Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3803 del 18/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3803 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 2048-2010 proposto da:
CONDOMINIO CORSO BELGIO 113-115 TORINO 97615020019, IN
PERSONA DELL’AMM.RE P.T., NONCHE’ ANCHE IN PROPRIO, I
CONDOMINI CAMBURSANO MARIA LUISA, DUGHERA DARIO,
GUARNACCIA FRANCA, PICA ANNA MARIA, GORDANA PETRUSIO
MARIA, DEL GENIO FORTUNATO, CARDI’ MARIA LUCIA,
2013
2578

RUGGIERO RAFFAELE, GAVASSA GIOVANNI, LANO FRANCA,
MOGLIA LUCIA, FRANCONE LORENZO, SBAFFI MILENA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI DA
PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI
MARIO, che li rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 18/02/2014

all’avvocato GALLO CARLO EMANUELE;
– ricorrenti contro

SPANO’

ANTONINO

C.F.SPNNNN40M20B202E,

GIACOBINO

UMBERTO GRBMRT32E30L219M, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio

dell’avvocato PAOLETTI NICOLO’, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato TORCHIA MAURIZIO;
– controricorrenti nonchè contro

IPS EDILIZIA SRL

I

MARTINA ALESSANDRA, VENDOLA

ROBERTO, TODARO STEFANO, VOTTERO CIOME’ GIACOMO, MONTI
GERMANA, BOUJEAT CHRISTIAN, DAL SANTO VALTER, BRUNO
MARIA, FERRUA MARGHERITA, GIANNATTASIO ANNA REGINA,
GENTI GIORGIO, PONZETTO SIMONA, PAPPALETTERA ROBERTO,
BAJARDI ANTONELLA, LIMERUTTI GIORGIO, SANDRONE
MANUELA, MESSA FRANCESCA, SEREN BERNARDONE ADRIANO,
CORNACCHIA MICHELE, LOFORTE GIANLUCA, BERGOGLIO
ISABELLA, BOSSIO GIUSEPPINA, GATTIGLIA IVO;
POZZATO ROBERTA, ANDRA’ GIANCARLO, BERTOLA ELENA,
GAMBURSANO MARIA LUISA, CANCELLI CLEMENTE, CANOVA
GIOVANNA, CAPUTI DAMIANO, CARDI’ MARIA LUCIA,
CIAMPOLILLO EMILIA LUIGIA, CORNACCHIA MICHELE, DEL
GENIO FORTUNATO, DI GENNARO DOMENICA, DUGHERA DARIO,
GAVASSA GIOVANNI, GAVASSA GIOVANNI, GIANNETTA CARMELA,
GUARNACCIA FRANCA, LANO FRANCA, LISA LUCIANA, MOGLIA

,//
i

LUCIA, GORDANA PETRUSIO MARIA, PICA ANNA MARIA,
RUGGIERO RAFFAELE, SABA GRAZIELLA, SBAFFI MILENA,
TATE° GIOVANNI, VIBERTI GIANNI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 789/2009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito

l’Avvocato

Lorenzelli

Sabina

con

delega

depositata in udienza dell’Avv. Mario Contaldi
difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito

l’Avv.

Torchia

Maurizio

difensore

dei

controricorrenti che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di TORINO, depositata il 27/05/2009;

_

Svolgimento del processo
Umberto Giacobino e Antonino Spanò, proprietari di un fabbricato sito in
Torino corso Belgio 111, con atto di citazione del giugno 2002, convocavano
in giudizio davanti al Tribunale di Torino la IPS Edilizia srl e il Condominio

_

costruito dalla società convenuta sul mappale 17 del foglio 45 poi costituito in
condominio non era stato edificato nel rispetto delle distanze minime imposte
dalle legislazione vigente. Chiedevano che i convenuti venissero condannati
alla demolizione della porzione di immobile costruita a distanza inferiore di
dieci metri dal loro edificio

e nei confronti della società convenuta

chiedevano anche il risarcimento dei danni.
Si costituivano il Condominio e alcuni condomini, i quali contestavano la
domanda degli attori e chiedevano un differimento di udienza al fine di
_-

proporre nei confronti della società IPS Edilizia srl domanda subordinata di
manleva nel caso di accoglimento della domanda proposta degli attori. Il
Giudice disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i
condomini ritenuti litisconsorti necessari. Alcuni si costituivano e chiedevano
un differimento della prima udienza al fine di proporre domanda di manleva
nei confronti della società IPS Edilizia srl in caso di accoglimento della

