Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3795 del 07/02/2022

Cassazione civile sez. I, 07/02/2022, (ud. 01/12/2021, dep. 07/02/2022), n.3795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26133/2017 proposto da:

Istituto Didattico S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Antonangeli Luigi, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Edizioni Didattiche Gulliver S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Angelo Bargoni n. 78, presso lo studio dell’avvocato Stemperini

Stefania, rappresentata e difesa dall’avvocato Santacroce Antonella,

giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 546/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

pubblicata il 31/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/12/2021 dal cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Istituto Didattico s.r.l. ha convenuto in giudizio Edizioni Didattiche Gulliver s.r.l. domandando il risarcimento del danno derivante da atti di concorrenza sleale: ha esposto la società attrice che la convenuta aveva pubblicato, su di una sua rivista, una offerta di vendita dell’opera denominata “(OMISSIS)” ((OMISSIS)), edita dalla stessa istante, con lo sconto del 30% del prezzo di copertina. Tale comportamento, ad avviso della società Istituto Didattico, le aveva cagionato un danno patrimoniale, consistente nel blocco pressoché totale delle vendite, nonché una lesione di immagine.

Nella resistenza di Edizioni Didattiche Gulliver il Tribunale di Vasto ha accertato l’illecito concorrenziale e condannato la stessa convenuta al risarcimento del danno nella misura, equitativamente determinata, di Euro 20.000,00, oltre interessi legali.

2. – La Corte di appello di L’Aquila, nel giudicare le impugnazioni proposte da entrambe le parti, ha accolto il gravame principale e riformato la sentenza di primo grado rigettando la domanda risarcitoria; ha quindi dichiarato assorbito l’appello incidentale della società Istituto Didattico, il quale verteva sulla misura del risarcimento.

3. – La sentenza del giudice distrettuale è stata poi cassata da questa Corte con sentenza n. 8431 del 30 gennaio 2012.

4. – In sede di rinvio la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza del 31 marzo 2017, ha respinto le impugnazioni proposte avverso la sentenza del Tribunale, compensando per metà le spese del primo giudizio di appello, del giudizio di cassazione e del giudizio svoltosi avanti a sé. Ha in sintesi ritenuto che l’offerta in vendita, da parte di Edizioni Didattiche Gulliver, di un’opera edita da una casa editrice concorrente, a un prezzo fortemente ribassato rispetto a quello di listino praticato dalla controparte su tutto il territorio nazionale, avesse generato effetti oggettivamente svalutativi dell’opera in questione. In punto di danno, la Corte territoriale ha evidenziato il calo delle vendite del prodotto editoriale, da parte della società attrice, titolare di diritti di sfruttamento dell’opera, che era occorso nell’anno 1999; ha poi osservato come tale flessione non potesse essere automaticamente correlata, sul piano causale, all’illecita condotta concorrenziale posta in essere da Edizioni Didattiche Gulliver: tanto più che quest’ultima aveva venduto solo due copie dell’opera; che la pubblicazione del messaggio pubblicitario era stata posta in atto su due numeri della rivista mensile dell’odierna controricorrente; che il mercato era caratterizzato, all’epoca, da una situazione di incertezza. La Corte di merito ha tuttavia ritenuto che la quantificazione del danno fosse “particolarmente difficile se non addirittura impossibile”: ha così liquidato equitativamente in Euro 10.000,00 il pregiudizio patrimoniale consistente del lucro cessante; nella stessa misura è stato poi quantificato il danno non patrimoniale connesso alla lesione dell’immagine. La sentenza del Tribunale è stata dunque confermata: e ciò “anche per la parte relativa alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado”.

5. – Istituto Didattico ha impugnato per cassazione la pronuncia del giudice del rinvio con un ricorso articolato in sei motivi. Edizioni Didattiche Gulliver ha resistito con controricorso e ha svolto un’impugnazione incidentale che consta di due mezzi di censura. Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I primi tre motivi del ricorso sono rubricati come segue.

Primo motivo: insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per travisamento della prova.

Secondo motivo: nullità della sentenza per vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, con riferimento agli artt. 61,191,241 c.p.c. e artt. 1226,2056,2734 e 2736 c.c..

Terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Le censure investono i seguenti temi: l’apprezzamento circa il “blocco” pressoché totale delle vendite in coincidenza dell’annuncio illecito della società concorrente; la valutazione dell’esiguità delle alienazioni dell’opera da parte della controparte (circostanza, questa, che, ad avviso dell’istante, non escluderebbe lo sviamento di clientela); il valore di prova legale da attribuire alle dichiarazioni aggiunte dal legale rappresentante dell’attrice in sede di interrogatorio formale, siccome non contestate; l’asserita rilevanza del fatto che il messaggio concorrenziale illecito fosse apparso su due sole copie della rivista Gulliver, stante la capacità di tale elemento perturbatore di determinare il blocco pressoché totale delle vendite dell’opera.

