Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3801 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. I, 17/02/2010, (ud. 29/10/2009, dep. 17/02/2010), n.3801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso n. 16000/07 proposto da:

O.A.L. e S.F., elettivamente

domiciliati in Roma, via Vallebona 10, presso l’avv. Lanari Egidio,

che li rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

BANCA DI ROMA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

E

sul ricorso n. 18817/07 proposto da

CAPITALIA SERVICE J.V. s.r.l., facente parte del Gruppo Capitalia,

quale mandataria, giusta procura per atto notar Antonio Maria Zappone

di Roma in data 16 giugno 2004, rep. n. 76526, di Capitalia s.p.a.

(già Banca di Roma s.p.a.) Capogruppo del Gruppo Bancario CAPITALIA,

nuova denominazione assunta dalla BANCA DI ROMA s.p.a., giusta

deliberazione dell’assemblea straordinaria del 16 maggio 2002, come

risulta dal verbale a rogito notar Mariconda, rep. n. 41580, racc. n.

11012, quest’ultima a sua volta mandataria di Trevi Finance 2 s.p.a.,

in virtù di procura per atto a rogito notar Oleg Nicola Acconcia del

16 aprile 2004, rep. n. 64451, in persona dei signori B.

R. e R.F., nelle rispettive qualifiche di

quadro direttivo e di quadro direttivo con poteri di firma della

Capitalia Service J.V. s.r.l. stessa, giusta procura per atto notar

Antonio Maria Zappone del 2 agosto 2006, rep. n. 81166, elettivamente

domiciliata in Roma, via Alberico II 33, presso l’avv. Elio Ludini,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

O.A.L. e S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 3211/06 in data

7 luglio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 ottobre 2009 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schirò;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale, Dott. Pratis Pierfelice, che ha concluso riportandosi alla

relazione in atti.

LA CORTE:

Fatto

OSSERVA

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. Con sentenza 2001/17215 il Tribunale di Roma respingeva l’opposizione proposta da O.A.L. e S. F. avverso il decreto ingiuntivo 1998/2896, con il quale era stato loro ingiunto il pagamento in favore della Banca di Roma della somma di L. 97.289.002, oltre a interessi ed a spese di procedura monitoria, quale saldo passivo dei conti correnti intrattenuti dalla O. con la fideiussione dello S.; la disattesa opposizione era fondata sul presupposto dell’esistenza di condotte scorrette poste in essere da funzionari dell’istituto di credito ingiungente, per le quali, a seguito di denuncia degli intimati, era pendente procedimento penale;

2. con sentenza n. 3211/06 del 7 luglio 2006 la Corte di Appello di Roma, pronunciando sul gravame proposto dagli opponenti alla menzionata sentenza del Tribunale, rigettava il primo motivo, con il quale gli appellanti avevano lamentato il mancato apprezzamento, da parte del primo giudice, dei riflessi sul presente giudizio di quello penale pendente a seguito della denuncia presentata nei confronti del direttore dell’agenzia della Banca di Roma dove erano stati firmati ed eseguiti i contratti di conto corrente oggetto della causa; la Corte di merito affermava al riguardo l’irrilevanza scaturita dalla predetta denuncia, atteso il venir meno della cosiddetta pregiudiziale penale, prevista in generale dall’art. 3 dell’abrogato codice di procedura penale, con conseguente completa autonomia tra giudizio penale e giudizio civile, nel senso che, tranne le ipotesi di cui all’art. 75 c.p.p., comma 3, nella specie non ricorrenti, il processo civile deve seguire il suo corso senza essere influenzato dal processo penale, dovendo il giudice civile procedere ad autonomo accertamento dei fatti di causa;

3. con riferimento agli altri motivi di appello, i giudici di secondo grado, in primo luogo, disattendevano l’eccezione d’inammissibilità del gravame, sollevata da parte appellata con riferimento alla dedotta novità delle domande ed eccezioni, concernenti la nullità di clausole contrattuali relative al conteggio degli interessi, trattandosi di questioni già esaminate dal primo giudice, sebbene prospettate non con l’atto di opposizione, ma nel corso del giudizio, e tenuto conto che, nella controversia promossa per far valere diritti che presuppongono la validità del contratto, la nullità dello stesso, o di singole clausole, è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo; nel merito dichiaravano la nullità delle clausole contrattuali relative al tasso degli interessi e all’anatocismo trimestrale e, ricalcolando il credito, accertavano per i due conti correnti un minor saldo passivo finale, pari rispettivamente a Euro 27.968,54 e ad Euro 6.846,50, revocando il decreto ingiuntivo e condannando gli opponenti al pagamento dell’accertata minor somma;

4. avverso tale sentenza O.A.L. e S.F. propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi, a cui resiste con controricorso Capitalia Service J.V. s.r.l., che propone anche ricorso incidentale articolato su due motivi.

OSSERVA 5. i due ricorsi possono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.;

a) con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano errata motivazione su punto decisivo, anche in relazione all’art. 295 c.p.c. circa la necessaria sospensione del giudizio civile in attesa della sentenza penale relativa ai medesimi fatti;

b) con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto e inesistenza del credito in quanto frutto di truffa aggravata messa in essere dal direttore di un’agenzia della banca ingiungente;

c) vengono formulati i seguenti quesiti di diritto: “vi fu falsa applicazione e violazione di legge ed esattamente dell’art. 295 c.p.c.?”; “è applicabile nel caso in esame il principio inadimplenti non adimplendum?”;

6. il ricorso appare inammissibile; la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 7 luglio 2006; di conseguenza il giudizio di cassazione cade sotto il regime processuale introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, ai sensi dell’art. 27, comma 2, del citato decreto legislativo; trova in particolare applicazione il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., in forza del quale, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo, anche con si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;

7. nel caso di specie i ricorrenti hanno dedotto un vizio di motivazione, senza illustrare la censura con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

8. i ricorrenti hanno inoltre formulato due quesiti di diritto del tutto generici, che si risolvono nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma non contengono la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339), non potendosi comunque desumere il quesito di diritto dal contenuto del motivo, non idoneo ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. (Cass. 2007/16002; 2007/23153;

2008/16941; 2008/20409);

9. con due motivi la ricorrente incidentale lamenta la violazione dell’art. 345 c.p.c. e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso l’eccezione di inammissibilità del gravame con riferimento alla dedotta novità delle domande e delle eccezioni concernenti la nullità di clausole contrattuali relative al conteggio degli interessi; anche il ricorso incidentale appare inammissibile, in quanto i quesiti di diritto formulati appaiono del tutto generici e formulati in via meramente teorica e di principio, senza alcun collegamento con il presupposto di fatto della censura (Cass. 2008/19769), consistente, nel caso concreto, nella mancanza in atti di elementi da cui poter rilevare d’ufficio le nullità lamentate dagli appellanti, tanto da rendere necessario l’assunzione, quale mezzo istruttorio, di una consulenza tecnica; il quesito stesso appare pertanto non conferente rispetto alla questione che rileva per la decisione della controversia (Cass. S.U. 2008/8466), fermo restando che il suo contenuto non può essere desunto dal contenuto del ricorso; inoltre il vizio di motivazione è stato prospettato senza il rispetto dei requisiti previsti dall’art. 366 bis c.p.c., comma 2;

10. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati ai punti da 5. a 8., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) ritenuto che i due ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto sono attinenti all’impugnazione della medesima sentenza; considerato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ex art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, alla stregua delle argomentazioni svolte nella relazione depositata, entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e che l’esito del giudizio giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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