,
domanda degli attori, ma non provvedevano nel termine assegnato.
Si costituiva la società IPS Edilizia srl, chiedendo il rigetto delle domande
proposte nei suoi confronti.
Il Tribunale di Torino, dopo aver dichiarato la contumacia dei condomini che
non si sono costituiti con sentenza del 2005, respingeva le domande degli
attori, ritenendo che nel caso in esame andava applicata la deroga prevista
1

di corso Belgio 113-115 ed alcuni condomini ed esponevano che l’ edificio

dall’art. 9 del DM 1444de1 1968 ultimo comma trattandosi di disposizioni
previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed
unitario di una determinata zona del territorio, chiarendo che l’adozione
avvenuta, nel caso di specie, della trasformazione della zona per sub ambiti
fosse paragonabile allo schema d trasformazione tramite piano esecutivo

unitario e che la mancata sottoscrizione di uno studio unitario d’ambito da
parte degli attori fosse irrilevante essendo sufficiente l’adesione dei proprietari
del 75% degli immobili interessati. Condannava gli attori a rifondere le spese
giudiziali alle parti in causa, condannava il condominio e i Condomini a
rifondere alla società le spese della fase cautelare avendo essi presentato
ricorso per sequestro conservativo respinto.
Avverso tale decisione proponevano appello i sigg. Giacobino e Spanò,
_
lamentando che il Tribunale aveva ritenuto applicabile al caso in esame la

deroga prevista dall’ultimo comma dell’art. 9 del DM 1444 del 1968.
Si costituivano il Condominio e gli altri condomini chiedendo il rigetto
dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado, proponendo appello
incidentale per la non corretta interpretazione circa l’applicazione della
normativa di cui all’art. 9 del DM n. 1444 del 1968.
La Corte di Appello di Torino con sentenza n. 789 del 2006, accoglieva
l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, condannava gli appellati a
demolire quella parte di fabbricato sito in Torino corso Belgio 111, che era
stata costruita a distanza inferiore di

10 metri dalla frontestante parete

?4

(

dell’edificio di proprietà, dei sigg. Gambino e Spanò. Accoglieva la domanda
di manleva

proposta nei confronti della società IPS Edilizia srl dal

Condominio e da alcuni condomini. Condannava gli appellati a rifondere agli
2

appellanti le spese giudiziali di entrambi i giudizi. Dichiarava inammissibile
l’appello incidentale
Secondo la Corte torinese la deroga di cui all’art. 9 già citato, laddove
consente di derogare alle distanze minime tra costruzioni solo nel caso di
gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazione
_

convenzionate con previsioni plano volumetriche, non era estensibile al caso
in esame perché l’intervento di trasformazione edilizia veniva attuato, non
mediante un piano particolareggiato e neppure mediante lottizzazione
convenzionata, ma attraverso la previsione di due distinti strumenti urbanistici
che per quanto inserito in uno Studio Unitario d’Ambito non era
accompagnata da alcuna indicazione idonea a garantire la realizzazione di
quel determinato assetto complessivo ed unitario della zona.

,

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal Condominio di corso

Belgio 111 di Torino e dai condomini: Del Genio Fortunato, Gambursano
Maria Luisa, Gavassa Giovanni, Cardi Maria Lucia, Sbaffi Milena, Moglia
Lucia, Francone Lorenzo, Lano Franca, Guarnaccia Franca, Ruggiero
Raffaele, Pica Anna Maria, Dughera Dario Gordana Petrusio Maria.
I sigg. Giacobino Umberto e Spanò Antonino hanno resistito con
controricorso, illustrato con memoria depositata in prossimità dell’udienza del
13 febbraio 2013.
I condomini: Andrà Giancarlo, Elena Bertola, Cancelli Clemente, Canova
Giovanna, Caputi Damiano, Giampolillo Emilia Luigia, Cornacchia Michele,
k
Di

Gennaro

Domenica

Giannetta

Carmela,

Lisa

Luciana,

Saba

Graziella,Tateo Givanni, Viberti Gianni, regolarmente intimati in questa fase,
non hanno svolto alcuna attività giudiziale.
3

All’udienza del 13 febbraio 2013 questa Corte ha disposto l’integrazione del
contraddittorio, entro 180 gironi dalla data odierna,

nei confronti : Driger

Gavasia, Lisa Guarnaccia, Maria Luisa Gamburao ,Andrà Giancarlo, Elena
Bertola, Cancelli Clemente, Canova Giovanna, Caputi Damiano, Giampolillo
Emilia Luigia, Cornacchia Michele, Di Gennaro Domenica

