Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3796 del 16/02/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3796 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 13093-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatg in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lq rappresenta e difende;
– ricorrente contro

GIUFFRE’ GIUSEPPE in qualità di titolare dell’omonima
Impresa individuale pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA PANAMA 68, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARIO D’ANTINO giusta

Data pubblicazione: 16/02/2018

delega a margine;
– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 20071/2012 della CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 15/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

2)udito per il ricorrente l’Avvocato BACOSI che ha
chiesto l’accoglimento;
3)udito per il controricorrente l’Avvocato LOMONACO
per delega degli Avvocati PUOTI e D’ANTINO che ha
chiesto il rigetto;
1)udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

GRECO;

FATTI DI CAUSA

La Commissione tributaria provinciale di Roma accolse il
ricorso ~Lo da Giuseppe Giuffre avverso l’avvi,so di recupero
di crediLi d’imposLa relaLivi agli anni 2001, 2002, 2003 e 2004
per nuovi investimenti in aree svantaggiate, ai sensi dell’art. 8
della legge n. 388 del 2000, riguardanti le spese per l’acquisto
di beni strumentali e per la ristrutturazione di fabbricati
rurali nella disponibilità del contribuente, da utilizzare nella
La sentenza d’appello, che aveva riformato quella di prime
cure ritenendo fosse mancata la dimostrazione della titolarità
degli immobili da parte del contribuente, era ad opera di
quest’ultimo oggetto di revocazione e di ricorso per cassazione.
Quanto alla domanda di revocazione, essa era accolta, ed in
sede rescissoria veniva confermata la sentenza di primo grado
favorevole al Giuffre.
Successivamente a tale decisione, per altro verso, questa
Corte, con ordinanza n. 20071/12, si pronunciava nel giudizio di
legittimità promosso dal contribuente nei confronti della
sentenza della

C VR I a:7i o (n.’ 177/10/9 del 26 ottobre 2009)

giudizio nel quale “il ricorrente ha chiesto – si legge
nell’ordinanza – la cessazione della materia del contendere
essendo stata revocata la sentenza della CTR del Lazio n.
177/10/9 del 26 ottobre 2009”; questa corte,
ordinanza, riLeneva che “l’isLanza

dovesse

con la

detta

essere accolLa

sussistendone i presupposti di legge. Il Collegio condivide la
proposta del relatore. E’ opportuno procedere alla compensazione
delle spese. PQM La Corte dichiara cessata la materia del
contendere. Compensa le spese fra le parti”.
E’ nei confronti di tale ordinanza della Corte di
cassazione che viene ora proposto dall’Agenzia delle entrate
ricorso per revocazione Rulla base di un motivo, illustrato con
successiva memoria.
Il contribuente resiste con controricorso illustrato con
memoria.
RII DA DECISICNE

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per revocazione
dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 20071 del 2012,

nuova attività di commercio all’ingrosso.

assumendo che questa, nel pronunciare una generica declaratoria
di cessazione della materia del contendere, che sembra da
riferire all’inLera conLroversia LribuLaria inLercorrenLe fra
essa annúnisLrazione ed il conLribuenLe, con porLaLa preclusiva
anche in relazione al giudizio di cassazione incardinato avverso
la sentenza revocatoria, abbia erroneamente presupposto un fatto,
l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza
(“revocatoria”) di merito (CTR Lazio n. 228/37/11) che accoglieva
l’istanza di revocazione, laddove la sentenza fatta oggetto di
ricorso notificato il 26 novembre 2012 ed iscritto a ruolo con
rcfn. 27466/2012, non era affatto passata in giudicato né alla
data del 26 settembre 2012, giorno della discussione in sede
camerale del giudizio rgn 11306/10, da cui è scaturita la
presente ordinanza impugnata, né alla data del 15 novembre 2012
(giorno di pubblicazione della ordinanza n. 20071/12), “né
ovviamente a tutt’oggi”.
Il ricorso è fondato, in quanto l’ordinanza della Corte ha
erroneamente supposto un fatto, vale a dire la esistenza di una
pronuncia definitiva di revoca della sentenza della CRI

