Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3801 del 18/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3801 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 13263-2008 proposto da:
CAROLI RENATO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato
GIUFFRE’ ADRIANO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato RECAMI LUCA giusta delega a
margine;
– ricorrente –

2014
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contro

CONS NAZ RAGIONIERI PERITI COMMERCIALI ;
– intimato –

avverso la sentenza n. 15/2008 della CORTE D’APPELLO

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Data pubblicazione: 18/02/2014

di

TORINO,

depositata

il

03/03/2008,

R.G.N.

1238/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

udito l’Avvocato FRANCESCA GIUFFRE’ per delega;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.11 Consiglio del Collegio dei ragionieri della Provincia di Biella, nel 2006,
comminò al rag. Renato Caroli la sanzione disciplinare della radiazione
dall’albo ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 1068 del 1953. La sanzione
disciplinare venne irrogata al Caroli in seguito alla condanna dello stesso, con
sentenza passata in giudicato, per bancarotta semplice e documentale e per
bancarotta fraudolenta patrimoniale, riportata quale amministratore di fatto

Il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali, adito con ricorso ex
art. 44 dello stesso decreto, confermò la sanzione.
Il Tribunale di Biella, con sentenza del 2007, rigettò il reclamo proposto ex
art. 28 dello stesso decreto.
La Corte di appello di Torino rigettò il reclamo con sentenza del 3 marzo
2008.
2. Avverso la suddetta sentenza il rag. Caroli propone ricorso per cassazione
affidato a due motivi.
Il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali non si difende.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente va rilevata l’irrituale notificazione del ricorso al Consiglio
nazionale. Il ricorso, spedito a mezzo posta il 6 maggio 2008, è stato ritirato
dal portiere il 10 successivo, ma non risulta in atti che l’agente postale ne
abbia dato notizia al destinatario mediante lettera raccomandata, con
conseguente nullità (Cass. 4 dicembre 2012, n. 21725).
Ritiene il collegio che la fissazione del termine per la rinnovazione della
notifica si risolverebbe in un inutile dispendio di attività processuali e di
formalità superflue atteso che il ricorso è inammissibile (cfr. § successivi).
Secondo un consolidato orientamento della Corte di legittimità, «Il rispetto
del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone ai
giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire
comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso,
tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività
processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura
dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del
contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione
al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto
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di una società poi dichiarata fallita.

finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso
per cassazione “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone
sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione
del contraddittorio, ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o
inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un
aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del
giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia

2013, n. 15106).
1.1.Le stesse ragioni di economia processuale, rendono irrilevante la verifica
sulla necessità, o meno – nella speciale procedura relativa alla fase
giurisdizionale prevista per le sanzioni disciplinari dei ragionieri – della
integrazione del contraddittorio nei confronti del P.M. locale.
2.La Corte di merito, nel rigettare il reclamo proposto avverso la sentenza del
tribunale, ha preliminarmente chiarito che la illegittimità costituzionale
dell’art. 38 del d.P.R. n. 1068 del 1953, nella parte in cui prevede la
radiazione di diritto dall’albo per coloro che abbiano riportato condanna
penale per i reati indicati nel secondo comma dello stesso articolo (dichiarata
con sentenza n. 2 del 1999) non è utilmente invocabile, riferendosi la stessa
alla radiazione automatica senza il procedimento disciplinare. Procedimento
che, nella specie, si era regolarmente svolto.
Quindi, ha messo in evidenza che la sanzione è stata irrogata all’esito di una
autonoma valutazione dei fatti risultanti dal processo penale; nonché che, ai
sensi dell’art. 653, comma 1 bis. cod. proc. pen., non possono essere messi
in discussione la sussistenza del fatto, la sua illiceità penale, la commissione
da parte del Caroli; conseguentemente, ha escluso l’ammissione delle istanze
istruttorie volte a ricostruire diversamente il ruolo svolto dal Caroli nella
società dichiarata fallita.
Nel ritenere accertato il ruolo gestorio svolto dal Caroli, la Corte di merito ha
condiviso la valutazione del tribunale (e prima ancora dell’organo
amministrativo) in ordine all’incidenza del comportamento delittuoso sui
requisiti di dignità, decoro ed onorabilità richiesti per l’esercizio della
professione e ne ha riconosciuto la caratteristica di gravità, necessaria per
l’irrogazione della sanzione massima della radiazione.