Carmela, Lisa Luciana, Saba Graziella, Tateo Givanni, Alessandra Martini,

_

Giannetta

Roberto Vendola, Stefano Todaro, Giacomo Giacomo Vottero, Germana
Monti, Christian Boujeat, Valter Dal Santo, Maria Bruno, Margherita Ferrua,
Giannattasio Anna, Giorgio Genti. Simona Ponzetto, Roberto Cappolettera,
Antonella Bagardi, Limerutti Giorgio, Sandfrone Manuela, Messa Francesca,
Bernardone, Michele Cornmacchioa, Gianluca Forte, Bergoglio Isabella,
Giuseppina Bossio

Ivo Gottiglia , Roberto Pozzilo, e ha invitato, con il

termine di cui sopra , il Condominio di Corso Belgio a produrre delibera
dell’assemblea condominiale, che ha autorizzato l’amministratore a stare in
giudizio.
In data 3 giugno 2013, l’avv. Contaldi ha depositato atto di integrazione del
contraddittorio, e l’avv. Emanuele Gallo ha provveduto a depositare la
delibera autorizzativa richiesta. In prossimità dell’udienza odierna il
Condominio di Corso Belgio ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione di legge (art. 360
/
n. 3 cpc.) con riferimento al disposto dell’art. 9, ultimo comma del Decreto
del Ministro dei Lavori pubblico, 2 aprile 1968 n. 1444 in relazione al
disposto dell’art. 7 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore
Generale del Comune di Torino. Avrebbe errato la Corte torinese, secondo il
4

ricorrente ,nell’aver ritenuto applicabile, al caso in esame, la disciplina di
carattere generale stabilita dall’art. 9 del DM n. 1444 del 1968 in relazione
alle distanze minime tra fabbricati, ed, ad un tempo , nell’avere escluso che la
deroga prevista nella seconda parte dell’ultimo comma dell’art. 9 fosse
riferibile anche al caso in esame al caso in esame, atteso che l’edificio di

proprietà dei ricorrenti era stato realizzato in attuazione di un Piano Esecutivo
Convenzionato, che è uno strumento di attuazione del Piano regolatore
Comunale del tutto assimilabile o al Piano particolareggiato o alla
lottizzazione convenzionata, a sensi degli artt. 32 e 43 della legge urbanistica
piemontese del 5 dicembre 1977 n. 56. Intanto, specifica il ricorrente la zona
nella quale ricadono le proprietà delle parti in causa è definita dal PRG del
Comune di Torino approvato nel 1995 come zona b) e detta zona è qualificata
dall’art. 15 delle Norme di attuazione del Piano Regolatore Generale zone
urbane di trasformazione, le parti del territorio per le quali indipendentemente
dallo stato di fatto sono previsti interventi di radicale ristrutturazione e di
nuovo impianto. A sua volta l’art. 7 della norme di attuazione del Piano
Regolatore generale prevede due possibilità di trasformazione alla lettera a) la
trasformazione unitaria e alla lettere b) la trasformazione per sub ambiti. La
trasformazione per sub ambiti è ammessa a condizione che l’amministrazione
comunale approvi uno Studio Unitario che riguarda l’intero ambito o più
ambiti qualora le schede ne prescrivono la trasformazione unitaria Ora, avuto
riguardo al caso di specie in ottemperanza all’art. 7 il Comune di Torino,
sempre secondo i ricorrenti, aveva approvato lo Studio Unitario d’Ambito
(SUA) ed aveva, altresì, stipulato la Convenzione programma. Dall’esame
della SUA il territorio che qui interessa veniva distinto in due ambiti di cui:
5

14(

l’ambito 1 era relativo a tutte le proprietà comprese nell’ambito eccetto la
proprietà dell’attore; e l’ambito 2, alla sola proprietà attorea. Veniva previsto
che la trasformazione sarebbe avvenuta attraverso la presentazione di PEC
(Piano esecutivo convenzionato), corrispondente ai due ambiti in cui risultava

nella fattispecie entrambi gli edifici per i quali è causa formavano oggetto di
piani

