Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3803 del 16/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 16/02/2011), n.3803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22785-2009 proposto da:

L.O., in proprio e quale difensore di C.

F., domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 250/2008 della Corte d’appello di Bari,

depositata in data 24/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 1.12.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Destro Carlo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Trani, l’INPS proponeva opposizione al precetto con cui il distrattario avv. L. O., anche nell’interesse del suo patrocinato C. F., in esecuzione di sentenza dello stesso Tribunale, gli aveva intimato il pagamento della somma di Euro 579,27, per differenza tra le spese portate dal titolo esecutivo e quelle effettivamente corrisposte, nonchè per onorari e diritti di precetto.

Accolta l’opposizione e dichiarata l’inefficacia del precetto, proponeva appello il L..

La Corte d’appello di Bari con sentenza 24.11.08 dichiarava inammissibile l’impugnazione, essendo la sentenza di primo grado non appellabile, ma ricorribile solo ai sensi dell’art. 111 Cost.

Riteneva, altresì, inammissibile la domanda riconvenzionale proposta in secondo grado dall’appellante con uno dei motivi di appello.

Condannava alle spese di secondo grado nella misura complessiva di Euro 900, di cui Euro 500 per onorari, il solo avv. L., unico interessato all’appello, avendo egli azionato il titolo esecutivo quale distrattario delle spese dell’originario giudizio di merito.

Proponeva ricorso per cassazione il L. lamentando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. sotto tre profili: 1. liquidazione globale dei diritti e degli onorari in modo tale da non consentire il controllo del rispetto delle tabelle; 2. violazione delle tariffe forensi; 3. mancata applicazione della prima parte dell’art. 92 c.p.c., per il quale il giudice nel pronunziare la condanna alle spese “può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue”.

Non svolgeva attività difensiva l’INPS. Il consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata alla parte interessata.

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

E’ principio consolidato che, qualora la parte alla quale vanno rimborsate le spese abbia presentato la relativa nota, è ammissibile la liquidazione globale, sempre che siano indicati separatamente onorari di avvocato e diritti di procuratore, dovendosi presumere che il giudice abbia voluto procedere alla liquidazione in conformità della nota; nel caso in cui, invece, la nota manchi, il giudice, pur avendo il potere-dovere di provvedere ugualmente alla liquidazione delle spese sulla base degli atti di causa, è tenuto ad indicarle specificamente (v. per tutte Cass. 1.8.07 n. 16993).

L’applicazione di tale principio comporta l’accoglimento del ricorso sotto i profili sopra indicati sub 1 e 2. Nel caso di specie, infatti, in mancanza di nota spese dell’INPS, parte vittoriosa, sarebbe stato compito del giudice di appello procedere alla condanna del soccombente avv. L., sulla base degli atti di causa, precisando i diritti riconosciuti per il grado di competenza, nel rispetto delle tariffe forensi e, quindi, nella somma complessiva di Euro 104 (in luogo degli Euro 400) riconosciuti con la sentenza.

Il ricorso appare, invece, infondato per il profilo sub 3. Il ricorrente ritiene che il giudice avrebbe dovuto comunque ritenere l’appello inammissibile a prescindere dalla costituzione dell’INPS (che neppure aveva rilevato la causa di inammissibilità), di modo che le spese sostenute dall’appellato sarebbero “superflue” ed avrebbero dovuto essere escluse dalla liquidazione. Tale censura tuttavia non colpisce la motivazione della sentenza nella sua interezza, in quanto il giudice di appello ha pronunziato in punto non solo di inammissibilità dell’appello ma anche di fondatezza di una domanda riconvenzionale proposta in appello dall’avv. L., di modo che la liquidazione delle spese deve ritenersi riferita anche a questa ulteriore specifica parte della pronunzia.

In questi termini, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata nei limiti dell’accoglimento.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, deve provvedersi nel merito e limitarsi la somma dovuta dall’avv. L. per diritti nel giudizio di secondo grado ad Euro 104,00.

In ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, le spese del giudizio di legittimità debbono essere compensate per la metà, ponendo a carico dell’intimato il rimanente, così come liquidato in dispositivo, con distrazione in favore dell’avv. L.O. dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza in relazione all’accoglimento e, provvedendo nel merito, limita la somma dovuta per diritti dall’avv. L.O. nel giudizio di secondo grado a Euro 104,00 (centoquattro);

compensa per la metà le spese del giudizio di legittimità e condanna l’INPS al rimanente, che liquida in Euro 15 (quindici) per esborsi ed in Euro 300 (trecento) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, con distrazione in favore dell’avv. L.O..

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011

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