iazio n,

177/10/9, cui “doveva” conseguire “la cessazione della materia
del contendere”, fatto, l’esistenza di una pronuncia definitiva,
inequivocabilmente contrastato dal fatto della pendenza dinanzi
al medesime giudice, la CorLe di cassazione – la Quale poLeva
quindi agevolmente accertarla -, di un ricorso per cassazione
(notificato il 26 novembre 2012 ed iscritto a ruolo con rgn
27466/12) avverso la più volte menzionata decisione della CRT,
che quindi non era passata in giudicato né alla data della
discussione, il 26 settembre 2012, ne a quella della
pubblicazione della ordinanza della Corte di cassazione il 15
novembre 2012.
La ordinanza n. 20071 del 2012 di questa Corte deve essere
pertanto revocata.
Passando al giudizio rescissorio, il Collegio rileva che
Giuseppe Giuffré propose ricorso per cassazione (ngin 11306 del
2010) – che va riunito al ricorso rgn 13093 del 2013 con il quale

era stato promosso il giudizio ora deciso -, sulla base di
quattro motivi, nei confronti della sentenza della CTR Lazio n.

gravame di legittimità da parte di essa Agenzia delle entrate con

177/10/09 che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate,
nel giudizio promosso dal Giuffré con l’impugnazione dell’avviso
di recupero di crediLi d’imposla relaLivi aqli anni 2001, 2002,
2003 e 2004 per nuovi invesLinenLi in aree svanLaggiaLe, ai sensi
dell’art. 8 della legge n. 388 del 2000, riguardanti le spese per
l’acquisto di beni strumentali e per la ristrutturazione di
fiThbricati, da utilizzare nella nuova attività di commercio
all’ingrosso del contribuente.
La Commissione regionale accoglieva il gravame in quanto,
spettava quando non risultavano rispettate due condizioni: 1)
mancata entrata in funzione dei beni oggetto dell’agevolazione
nei due anni successivi a quelli di acquisizione e 2) mancata
dimostrazione della titolarità degli immobili interessati
all’investimento.
E quanto alla prima condizione, l’attività vera e propria
di commercializzazione dell’impresa risultava che “nel 2004
doveva ancora iniziare in quanto non c’erano dipendenti ed i beni
,r4 acquisiti non erano entrati in funzione; infatti … nel pvc
risultava che al 29 gennaio 2001 i lavori di ristrutturazione non
si erano ancora conclusi, mancava l’intonaco esterno, arredamenti
interni, sistemazione esterna ecc,”.
Quanto alla seconda condizione, il Giudice d’appello
osservava che “la ddnusLrazione della LiLolariLà degli immobili
interessati all’investimento doveva essere fornita in riferimento
agli anni oggetto dell’agevolazione, e cioè dal .2001 al 2004, e
non in riferimento al 2005, come risulta dall’atto di
c(wravendita stipulato in data 11-08-05. Il contribuente, in
proposito, non ha fornito, in ogni caso, la prova di godere della
piena disponibilità degli immobili negli anni in questione e,
quindi, di poter godere delle agevolazioni” in discorso.
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività nella
presente sede, limitandosi a depositare atto di mera
costituzione.
Col primo motivo del ricorso il contribuente, denunciando
violazione dell’art. 57 del d.lqs. n. 546 del 1992, si duole
della violazione del divieto di motivi nuovi in appello per avere
l’amministrazione introdotto il motivo della revoca per mancata