I detti mezzi di censura sono nel complesso infondati.

Essi si risolvono nella sollecitazione di una non consentita revisione del giudizio di fatto che è riservato al giudice del merito e nella denuncia, carente di autosufficienza, di un vizio comunque insussistente: tale è la violazione di legge lamentata con riguardo alla norma di cui all’art. 2734 c.c..

La società istante assume che il giudice di appello avrebbe dovuto considerare che in sede di interrogatorio formale il proprio legale rappresentante aveva riconosciuto che nella nota integrativa del bilancio al 31 dicembre 1999 il calo di fatturato era stato imputato alla fase di incertezza che caratterizzava il mercato; a tale dichiarazione, che aveva valore confessorio, era stata però aggiunta la precisazione, non contestata, per cui detta incertezza del mercato doveva riferirsi proprio alla turbativa creata dall’offerta di Edizioni Didattiche Gulliver. Di qui la deduzione secondo cui, a norma del cit. art. 2734, le dichiarazioni rese farebbero piena prova nella loro integrità. Quest’ultima censura è però anzitutto carente di specificità, in quanto la ricorrente non fornisce alcuna precisa indicazione quanto alla condotta di non contestazione della controricorrente, che è semplicemente affermata. In secondo luogo, la società ricorrente omette di considerare che le dichiarazioni aggiunte alla confessione, previste dall’art. 2734 c.c., sono quelle che si riferiscono ad altri fatti o circostanze tendenti ad infirmare l’efficacia del fatto confessato, ovvero a modificare o estinguerne gli effetti; dette dichiarazioni non possono dunque concretarsi in una valutazione o in un giudizio – come quello espresso dal legale rappresentante di Istituto Didattico in ordine alle cause dell’incertezza che caratterizzava il mercato – perché in tal caso non si ha una confessione complessa, bensì una confessione semplice accompagnata da una valutazione (cfr., se pure con riferimento a fattispecie diversa, Cass. 29 luglio 1978, n. 3803).

2. – La ricorrente dedica poi una trattazione separata al successivo mezzo di censura, che è titolato come appresso.

Quarto motivo: art. 360 c.p.c., n. 4 in riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 111 Cost..

Si lamenta che la Corte territoriale abbia immotivatamente disatteso le sollecitazioni dell’istante quanto al deferimento di giuramento suppletorio o estimatorio e all’esperimento di consulenza tecnica d’ufficio. Viene infine osservato che nella fattispecie non sarebbe stato correttamente impiegato il potere di valutazione equitativa il quale risultava “sganciato da tutte le risultanze in atti ed ulteriormente acquisibili, apparendo del tutto irrisorio, a fronte di un calo di fatturato (nel periodo di perturbazione introdotta dalla concorrenza sleale) di varie centinaia di migliaia di Euro, liquidare un mancato guadagno di soli Euro 10.000,00”.

Il motivo è inammissibile.

E’ inammissibile la censura vertente sul mancato accoglimento dell’istanza diretta al deferimento del giuramento suppletorio: la ricorrente non riproduce il contenuto della detta istanza, né indica quale fosse il preciso oggetto del mezzo di prova – così impedendo la valutazione delle questioni da risolvere e della decisività dello stesso (cfr., con riguardo al deferimento del giuramento decisorio, Cass. 4 marzo 2015, n. 4365 e Cass. 26 aprile 2002, n. 6078); la parte ricorrente nemmeno chiarisce quale sia, all’interno dei fascicoli processuali, la localizzazione dell’istanza formulata.

Analogo deficit di specificità presenta la deduzione riferita alla consulenza tecnica (che risulta comunque essere stata richiesta in appello, come si desume dalla sentenza impugnata). Il denunciato vizio motivazionale non può comunque ravvisarsi: la Corte di merito, nel ritenere che l’accertamento della misura dell’effetto depressivo prodotto sulle vendite dalla condotta posta in essere da Edizioni Didattiche Gulliver, unitamente alla conseguente determinazione della misura del pregiudizio economico sofferto da Istituto Didattico, fosse “particolarmente difficile, se non addirittura impossibile”, ha implicitamente, ma inequivocabilmente, escluso l’utilità di una indagine contabile da affidare a un esperto.

Quanto alla spendita della valutazione equitativa, deve osservarsi che l’esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto – come è avvenuto nella fattispecie – dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24070; Cass. 15 marzo 2016, n. 5090).

3. – Gli ultimi due motivi inseriscono alla statuizione circa la regolamentazione delle spese di lite.

Quinto motivo: art. 360 c.p.c., n. 4 in riferimento all’art. 112 e all’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c. quanto alle spese di primo grado.

