministratore, così che
l’accordo avrebbe potuto al più rivestire la funzione di contratto preliminare; denunzia
altresì il ricorrente che il consulente d’ufficio non avrebbe conteggiato quanto versato in
più riprese in favore dei fratelli Angeletti Barbieri.

II.a.1 – Conclude il ricorrente sostenendo che la continua richiesta di elargizioni di
somme da parte dei predetti — al fine di “coprire” le ingravescenti passività societarieavrebbe permesso di contestare la qualificazione di truffatore che troppo
frettolosamente gli era stata attribuita, ritenendo invece che essa maggiormente si
attagliasse alle controparti.

II.b — Il mezzo è del tutto inidoneo a far emergere i vizi della motivazione : a — perché
viola il principio di chiarezza, accomunando tre vizi di motivazione ontologicamente
diversi e, tra questi, neppure esponendo quale sarebbe stato il prevalente; b — perché
deroga al principio di specificità del ricorso per cassazione, omettendo di focalizzare in

II — Ciò premesso, con il quinto motivo viene denunziata la sussistenza di tutti e tre i

quale punto il ricorrente avrebbe offerto la prova dei pagamenti sia al consulente di
ufficio sia al giudice del rinvio, al fine di far valutare l’omessa considerazione di tale
allegazione difensiva (con conseguente violazione del precetto di cui all’art. 115 cpc, in
relazione al vizio contemplato dall’art. 360, I comma n.3 cpc); c — perché , al postutto,

ragionevolmente era pervenuta la Corte del merito in sede di rinvio, unico giudice delle
prove offerte, suggerendo all’uopo una complessiva rivalutazione di tutte le emergenze
istruttorie (così a fol 67 del ricorso).

III — Con il sesto motivo — strettamente connesso al precedente – viene nuovamente
denunziato un triplice vizio di motivazione laddove la Corte del merito non avrebbe
correttamente determinato le somme reciprocamente dovute dalle parti: detta critica si
appunta essenzialmente sulla condivisione della Corte di Appello delle conclusioni del
consulente tecnico di ufficio a cui appunto era stato commesso di accertare sia il valore
delle quote della srl MOSI al momento della cessione sia di verificare quali somme lo
stesso ricorrente avrebbe corrisposto ai fratelli Angeletti Barbieri.

III.a — Sostiene innanzi tutto il ricorrente che l’ausiliare non avrebbe tenuto conto,
nella stima delle quote, dell’incidenza: 1 — del mutuo, garantito dall’ipoteca iscritta dalla
BNL, sugli immobili che costituivano il patrimonio sociale, statuendo arbitrariamente
che le rate scadute di esso non avrebbero potuto essere conteggiate nel passivo della
società, in considerazione dell’accollo di esse fattone dai cedenti, non considerando
però che i fratelli Angeletti Barbieri non avevano onorato tale obbligazione; 2 — delle
somme dovute a titolo di INVIM — ritenendo oltretutto applicabile la revisione delle
rendite intervenuta nel 1993 a seguito della legge n. 75/1993 ; 3 — dei compensi
liquidati in favore dell’amministratore unico; 4— di tutte le spese di gestione

III.a.1 — La censura espressa nel mezzo si estende altresì, come visto, anche alla
determinazione delle somme che lo stesso Borella avrebbe versato ai contro ricorrenti,
dolendosi il ricorrente che alcuni importi sarebbero stati esclusi dal consulente con

si limita inammissibilmente a non condividere gli approdi interpretativi cui

:

criteri del tutto arbitrari: in particolare denunzia che non sarebbe consentito al CTU
valutare , nella determinazione di quali somme sarebbero da defalcare perché risultate
pagate ai cedenti, l’applicabilità di norme codicistiche sull’efficacia probatoria delle
scritture contabili ( avendo l’ausiliare escluso dal computo i documenti “incerti” —

leggibili o dubbie- nonché quelli “non idonei” — in quanto non recanti l’indicazione del
percettore delle somme-), dovendosi invece limitarsi ad illustrare una situazione di fatto
e non dovendosi invece spingersi ad interpretarla, non tenendo conto della non
contestazione delle parti contro le quali tali emergenze istruttorie avrebbero dovuto far
prova e spingendosi a ritenere non attribuibile agli accipientes ricevute da questi ultimi
chiaramente sottoscritte e non disconosciute.

III.b — Il mezzo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
III.b.1 — Va innanzi tutto osservato che , nonostante il sindacato involgente —
contemporaneamente- i tre aspetti che può assumere il vizio della motivazione
giudiziale indicati nell’art. 360 , I comma, n.5 cpc e come tale già di per sé fonte di
inammissibilità del motivo, appare chiaro che il difetto che -vuolsi far emergere è quello
di una motivazione insufficiente a chiarire le ragioni della valutazione del valore delle
quote e della identificazione delle somme conferite dal Borella alle sue controparti
negoziali ( v. specificamente fol 79 del ricorso).

III.b.2 Posto ciò però parte ricorrente cade in un evidente travisamento del contenuto
della sentenza che va ad impugnare laddove ritiene che la Corte distrettuale abbia fatto
acritico riferimento alle emergenze della CTU , atteso che, quanto alla considerazione
del mutuo BNL , lo stesso, contrariamente all’opinamento espresso dall’ausiliare, è stato
conteggiato quale posta passiva ; del pari le somme ritenute come pacificamente
ricevute e pagate sono state tratte non già solo dalla relazione della consulenza di
ufficio, quanto piuttosto dalle oramai non più contestabili risultanze della sentenza
penale di condanna per truffa ai danni del Borella, passata in giudicato.

9

rappresentati da appunti scritti su pezzi di carta e ricevute, con forme di quietanza non

III.b.3 — Quanto poi al mancato conteggio dei compensi all’amministratore; alle spese
di gestione ed alla applicabilità della legge 73/2003, la mancata riproduzione dei passi
della relazione tecnica, a cui la Corte territoriale fece riferimento, rendono inammissibile
il mezzo, perché in violazione del canone di specificità del motivo — inveratosi nella

porre a confronto la motivazione adesiva della Corte del merito, da un lato con la
emergenza, processualmente idonea, di tali dati valutativi e dall’altro con le risposte che
sul punto il CTU avrebbe fornito alla Corte distrettuale.

IV — Il ricorso contro la sentenza definitiva va rigettato, mentre quello avverso la
sentenza non definitiva va dichiarato inammissibile, con onere di spese sul ricorrente,
secondo la indicazione contenuta in dispositivo

P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza non definitiva n. 163/2009 della
Corte di Appello di Bologna; rigetta il ricorso contro la pronunzia definitiva n.
416/2012 della medesima Corte del merito; condanna parte ricorrente al pagamento
delle spese in favore delle parti contro ricorrenti, liquidandole in complessivi euro
10.700,00 di cui 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma 1’11 dicembre 2013, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

fattispecie nel principio c.d. di autosufficienza del ricorso- e quindi non permettono di

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