particolareggiati

o

lottizzazioni

convenzionate

con

previsione

planivolumetriche così come stabilito nella seconda parte dell’ultimo comma
dell’art. 9 del DM n. 1444 del 1968.
1.1.= La censura non coglie nel segno e non può essere accolta.
La Corte torinese ha correttamente identificato la situazione di fatto sottoposta
al suo esame, relativa alla distanza tra l’edificio dei sigg. Giacobino e Spanò e
,
l’edificio realizzato dalla società IPS Edilizia srl, ed, ad un tempo ha,
correttamente, interpretato ed individuato la norma applicabile alla fattispecie
esaminata. Pertanto, la sentenza impugnata non merita alcuna censura.
1.1.a).= Appare opportuno chiarire: A) che gli edifici oggetto della
controversia sono collocati nella zona che il Piano Regolatore Generale del
Comune di Torino contraddistingue con la lettera b). Detta zona è qualificata
dall’art. 15 delle Norme urbanistiche di attuazione del Piano Regolatore
Generale del Comune di Torino (NUEA) tra quelle zone definite “zone urbane
di trasformazione: le parti del territorio per le quali indipendentemente dallo
stato di fatto sono previsti interventi di radicale ristrutturazione urbanistica e
di nuovo impianto”. Per tali zone l’art. 7 del NUEA prevede due possibilità di
trasformazioni: a) una trasformazione unitaria e una trasformazione per sub
ambiti. B) che l’edificio dei sigg. Giacobino e Spanò, non formava oggetto
6

distinto il territorio oggetto di controversia. Sicché, concludono i ricorrenti,

_

del piano di lottizzazione di cui faceva parte l’edifico realizzato dalla società
IPS Edilizia srl. (l’edificio del condominio), ma formava oggetto dello Studio
Unitario d’Ambito (SUA) proposto al Comune di Torino dai danti causa degli
attuali ricorrenti, approvato dall’Amministrazione comunale con delibera n.
278797 del 1997 ed era stata stipulata la Convenzione programmata. Il caso in

esame, in particolare, integrava gli estremi di un’ipotesi di trasformazione sub
ambiti.
1.1.b).= A questa situazione di fatto va riferita —come bene ha chiarito la
Corte torinese, la normativa di cui all’art. 9 del DM n. 1444 del 1968 laddove
stabilisce, per quanto qui può interessare, che la distanza minima assoluta tra
fabbricati per le zone territoriali omogenee diverse dalla zone A e dalla zona
C dovrà essere quella
antistanti.

di ml. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici

Tuttavia, la stessa norma nell’ultima parte dell’ultimo comma

prevede che” sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti
commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani
particolareggiati

o

convenzionate

lottizzazioni

con

previsioni

planovolumetriche”. Pertanto, posto che gli edifici oggetto della controversia,
nominalisticamente, e come già si è detto, non facevano parte unitariamente di
alcun piano particolareggiato, né di alcuna lottizzazione convenzionale,
.

restava acquisito che, sic et simpliciter, la deroga prevista dall’art. 9, appena
citato, non poteva essere estesa al caso in esame. D’altra parte, come ha già
avuto modo di evidenziare questa Corte in altra occasione (sent. n. 12424 del
2010): in tema di distanze tra edifici, ove le costruzioni non siano incluse nel
medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina
sulle relative distanze non è recata dall’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. 2
7

I

V

aprile 1968, n. 1444, che consente ai Comuni di prescrivere distanze inferiori
a quelle previste dalla normativa statale, bensì dal primo comma dello stesso
art. 9, quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva.
1.1.c).= Un primo ed essenziale esame della questione oggetto della
controversia, comportava, dunque, di dover ritenere che la distanza

dall’edificio realizzato dalla società IPS Edilizia srl. (l’edificio del
condominio), doveva rispettare era quella di ml. 10 dalla parete dell’edificio
degli originari attori, così come previsto in via generale dall’art. 9 più volte
citato.
1.2.= Tuttavia, residuava l’ulteriore verifica e cioè se lo Studio Unitario
d’Ambito (SUA) e la Convenzione Programma, relativi al territorio comunale
cui appartengono entrambi gli edifici oggetto della controversia, potevano
essere equiparati per analogia, ad un piano particolareggiato o ad una

lottizzazione

convenzionata.

Sennonché,

l’equiparazione,

astrattamente

ipotizzabile, non è concretamente sostenibile essenzialmente perché, tenuto
conto della normativa di cui all’art. 32 della Legge urbanistica Piemontese n.
56 del 1977, lo Studio Unitario d’Ambito non è uno strumento urbanistico
esecutivo

al

pari

della

lottizzazione

convenzionata

o

del

piano

particolareggiato, cui fa riferimento l’ultima parte dell’ultimo comma dell’art.
9 del DM n. 1444 del 1968, ma è un programma da tradurre successivamente
in un atto di pianificazione secondaria, ovvero, in uno strumento urbanistico
esecutivo. Come bene afferma la Corte di merito, nel caso in esame, lo Studio
Unitario

d’Ambito

non

poteva

essere

assimilato

alla

lottizzazione

convenzionata o ad un piano particolareggiato, anche perché la Convenzione
programma non individuava neppure gli strumenti idonei a garantire
8

