Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3789 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. I, 14/02/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 14/02/2020), n.3789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FEDERICO Guido – Presidente –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34651/2018 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della

Suprema Corte di Cassazione e difeso dall’avvocato CASSIA CARLA;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANIA, depositata il

02/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Catania, con decreto del 2.10.2018, ha rigettato la domanda proposta da C.S., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, in relazione alla contraddittorietà del suo racconto, fondato su ragioni generiche e poco concrete e comunque lo stesso richiedente aveva narrato di essere fuggito per dissapori e litigi familiari di cui non aveva neppure informato la polizia.

Al ricorrente è stata, inoltre, negata la protezione sussidiaria, essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nella sua zona di provenienza, che è quella di (OMISSIS), distretto diverso dal (OMISSIS).

Il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari per carenza di una condizione di vulnerabilità.

Ha proposto ricorso per cassazione C.S. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione della direttiva C.E. 83/2004 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Lamenta il ricorrente che, diversamente da quanto affermato dal Tribunale di Catania, il suo distretto di provenienza è quello di Tambacounda, e non quello di (OMISSIS), zona non distante dal (OMISSIS), poco sicura, con conseguente sussistenza dei presupposti per il riconoscimento quantomeno della protezione umanitaria.

2. Il ricorso è inammissibile.

Va preliminarmente evidenziata la palese inammissibilità del ricorso con riferimento alla dedotta violazione della direttiva C.E. 83/2004, non avendo il ricorrente neppure illustrato le ragioni a sostegno della dedotta violazione di legge (Cass., 2/4/2014, n. 7692).

Quanto al dedotto omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente non ha neppure allegato in quale atto del processo e con quali modalità avrebbe allegato di provenire dalla zona del (OMISSIS), e non da quello di (OMISSIS), nonchè la decisività di tale allegazione.

Va, infine, osservato che, in ordine alla protezione umanitaria, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, anche ove sia dedotta dal richiedente una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili nel paese d’origine, pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità, dalla situazione oggettiva di tale paese, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza. Infatti, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, oltre a non essere stato dedotto assolutamente nulla dal ricorrente in ordine alle condizioni personali di vita prima della sua partenza dal paese d’origine (se non con riferimento ai motivi del suo allontanamento, dovuto, secondo quanto riportato dal decreto impugnato, a dissapori e litigi familiari), è stata dedotta la violazione dei diritti fondamentali in (OMISSIS) in modo molto generico, per lo più con riferimento ad una imprecisata insicurezza della zona.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite, non essendosi il Ministero intimato costituito in giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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