Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3795 del 16/02/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3795 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 20463-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatq in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

DICA EDIL SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliatq in ROMA V.LE
BRUNO BUOZZI 47, presso lo studio dell’avvocato CARLO
GUGLIELMO IZZO, che lq rappresenta e difende giusta
delega a margine;

Data pubblicazione: 16/02/2018

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/2009 della COMM.TRIB.REG.

Dita(

(“L’

ati 1 CL

, depositata il 16/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

2)udito per il ricorrente l’Avvocato BACOSI che si
riporta al ricorso e chiede l’accoglimento;
3)udito per il controricorrente l’Avvocato IZZO
ADRIANO per delega Avvocato IZZO CARLO che ha chiesto
il rigetto;
1)udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

GRECO;

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con
due motivi nei confronti della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Campania che ha revocato la decisione
d’appello la quale, nel giudizio introdotto dalla srl Dica Edil
con l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEG
e dell’ILOR con cui era stato rettificato il reddito d’impresa
dichiarato per il 1997, aveva riformato la sentenza di primo

gravame dell’ufficio aveva ritenuto che la mancata risposta del
contribuente all’invito dell’ufficio a fornire dati o notizie
“legittimava l’accertamento induttivo e la mancanza di
motivazione nell’avviso di accertamento contestato”.
La sentenza ora impugnata ha revocato l’originaria sentenza
d’appello per aver ritenuto corretta la notifica al contribuente
di un invito a fornire dati e notizie di cui non vi era traccia
agli atti, un invito che la Conmissione non poteva avere
esaminato perché l’atto stesso e la sua notifica non erano stati
prodotti. Solo davanti al giudice della revocazione era stata
tardivamente prodotta la copia di quella “che dovrebbe essere la
documentazione che i giudici avrebbero dovuto esaminare”. La
motivazione della sentenza, dunque, si basava “sul presupposto
della esistenza in atti di un documento invece inesistente, e
quindi andava revocata”.
Il giudice d’appello, poi, aveva ritenuto legittimo
l’accertamento induttivo “sul presupposto delio tinesso riscontro
all’invito”, il quale, se sussistente, avrebbe legittimato al più
“l’accertamento induttivo sulla base di presunzioni semplici, ma
non autorizzava l’ufficio ad emettere avvisi di accertamento
privi di notivazione”. Nella specie l’avviso faceva riferimento
al verbale di constatazione notificato ad altra società, laddove,
a norma dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, doveva essere
allegato all’avviso stesso. “In mancanza di tale adempimento,
l’avviso è nullo per difetto di motivazione, anche perché non è
affatto vero che nell’avviso notificato sono trasfusi in maniera
adeguata gli esiti del controllo effettuato presso l’altra
società. In altri termini, non importa se sussiste o meno il
presupposto per procedere ad accertamento induttivo: è certo che

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grado di annullamento dell’atto inpositivo, e accogliendo il

l’avviso notificato all’esito di tale accertamento è carente di
motivazione e, quindi, è nullo così come già aveva deciso la
CTP”.
La società contribuente resiste con controricorso.
RAGIONI DMA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso, denunciando violazione degli
artt. 400 cod. proc. civ. e 58, coma 2, del d.lgs. n. 546 del
1992, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
questionario notificato non era stato prodotto in appello,
tuttavia la CTR non doveva arrestarsi alla constatazione
dell’errore del primo giudice sulla sua presenza/assenza in atti,
ma doveva verificare se tale errore avesse inficiato la
decisione, e inoltre” avrebbe dovuto applicare le regole relative
ai nova del proprio rito: qui la produzione del questionario e
della relata di notifica “era consentita in rito d’appello, se
fatta,

COM

fu, in sede di costituzione. Per cui la CTR non

poteva rifiutarsi di esaminare il questionario notificato, cone
sopra prodotto che giustificava, in caso di mancata risposta,
l’accertamento induttivo “puro” ex art. 39, secondo coma, d)
bis, del d.P.R. n. 600/73″.
Col secondo motivo, denunciando illogica motivazione in
relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sostiene che la
CTR nel rescissorio aggiunge che l’avviso è nullo per difetto di
motivazione, perché rinvierebbe ad un atto (il pvc della Guardia
di finanza) non notificato né trasfuso nell’avviso, ma non
valuterebbe se tale errore sia essenziale.
Il primo motivo è Eondato.
L’errore di fatto che può dare luogo a revocazione della
sentenza ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., secondo
il consolidato orientamento di questa Corte, consiste
nell’erronea percezione dei fatti di causa sostanziantisi nella
supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità risulta
incontestabilmente esclusa dagli atti, o nell’esistenza di un
fatto la cui verità è inconfutabilmente accertata, sempre che il
fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia
del dibattito processuale su cui la pronunzia contestata abbia
statuito. Il suddetto errore inoltre non può riguardare la