Sesto motivo: art. 360 c.p.c., n. 3, con riguardo agli artt. 91,92 e 96 c.p.c. quanto alla statuizione resa in ordine alle spese degli altri gradi di giudizio.

La ricorrente oppone, in sintesi: l’omessa pronuncia o la totale mancanza di motivazione sull’appello incidentale vertente sulle spese liquidate in primo grado; la carenza del provvedimento di liquidazione, il quale non recherebbe menzione delle spese vive del procedimento di cassazione, né specificherebbe gli importi ritenuti dovuti per ogni fase di ogni singolo procedimento; l’illegittimità della pronuncia con cui sono state compensate per la metà delle spese del primo giudizio di appello, del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio.

I detti motivi sono nel complesso infondati.

La deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181): nella specie il ricorrente imputa alla Corte di merito l’omessa pronuncia o, alternativamente, il vizio di motivazione, con riguardo a una censura che non è riprodotta in ricorso. A quanto è dato di comprendere, oltretutto, la società oggi ricorrente si sarebbe genericamente doluta, con l’appello, della liquidazione di compensi professionali “troppo esigui”; né è dedotto che in sede di gravame fosse stato censurato il mancato rispetto dei limiti tariffari. Ebbene, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità (Cass. 9 ottobre 2015, n. 20289; Cass. 22 giugno 2004, n. 11583).

Quanto alla liquidazione operata dalla Corte di appello, la ricorrente manca di indicare quali spese vive avrebbero dovuto liquidarsi con riferimento al giudizio di legittimità, né individua il pregiudizio processuale da essa sofferto in conseguenza della mancata indicazione dei compensi dovuti per ogni fase processuale (tanto più che non è lamentata, nemmeno a tale proposito, l’inosservanza dei minimi tariffari). Poiché, poi, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, esula dai limiti commessi all’accertamento di legittimità e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass. 17 ottobre 2017, n. 24502; Cass. 31 marzo 2017, n. 8421; Cass. 19 giugno 2013, n. 15317; Cass. 18 ottobre 2005, n. 20145; Cass. 28 agosto 2004, n. 17220).

4. – I due motivi del ricorso incidentale sono i seguenti.

Primo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 2598 c.c., n. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si assume che l’offerta in vendita a prezzo ribassato era stata destinata a un pubblico limitato e selezionato: quello degli abbonati di essa ricorrente incidentale; si deduce, inoltre, che la condotta concorrenziale era stata occasionale, in quanto in concreto furono vendute solo due copie dell’opera.

Secondo motivo: violazione dell’art. 1226 c.c. e dell’art. 2056 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la ricorrente per incidente che la Corte di appello avrebbe dovuto respingere la domanda in assenza della prova del danno, che era a totale carico della parte attrice, e che, comunque, “mai avrebbe potuto riconoscere il danno non patrimoniale nella misura di Euro 10.000,00, questione mai attinta dall’Istituto Didattico s.r.l.”, il quale aveva richiesto danni in misura via via diversa.

Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.

L’occasionalità della condotta posta in essere dalla ricorrente incidentale è smentita dalla sentenza impugnata, nella quale si ricorda (pag. 11) che la pubblicazione del messaggio promozionale (e cioè il comportamento concorrenziale illecito) riguardò due diversi numeri della rivista. La destinazione dell’offerta ai soli abbonati del periodico non integra, poi, un elemento che osti, in sé, alla configurazione dell’illecito concorrenziale: né è dato dibattere, in questa sede, del rilievo che poteva assumere in concreto detta evenienza, giacché una siffatta questione – che non risulta peraltro sottoposta al giudice del merito – sfugge, come è evidente, al sindacato di legittimità.

Il secondo mezzo è inammissibile.

Esso investe la sentenza impugnata nella quantificazione del danno: quantificazione che, come si è in precedenza detto, poggia su di una valutazione equitativa argomentata, come tale non sindacabile nella presente sede. Non si comprende, poi, quale vizio integri la liquidazione del pregiudizio patrimoniale in un importo diverso rispetto a quello indicato dalla società che ha agito in giudizio; né è sostenibile che questa abbia limitato la propria domanda ai soli danni patrimoniali, dal momento che è la stessa ricorrente incidentale a dar conto, nel controricorso (pag. 4), dell’assenza, nella domanda proposta da Istituto Didattico avanti al Tribunale, di una limitazione in tal senso.

5. – I due ricorsi vanno respinti.

6. – Le spese di giudizio possono compensarsi per l’intero, stante la reciproca soccombenza delle parti.

7. – La reciproca soccombenza dà inoltre ragione del rigetto della pretesa della ricorrente avente ad oggetto la condanna della camera controparte a norma dell’art. 96 c.p.c..

PQM

La Corte,

rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambe le parti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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