Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3799 del 16/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 16/02/2011), n.3799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27498-2009 proposto da:

SOC. PELLICANO VERDE SPA 00986730760, già Soc. Coop. Pellicano Verde

a r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CAMPANIA 47, presso lo

studio dell’avvocato DE VIVO ANDREA, rappresentata e difesa

dall’avvocato RINA VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE OTRANTO 18, presso lo studio dell’avvocato RAGO ROSSELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILOMENO FILOMENA, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 373/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

12/03/09, depositata il 14/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’01/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI; è

presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza depositata il 14.4.2009, rigettava l’appello proposto dalla Pellicano Verde s.p.a. contro la sentenza di primo grado con cui essa, sulla base di un parziale accoglimento della domanda proposta dal suo ex dipendente M. V., era stata condannata a pagare a quest’ultimo la somma di 9.509,00 a titolo di 14A mensilità con riferimento a un determinato arco di tempo.

La Corte, premesso che dagli stessi documenti prodotti dalla ex datrice di lavoro, nonchè dalle sue ammissioni, risultava l’applicabilità al rapporto del c.c.n.l. per i servizi di pulizia e servizi integrati, invocato dal lavoratore, osservava che da tale contratto risultava confermato il diritto riconosciuto dalla sentenza di primo grado. D’altra parte essa Corte aveva legittimamente acquisito il contratto collettivo in questione, rientrando nei poteri del giudice del lavoro tale potere di acquisizione, una volta che il contratto collettivo sia stato allegato dal lavoratore ma non prodotto.

La Soc. Pellicano Verde propone ricorso per cassazione a cui l’intimato resiste con controricorso.

E’ necessario richiamare l’art. 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis), la cui prima parte richiede che, nelle ipotesi di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si concluda a pena di ammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto, e la cui seconda parte richiede che nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo contenga, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Per la necessità di una specifica formulazione conclusiva e sintetica ai fini della chiara indicazione di tali elementi, analoga a quella relativa al quesito di diritto, cfr. Cass. S.U. n. 20603/2007, 16528/2008; Cass. n. 8897/2008.

Come è stato più volte osservato da questa Corte, il quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris in quanto tale idonea sia a risolvere la specifica controversia che a ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr. Cass. S.U. n. 3519/2008 e 18759/2008; Cass. n. 11535/2O08).

Nella specie l’unico motivo di ricorso denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, e nella sua parte più rilevante lamenta la violazione di norme di diritto sulla ammissione di nuove prove in appello, senza però formulare il conclusivo principio di diritto, richiesto a pena di inammissibilità.

Nella parte finale del motivo si lamenta mancanza di motivazione quanto all’applicazione dell’art. 36 Cost., inteso quale strumento per ovviare all’omesso deposito del c.c.n.l. di categoria. Si tratta evidentemente di censura non riferibile all’effettiva ratio decidendi.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese del giudizio vengono regolate facendo applicazione del criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c.).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte contro ricorrente le spese del giudizio determinate in Euro trenta oltre Euro duemila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011

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