Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3789 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. II, 17/02/2010, (ud. 25/01/2010, dep. 17/02/2010), n.3789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G.P. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso lo studio dell’avvocato DANTE

ENRICO, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore ed Amm.re elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA MERCEDE 52, presso lo studio dell’avvocato MENGHINI

MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MONTEVERDE ALFREDO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1419/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

25/01/2010 dal Presidente Dott. TRIOLA Roberto Michele;

udito l’Avvocato MENGHINI Mario, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 27 novembre 1986 D.G. P. conveniva davanti al Tribunale di Novara il condominio (OMISSIS), per sentirlo condannare a rimuovere le tubazioni e le apparecchiature accessorie che il condominio stesso, nel corso di lavori di revisione dell’impianto di riscaldamento, aveva installato all’interno di due garage e di una cantina di sua proprieta’, nonche’ al risarcimento dei danni.

Il condominio resisteva alla domanda di rimozione, eccependo che era venuto meno l’interesse ad agire dell’attore, avendo egli poco dopo la notifica dell’atto di citazione alienato uno dei due garages e la cantina. Nel merito contestava le altre domande.

Con sentenza in data 13 marzo 2000 il Tribunale condannava il condominio a pagare all’attore, a titolo di danni e immobilizzo dei locali, la somma di L. 7.288.000.

Il giudice di primo grado riteneva, in ordine alla domanda di rimessione in pristino, che i successori a titolo particolare avevano acquistato dall’attore gli immobili nella situazione gia’ modificata, per cui non aveva senso giuridico ripristinare uno stato di fatto non piu’ esistente per gli attuali titolari del diritto di proprieta’, i quali ben avrebbero potuto intervenire nel giudizio per adesione.

Contro tale decisione proponevano appello principale ed appello incidentale rispettivamente il condominio e D.G.P..

Con sentenza in data 20 settembre 2004 la Corte di appello di Torino accoglieva parzialmente il solo appello principale.

Osservavano, in primo luogo, i giudici di secondo grado che:

…l’attore ha proposto in primo grado (e riproposto con l’appello incidentale subordinato) domande del tutto incompatibili fra loro, siccome non graduate secondo un ordine di preferenza, quali il risarcimento in forma specifica – id est la condanna alla rimessione in pristino mediante rimozione delle tubazioni – e quello per equivalente monetario, sul presupposto del mantenimento delle opere dedotte come illegittime.

Trattasi di domande non cumulabili perche’ il D. ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente e non gia’ per il periodo intercorrente tra l’apposizione delle tubazioni e la futura loro eliminazione (tra le tante richieste avanzate da parte attrice questa e’ una delle poche sicuramente non introdotte), ma per la loro ormai acquisita presenza. Cio’ e’ vieppiu’ dimostrato dal fatto che il D. ha addirittura proposto una domanda di condanna del condominio a tenerlo indenne, per il futuro, da eventuali azioni di garanzia che potrebbero un giorno essere intentate dai terzi acquirenti dei fondi interessati dall’allocazione delle tubazioni condominiali, domanda, questa, manifestamente pregiudicata da una pronuncia che si limiti a risarcire il danno per equivalente, lasciando inalterate le opere eseguite nei fondi gia’ di proprieta’ attorea.

In ogni caso e’ decisiva la circostanza che, come innanzi premesso, il D. ha impugnato la sentenza (anche) per ottenere la condanna del condominio a un “corrispettivo” per il periodo compreso tra l’originaria realizzazione delle opere e la data di alienazione a terzi dei fondi gia’ di sua proprieta’, di guisa che e’ ormai da escludere anche la sola ipotesi che permanga in causa una domanda risarcitoria per il danno temporaneo coordinabile con la pretesa alternativa di riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

Deve, pertanto, ritenersi che tali domande di risarcimento del danno, in forma specifica e per equivalente, siano state proposte in via alternativa.

Sulla base di tali premesse la Corte di appello riteneva di fare applicazione del principio affermato da questa S.C., secondo il quale “potendo legittimamente proporsi nello stesso giudizio, in forma alternativa o subordinata, due o piu’ domande, anche se fra loro concettualmente incompatibili, il giudice che accoglie una di esse non incorre nel vizio d’ultrapetizione – in quanto il rapporto d’alternativita’ non esclude che ciascuna di tali domande rientri nel petitum – ne’ deve dichiarare inammissibili o improponibili o improcedibili le altre” (sent. 23 febbraio 1995 n. 2083, 24 febbraio 1982 n. 1169, 5 novembre 1980 n. 5935).

Ne consegue che il giudice di appello, investito, al pari del giudice di primo grado, della cognizione di entrambe le domande incompatibili, siccome specificamente impugnate da almeno una delle parti, puo’ provvedere indifferentemente sull’una o sull’altra domanda, senza violare il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, perche’ sia l’una che l’altra domanda sono allo stesso modo volute e proposte in causa.

Nella specie la Corte di appello riteneva di provvedere sulla domanda di risarcimento dei danni, che liquidava nella diminuzione di valore che i locali di proprieta’ del D. avevano subito per effetto della illegittima imposizione della servitu’.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione, con un unico complesso motivo, D.G.P..

Resiste con controricorso il condominio. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Da un punto di vista logico va esaminata per prima la doglianza con la quale si censura l’affermazione secondo la quale, nel caso di proposizione di domande alternative tra loro incompatibili (il che comunque secondo il ricorrente era da escludere nella specie), il giudice puo’ provvedere indifferentemente sull’una o sull’altra domanda. La doglianza e’ fondata. La sentenza impugnata, infatti, non ha ben compreso la portata della giurisprudenza citata, la quale non ha affatto inteso affermare che il giudice puo’ provvedere indifferentemente sull’una o sull’altra domanda nel caso di proposizione di domande fra loro incompatibili.

Questa S.C., invece, ha affermato che la parte istante puo’ proporre, nello stesso giudizio, in forma alternativa o subordinata, due diverse richieste tra loro incompatibili, senza che le espressioni che manifestano l’intenzione di proporre domande subordinate, alternative o eventuali possano escludere di per se’ la richiesta di accoglimento della domanda principale, specie se tale intenzione emerga da ulteriori sussidi interpretativi (sent. 12 marzo 2008 n. 6629, 3 novembre 1984 n. 5572).

Nella specie la Corte di appello di Torino, pertanto, avrebbe dovuto accertare quale tra le domande proposte dall’attuale ricorrente dovesse considerarsi principale, per accoglierla o per rigettarla, e poi passare in questa seconda ipotesi all’esame della domanda alternativa.

L’accoglimento di tale censura comporta – l’assorbimento delle altre doglianze contenute nell’unico motivo di ricorso.

In relazione alla censura accolta la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino, che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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