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dell’effettività dei diritti processuali delle parti. (da ultimo Cass. 17 giugno

In particolare, sotto il profilo della gravità, ha messo in evidenza come le
circostanze addotte per negarla (pregressa incensuratezza, non eclatante
entità della somma distratta, destinazione delle somme all’estinzione di un
proprio credito professionale) fossero in realtà idonee a fondarla. A tal fine ha
sottolineato la stretta connessione funzionale tra il tipo di reato e le
competenze professionali; che la somma distratta coincideva pressoché
totalmente con la liquidità della società; che nessun credito professionale il

incidenza di tale condotta sui doveri deontologici, anche considerato
l’ambiente locale e ristretto in cui la condotta si era svolta.
3. Con il primo motivo di ricorso, sotto un primo profilo, si deduce omessa
pronuncia su un motivo di reclamo, relativo all’omissione di un’adeguata
indagine e motivazione sulla concreta incidenza e dannosità dei fatti
addebitati in sede penale sulla dignità e decoro della professione. Censura
che si conclude con un quesito di diritto con il quale si chiede se, ai sensi
dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 28 del d.P.R. n. 1068 del 1953, sussiste un
obbligo di pronunziarsi su tutti i motivi di impugnazione quando ciascuno di
essi sia suscettibile di determinare l’annullamento.
Sotto un secondo profilo, che si conclude con un cosiddetto quesito di fatto,
si lamenta assenza o insufficienza di motivazione circa l’esistenza di una
condotta esterna tale da far apparire ai terzi la qualità di amministratore.
3.1. Il motivo è inammissibile rispetto ad entrambi i profili censurati.
Da un lato rileva la totale inadeguatezza dei quesiti, formulati in modo
astratto e non costruiti sulla fattispecie. Dall’altro la costruzione delle censure
senza specifico e diretto riferimento alle argomentazioni della sentenza. Così
che si prescinde dall’intangibilità dell’accertamento del fatto e della
commissione da parte del Caroli – quale risultante dalla sentenza penale come messo in evidenza nella sentenza della Corte di appello, soprattutto nel
secondo profilo. Quanto al primo profilo, si ripropone la censura avanzata in
appello – relativa alla mancata valutazione dell’incidenza della condotta
penale sulla dignità e il decoro della professione – senza considerare che la
Corte di merito ha motivato (pag. 6 e 7 e ss. della sentenza) unitamente alla
considerazione della gravità del comportamento.
In definitiva, il ricorrente finisce con il prospettare una diversa ricostruzione
dei fatti, anche rispetto a quanto accertato dal giudice penale.
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professionista poteva vantare nei confronti della società fallita; la grave

4.

Con il

secondo motivo, si deduce insufficiente e contraddittoria

motivazione e si conclude con un c.d. quesito di fatto in cui si lamenta, ai fini
dell’irrogazione di una sanzione meno grave, la mancata considerazione di
alcune circostanze, quali la pregressa incensuratezza, la destinazione delle
somme a credito professionale.
4.1. Il motivo è inammissibile.
In tale direzione, rileva la contraddizione tra la denuncia di una motivazione

considerazione di circostanze valevoli per la minore gravità della sanzione.
Comunque, evidente è la richiesta alla Corte di una rivalutazione di
circostanze di fatto già fatto oggetto di valutazione da parte del giudice del
merito, con argomentazioni esaustive e logiche.
5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non avendo
gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la
pronuncia in ordine alle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2014

Il consigliere estensore

insufficiente e contraddittoria e un quesito in cui si deduce l’omessa

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