Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3795 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. I, 15/02/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 15/02/2021), n.3795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16/2019 proposto da:

E.D., elettivamente domiciliato in Torino, via

Guicciardini n. 3, presso lo studio dell’avv. L. Trucco, che lo

rappresenta e difende, per procura in atti.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS), Procura Generale Repubblica Presso

Cassazione;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 16/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso proposto da E.D. cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che dopo la morte del padre, l’eredità doveva essere divisa anche con la prima moglie e i suoi sei figli che siccome erano membri di una setta lo volevano “schiacciare”; una sera scoppiò una lite tra le due mogli, durante la quale un bastone lo colpì alla testa. Allora su consiglio della madre decise di lasciare il paese.

A supporto della decisione di rigetto, il tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni del ricorrente, sfornite di elementi di prova, non erano rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, perchè non vi erano elementi per poter ritenere che i contrasti familiari fossero tali da far temere, in caso di rientro in patria, un pericolo di danno grave alla persona del richiedente. Il tribunale non ha, quindi, ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e neppure quelli per la concessione della protezione sussidiaria nelle sue diverse forme; erano, inoltre, assenti anche situazioni soggettive legate a una condizione di particolare vulnerabilità.

Contro il decreto del medesimo tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di una questione di legittimità costituzionale e un unico motivo di ricorso.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente, in via preliminare, solleva una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, art. 117 Cost., comma 1, così come integrato dall’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva n. 32/2013 e dagli artt. 6 e 13 della CEDU, per quanto concerne la previsione del rito camerale ex artt. 737 c.p.c. e segg. e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie di protezione internazionale, per la totale svalutazione del principio del contraddittorio.

Inoltre, il ricorrente censura nel merito la decisione del tribunale per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in combinato disposto con l’art. 10 Cost., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte d’appello avrebbe indebitamente sovrapposto i presupposti della protezione sussidiaria per negare illegittimamente il riconoscimento della protezione umanitaria che presenta, invece, presupposti distinti e più ampi.

In via preliminare, la sollevata questione di legittimità costituzionale è infondata.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte “E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte”(Cass. n. 17717/18).

Il ricorso è anch’esso infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la protezione umanitaria è una misura atipica e residuale nel senso che essa copre situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (“status” di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità. (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23604 del 09/10/2017 (Rv. 646043 – 02).

Nel caso di specie, sulla base del racconto del richiedente asilo non è stata rinvenuta alcuna condizione di vulnerabilità che possa giustificare il riconoscimento della tutela per motivi umanitari, neppure all’esito del giudizio comparativo, inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall’altro comporta che chi invochi tale forma di tutela debba allegare in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. “maggiore” (Cass. n. 21123/19).

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

 

 

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