gf

l’attuazione completa dell’auspicata trasformazione della zona, tanto è vero
che la relazione illustrativa (dello Studio Unitario d’Ambito) specificava che
la trasformazione del sub ambito 2 sarebbe avvenuta sempre per mezzo di
PEC e di Concessione.
dell’assimilazione

dello

E di più, ad ulteriore conferma dell’esclusione
Studio

Unitario

d’Ambito

ad

un

piano

particolareggiato o ad una lottizzazione convenzionata, la Corte torinese ha
avuto modo di chiarire che le misure idonee ad assicurare l’azione coordinata
per garantire la progressiva attuazione degli interventi e la complessiva
trasformazione dell’ambito 2, nel caso in esame, non esistevano proprio,
perché in relazione al sub-.ambito 2, la Convenzione Programma, non poteva
che limitarsi a prendere atto che la trasformazione non era prevedibile, né che
avvenisse, né quando, perché l’area era attualmente occupata da residenza ed
attività artigianali.
_

1.3.= Correttamente, infine, la Corte torinese ha escluso anche che, nel caso in
esame, sussistessero le condizioni perché il Comune potesse esercitare i poteri
che gli venivano attribuiti dall’art. 46 della legge regionale 56/77 e, cioè
intervenire per assicurare la completa trasformazione dell’ambito territoriale
di cui si dice, nella sua interezza, e/o del sub-ambito 2. atteso che a monte
mancavano gli strumenti urbanistici per l’attuazione dei quali il Comune

,

avrebbe dovuto procedere alla delimitazione dei comparti costituenti unità di
intervento.
2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione di legge (art.
360 n. 3 e 4 cpc.) con riferimento al disposto degli artt. 342 e 346 cpc.
Avrebbe errato la Corte torinese, secondo i ricorrenti, nell’aver dichiarato
inammissibile l’appello incidentale da essi proposto avverso la sentenza del
9

k

Tribunale di Torino, laddove disapplicava la norma di cui all’art. 2 punto 25
della NUEA del Piano regolatore della Città, che limitava la prescrizione della
distanza minima di mt. 10 all’ipotesi in cui gli edifici si fronteggiavano per
uno sviluppo superiore a mt. 12,

perché formulato, riproponendo gli

argomentazioni dedotte in contrario dal Tribunale di Torino, atteso che,
essendo

l’appello

un

gravame

rinnovatorio,

può

consistere

nella

riproposizione delle domande formulate in primo grado.
2.1= Il motivo è infondato.
Corretta è la decisione della Corte di Appello di Torino laddove ha dichiarato
inammissibile l’appello incidentale che si limitava a ripetere quanto sostenuto

.

in primo grado trascurando di considerare la motivazione contenuta nella
nt
sentenza impugnata atteso che ai art. 342 tA424 cod. proc. civ. al fine di
individuare l’oggetto della domanda d’appello e stabilire l’ambito entro il quale
deve essere effettuato il riesame della sentenza impugnata – impone
all’appellante di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame
e le censure in concreto mosse alla motivazione della sentenza di primo grado,
accompagnandole con argomentazioni che confutino e contrastino le ragioni
addotte dal primo giudice, così da incrinarne il fondamento logico-giuridico.

,

2.1.a).= Come hanno precisato le Sezioni Unite di questa Corte: ai fini della
specificità dei motivi richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione delle
ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, possono
sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel
giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica
della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con
10

argomenti già esposti in primo grado e senza un’autonoma critica delle

certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal
primo giudice (Cass. SSUU. n. 28057 del 25/11/2008 e ribadita da Cass. n.
25218 del 29/11/2011)
3.= Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di legge art. 360

Lavori pubblico, 2 aprile 1968 n. 1444 in relazione al disposto dell’art. 2 delle
Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di
Torino. Secondo i ricorrenti, ove fosse accolto il secondo motivo, questa
Corte potrebbe decidere direttamente in ordine all’applicazione della
normativa di cui all’art. 2 del Piano Regolatore Generale della città di Torino.
3.1.= Il motivo rimane assorbito dal precedente.
In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati in solido al
pagamento delle spese giudiziali del presente giudizio di cassazione che
verranno liquidate con il dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione, a favore degli intimati costituiti, che
liquida in €. 3.200,00 di cui €. 200,00 per esborsi oltre accessori come per
legge.
,

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di cassazione il 1 O dicembre 2013
Il Consigliere relatore

,
WZIMAD

n. 3 cpc) con riferimento al disposto dell’art. 9 del Decreto del Ministro dei

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