Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 379 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 10/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.10/01/2017),  n. 379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15977/2015 proposto da:

AVV. D.L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI

SERVILI 2, rappresentato e difeso da sè medesimo;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA NORD S.P.A., C.F. e P.IVA (OMISSIS), in persona del suo

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA L. CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SIMONE

CICCOTTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ROBERTO ROMAN, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1942/26/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA, emessa il 26/11/2014 e depositata il

27/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., all’esito della quale parte ricorrente ha notificato atto di rinuncia al ricorso e parte controneorreute ha depositato memoria; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

La CTR del Veneto con sentenza n. 1942/26/14, depositata il 27 novembre 2014, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’avv. D.L.A. nei confronti della Regione Veneto e di Equitalia Nord S.p.A., quale agente della riscossione tributi per la provincia di Padova, avverso la sentenza della CTP di Padova, che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso cartella di pagamento per tassa automobilistica per l’anno 2008, nell’impugnare la quale il D.L. aveva eccepito la mancata notifica del prodromico avviso di accertamento, viceversa ritenuta validamente eseguita dal giudice tributario d’appello a conferma della decisione di primo grado.

Avverso detta pronuncia, limitatamente alla statuizione di condanna alla rifusione in favore di Equitalia Nord S.p.A. delle spese di lite, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Equitalia Nord S.p.A. resiste con controricorso.

Preliminarmente va rilevato che la mancata accettazione della rinuncia del contribuente al ricorso, che l’agente della riscossione ha espresso con la memoria depositata in atti, non preclude la declaratoria di estinzione del giudizio, stante il carattere recettizio della rinuncia, che non necessita, tuttavia, in relazione al disposto dell’art. 391 c.p.c., dell’accettazione di controparte per essere produttivo dell’effetto processuale dell’estinzione (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-L 26 febbraio 2015, n. 3971; Cass. sez. 5, 5 maggio 2011, n. 9857).

Tuttavia, ai fini della disciplina delle spese del giudizio di legittimità, occorre richiamare di seguito il contenuto della relazione relativamente ai motivi di ricorso.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità per violazione di norme del procedimento (artt. 91 e 100 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando erroneità della pronuncia della CTR, nella parte in cui egli è stato condannato alla rifusione in favore dell’agente della riscossione delle spese di lite, pur non essendo ravvisabile soccombenza nel rapporto processuale tra le parti, atteso che l’impugnazione non investiva vizi propri della cartella, ma la contestazione della sussistenza della pretesa impositiva della Regione Veneto.

A sostegno del ricorso richiama sentenza di questa Corte, indicata come Cass. sez. 2, 30 dicembre 2001, n. 30619 (recte Cass. sez. 2, 30 dicembre 2011, n. 30619).

Il motivo è manifestamente infondato.

Il precedente richiamato non è pertinente alla fattispecie in esame. Esso, infatti, è riferito a fattispecie nella quale era stato l’agente della riscossione ad essere condannato alla rifusione delle spese di lite in favore dell’opponente che l’aveva evocata in giudizio assieme al Comune, sebbene le ragioni dell’impugnazione della cartella non investissero la regolarità formale della stessa.

Il rovesciamento delle posizioni non consente di applicare tout court detto principio.

Posto che, come testimoniano le vicende modificative dell’art. 91 c.p.c., la nozione di soccombenza si è venuta progressivamente evolvendo dalla teoria della soccombenza oggettiva, costruita in senso funzionale alla concezione dell’azione intesa come pretesa fondata nei confronti della controparte, volta ad ottenere una pronuncia di merito favorevole, con riferimento ad una determinata situazione sostanziale, per conferire rilievo, ai fini della disciplina sulle spese, al comportamento processuale della parte che abbia dato vita ad un processo o, ancor meno, ad un segmento processuale che avrebbe potuto essere evitato, non v’è dubbio che in tale contesto sia legittima la condanna alle spese del ricorrente nei confronti di Equitalia, che è stata evocata in giudizio dal contribuente, sebbene essa non fosse litisconsorte necessario, alla stregua dei principi affermati da questa Corte in materia.

L’agente della riscossione, infatti, poteva restare legittimamente estraneo al processo se la Regione Veneto, titolare della pretesa impositiva contestata dal contribuente sul presupposto della mancata notifica dell’avviso di accertamento, non ne avesse sollecitato la chiamata in causa (cfr. Cass. sez. unite 25 luglio 2007, n. 16412; Cass. sez. 5, 11 marzo 2011, n. 3242; Cass. sez. 6-5, 2 febbraio 2012, n. 1532).

Avendo quindi il contribuente dato causa con il proprio comportamento all’instaurazione nei confronti dell’agente della riscossione di una lite che avrebbe potuto essere evitata, ben potendo il contraddittorio, in relazione al thema decidendum dedotto in giudizio, essere limitato alla sola vocatio in ius dell’amministrazione regionale, è legittima in relazione all’art. 91 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, la condanna del contribuente alla rifusione delle spese di lite anticipate dall’agente della riscossione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 2, 4 e 5 e art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando, in sostanza, l’importo eccessivo della liquidazione operata dalla CTR in relazione al menzionato sistema parametrico.

Il motivo deve ritenersi inammissibile. Il ricorrente lamenta che l’importo, liquidato nella media per le fasi per le quali è prevista la liquidazione del compenso secondo lo scaglione di riferimento, poteva essere determinato in maniera più congrua, con l’abbattimento del 50% del parametro medio, come previsto del citato D.M. n. 55 del 2014, art. 4.

Ciò, peraltro, costituisce facoltà discrezionale del giudice di merito, che va rapportata a quello che costituisce tipico accertamento di fatto riguardo alla valutazione dell’opera professionale secondo i criteri di cui del succitato art. 4, comma 1.

Resta, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, la liquidazione operata dal giudice di merito che, liquidando le spese secondo i parametri previsti in relazione allo scaglione di riferimento, abbia ritenuto di non fare uso, nell’ambito di un accertamento di fatto ad esso istituzionalmente riservato, del potere di diminuzione fino al 50% rispetto al valore medio.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, che il collegio integralmente condivide, ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 2, nella sua formulazione applicabile razione temporis al presente giudizio, si ritiene che le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, debbano quindi cedere a carico della parte ricorrente che vi ha dato causa.

Va dato atto della non sussistenza dei presupposti di legge per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (cfr. Cass. sez. 6-1, ord. 12 novembre 2015, n. 23175).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 2100,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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