4

in base alla legge n. 388 del 2000, il credito d’imposta non

entrata in funzione dei beni solo in appello, non facendo tale
censura parte delle originarie motivazioni dell’atto di recupero
del

credi Lo d’ impos La impugna Lo; e denunciando la violazione

dell’art. 8, cenni l e 7, della legge n. 388 del 2000, censura la
sentenza per aver ritenuto non spettante l’agevolazione per la
“mancata entrata in funzione dei beni oggetto dell’agevolazione
nei.due anni successivi a quelli di acquisizione”.
Il primo profilo del motivo è infondato, ove si consideri
che “nel processo tributario di appello la novità della domanda
effettivamente avanzata nell’atto impositivo impugnato e, quindi,
alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso
indicati, poiché il processo tributario, in quanto rivolto a
sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del
provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di
impugnazione del provvedimento stesso, nel quale l’Ufficio assume
la veste di attore in senso sostanziale, e la sua pretesa è
quella risultante dall’atto impugnato, sia per quanto riguarda il
“petitum” sia per quanto riguarda la “causa petendi”. Ne consegue
che, per eccepire validamente la inammissibilità dell’appello per
novità della domanda, è necessario dimostrare che gli elementi
dedotti in secondo grado dall’Amministrazione non sono stati
evidenziati neppure nel processo verbale di constatazione e nel
conseguenLe avviso di acuerLalleuLo ouqeLLo dell’impugnazione”
(Cass. n. 10806 del 2012). E nella specie, corre risulta dalla
sentenza impugnata, nel pvc era stato toccato il tema dell’epoca
di inizio dell’attività dell’impresa e dell’epoca di inizio e
dell’epoca di conclusione dei lavori di ristrutturazione.
E’ invece fondato il secondo profilo del motivo, in quanto
nell’enunciare la regola iuris tratta dal comma 7 dell’art. 8
della legge n. 388 del 2000 omette il riferimento, come dies a
quo del termine per l’entrata in funzione dei beni, alla
ultimazione dei lavori, limitandosi a riferirsi al periodo di
acquisizione dei beni, laddove i beni oggetto dell’agevolazione
devono entrare in funzione entro il secondo periodo d’imposta
successive a quello della loro acquisizione o ultimazione, a pena
di ridetermànazione del credito d’imposta escludendo dagli

interventi agevolati il costo dei beni non entrati in funzione.

deve essere verificata in stretto riferimento alla pretesa

Con il secondo motivo, denunciando “violazione e falsa
applicazione dell’art. 8 della legge n. 388 del 2000 e degli
arIL. 1100, 1101, 1102, 1103 cod. civ., con – riferinenLo alla
disponibiliLà dei beni in comproprieLa lavori; violazione e falsa
applicazione degfli artt. 3 e 42 Cost. ; omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della
controversia; illogicità manifesta; il tutto con riferimento
all’art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.”, censura la decisione per avere,
con laconica motivazione, osservato che esso contribuente non
disponibilità dei beni innobili sui quali erano stati realizzati
gli investimenti nel periodo antecedente al 2005, laddove era
incontestato – come risultava dai verbali del pvc dell’Agenzia
delle entrate del gennaio e del marzo 2004 e nel pvc della
Guardia di finanza – che i beni sui quali erano stati realizzati
gli investimenti erano già nel 2001 in proprietà indivisa del
contribuente e dei suoi due’ fratelli, i quali gli avevano
assegnato l’uso esclusivo di questa porzione di proprietà
indivisa, e ciò sino all’atto di divisione stipulato nel 2005,
quando gli stessi beni erano stati assegnati al ricorrente, con
espresso riconoscimento (da parte dei condividendi) della
disponibilità degli stessi a partire dal 2000.
La sentenza sembra incorrere in entrambi i vizi ad essa
addebiLaLi.
E’ in primo luogo infondata l’affermazione secondo cui “il
credito d’imposta non spetta” in presenza della “mancata
dimostrazione della titolarità degli immobili interessati
(d)all’invesimento”, “dimostrazione della titolarità degli
immobili interessati (d)all’investimento [che] doveva essere
fornita in riferimento agli anni oggetto dell’agevolazione, e
cioè dal 2001 al 2004, e non con riferimento al 2005, come
risulta dall’atto di compravendita stipulato in data 11-08-05”.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte,
infatti, rilevano ai fini dell’agevolazione anche posizioni di
vantaggio che non siano la proprietà (piena) della totalità del
bene. “In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate,
gli investimenti consistenti in spese incrementative di beni non
di proprietà dell’impresa – che li utilizza in virtù di un