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l’amministrazione ricorrente assume che “se è vero che il

violazione o falsa applicazione di norme giuridiche; deve avere i
caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità
sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli
atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni
induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere
essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione
asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione emessa

2006).
Con l’atto introduttivo del processo la contribuente aveva
lamentato la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento
in quanto rinviava ad un atto, il pvc emesso nei confronti di
altro contribuente, non conosciuto né conoscibile; e la mancanza
dei presupposti di legge previsti dall’art. 39, coma 2, del
d.P.R. n. 600/73 per procedere all’accertamento induttivo, in
quanto, da un lato, la contestazione circa l’irregolare tenuta
della contabilità derivava soltanto dal detto pvc, e, dall’altro,
l’omessa risposta al questionario derivava dall’inesistenza della
notifica dello stesso.
Nella specie il giudice della revocazione ha rilevato che
il giudice d’appello aveva ritenuto compiuta la notifica di un
invito-, questionario di cui, ha accertato, non vi era traccia
negli atti processuali: di un atto che il giudice non può avere
esaminato, perché l’atto stesso e la sua notifica non erano stati
prodotti. “Ne è riprova il fatto che l’ufficio si difende [nel
giudizio di revocazione] producendo tardivamente, soltanto
dinanzi ai giudici della revocazione, proprio la copia di quella
che dovrebbe essere la documentazione che i giudici avrebbero
dovuto esaminare. Se tale documentazione esisteva già, sarebbe
bastato all’ufficio indicare come e quando era stata prodotta per
ottenere il rigetto immediato della richiesta di revocazione”.
Il giudice della revocazione ha ulteriormente rilevato che
la decisione, senza l’errore di fatto, sarebbe stata diversa, in
quanto il giudice d’appello “ha ritenuto legittimo l’accertamento
induttivo [ai sensi dell’art. 39, coma 2, lettera d) bis “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti
dagli uffici ai sensi dell’art. 32…”] sul presupposto dell’omesso

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deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la
kt Ze)-o
pronunzia sarebbe stata diversa” (Cass. n. 429,—–E-7- 3652 del

riscontro all’invito.

Tale presupposto,

se sussistente,

legittimava tutt’al più l’accertamento induttivo sulla base di
presunzioni semplici, ma non autorizzava l’ufficio ad emettere
avvisi di accertamento privi di motivazione”.
Si legge infatti nella sentenza revocata che “la società,
non aderendo all’invito dell’ufficio ha de facto rinunciato a
prendere visione del pvc non allegato all’avviso di accertamento
rinunciando ad articolare, nel merito, la sua difesa. Pertanto va

impositivo formulato dalla società; mentre va riconosciuta la
legittimità dell’accertamento induttivo ex art. 39, coma
secondo”.
Il secondo motivo è del pari infondato, perché il giudice
della revocazione una volta accertato che il pvc, cui era stato
fatto rinvio, emesso nei confronti di altro soggetto, non era
stato allegato all’avviso di accertamento, secondo quanto
prescritto dallo statuto del contribuente, ha revocato il capo
della originaria sentenza di seconde cure che aveva “respinto la
eccezione di difetto di motivazione dell’atto impositivo
formulato dalla società; k mentre va riconosciuta la legittimità
dell’accertamento induttivo ex art. 39, secondo comma”, ed ha
affermato che in mancanza della detta allegazione del pvc
“l’avviso è nullo per difetto di motivazione, anche perché non è
affatto vero che nell’avviso notificato sono trasfusi in maniera
adeguata gli esiti del controllo effettuato presso l’altra
società. In altri termini, non importa se sussiste o meno il
presupposto per procedere all’accertamento induttivo: è certo che
l’avviso notificato all’esito di tale accertamento è carente di
motivazione e, quindi, è nullo così come già aveva deciso la
CTP”.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate in E 7.000 per compensi di avvocato, oltre a

5

respinta la eccezione di difetto di motivazione dell’atto

spese generali liquidate nella misura forfetaria del 15%, ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 9 febbraio 2017

Il consigliere estensore

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