aveva fornito la dimostrazione della proprietà e della

contratto di locazione o di comodato – possono ugualmente
beneficiare del credito d’imposta previsto dall’art. 8 della 1.
n. 388 (-API 2000 purché le opere abbiano una loro individuali Là ed
auLonoma funzionaliLà, al Lermine del periodo di locazione o di
comodato possano essere rimosse dall’utilizzatore ed avere un
impiego a prescindere dal bene a cui accedono e siano iscritte in
bilancio tra le “immobilizzazioni materiali”; viceversa, qualora
si tratti di opere non separabili

dal bene altrui (come,

di proprietà di terzi), devono essere iscritte tra le
“immobilizzazioni immaterialiu e non possono beneficiare
dell’agevolazione, trattandosi di costi e non di beni” (Cass. n.
15572 del 2016, n. 23136 del 2013, n. 28535 del 2013).
Si è anzi espressamente affermata la rilevanza del diritto
di superficie dell’investitore in Cass. n. 19768 del 2013,
secondo cui “per i beni strumentali, nella specie materiali,
aventi il requisito della novità e che siano ammortizzabili ai
sensi degli artt. 67 e 68 del TUIR “ratione temporis” vigente,
destinati a strutture produttive impiantate o già esistenti nelle
aree territoriali svantaggiate, di cui ali ‘art. 8 come primo,

della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ricorrono i presupposti
delle agevolazioni previste nella medesima norma anche quando
essi si trovino su terreni o riguardino manufatti che insistono
su Lerreni non in proprieLà del conLribuenLe che abbia effeLluaLd
il relativo investimento e siano su immobili gravati da diritto
di superficie in suo favore”.
La motivazione, del resto, si rivela illogica, perché
contraddittoria, su un punto decisivo

P

rilevante, anche alla

luce della censura che richiama i passi dei verbali di
constatazione, cui prima si è fatto cenno, relativi alla
disponibilità dell’area, in quanto per un verso postula ai fini
del riconoscimento dell’agevolazione “la dimostrazione della
titolarità degli immobili interessati”, e per altro verso sembra
appagarsi della “piena disponibilità degli immobili” (“il
contribuente non ha fornito, in ogni caso, la prova di godere
della piena disponibilità degli immobili negli anni in questione,
e, quindi di poter godere delle agevolazioni previste dall’art.
8…”), il cui accertamento si rivela poco conseguente.

nell’ipotesi dell’ampliamento di un fabbricato insistente su area

L’esame del terzo motivo, formulato in subordine, nonché
del quarto motivo, risulta assorbito.
Il ricorso deve essere perLanLo aucolLo, nei Lerminì deL Li,
la aenLenza deve essere Cd3bdLd e la Cd113d rinviaLa, anche per le
spese, alla CRT del Lazio in diversa composizione per un nuovo
esame.
Sulla base degli elementi in atti il giudice d’appello
dovrà dunque accertare il rapporto del contribuente con i beni
oggetto dell’investimento, e quindi la rilevanza di tale rapporto

La Corte revoca – l’ordinanza della Corte di cassazione n.
20071/12 e riunisce al presente il ricorso rgn. 11306 del 2010.
Pronunciando su quest’ultimo, lo accoglie, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese i alla Commissione
etts,0—.
tributaria el Lazio in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 9 febbraio 2017
Il consigliere estensore

ai fini del riconoscimento dell’agevolazione.

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