Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3788 del 16/02/2011
Cassazione civile sez. lav., 16/02/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 16/02/2011), n.3788
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11092-2009 proposto da:
D.M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ARCHIMEDE 120, presso lo studio dell’avvocato MICALI
FABIO, rappresentata e difesa dall’avvocato MICALI FRANCESCO, giusta
mandato speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in
persona dei rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrenti –
contro
INPS – ISTUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI
CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta procura in
calce al ricorso notificato;
– resistente –
avverso la sentenza n. 488/2008 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
10.4.08, depositata il 24/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO CURCURUTO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO
FEDELI.
Fatto
RITENUTO
che:
D.M., con il ricorso in epigrafe, a quale resistono con controricorso i Ministeri dell’Economia e dell’Interno mentre l’Inps è rimasto intimato, ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Messina che accogliendo in parte l’appello della D. aveva riconosciuto alla stessa, siccome invalida nella percentuale dell’82%, il diritto all’assegno di invalidità civile a decorrere dal mese di dicembre 2003, epoca di iscrizione della D. presso gli uffici del lavoro come incollocata, e sino al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
La D., denunziando violazione o falsa applicazione di norme di diritto si duole che il giudice di merito abbia fissalo la decorrenza del beneficio dal dicembre 2003, anzichè dal gennaio di detto anno, facendo coincidere la data di decorrenza con quella della domanda di iscrizione nelle liste speciali di collocamento, senza tener conto del principio tempus regit actus, alla stregua del quale le domande amministrative dirette al riconoscimento dell’invalidità civile presentate, come quella della D., nel 2003 avrebbero dovuto esser regolate dalla normativa e dalla interpretazione allora vigenti, secondo le quali non costituiva presupposto indefettibile dell’assegno di invalidità civile nè la domanda di iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorio nè l’effettiva iscrizione in tali liste. In ogni caso, essendo la ricorrente, alla data di riconoscimento dell’assegno di invalidità civile da parie del giudice di prime cure, ultracinquantacinquenne essa non poteva essere iscritta nelle liste speciali del collocamento obbligatorio sicchè la incollocazione doveva essere considerata come stato di effettiva disoccupazione o non occupazione, senza necessità di iscrizione o domanda di iscrizione nelle liste di collocamento.
Diversamente dalle conclusioni della relazione ex art. 380 bis c.p.c. la Corte giudica il ricorso infondato alla stregua del principio secondo cui ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità civile, le donne invalide ultrasessantenni ed infrasessantacinquenni, che non hanno più diritto ad essere iscritte nelle liste speciali di collocamento per aver raggiunto l’età pensionabile, possono dimostrare il requisito dell’incollocamento al lavoro, richiesto per l’erogazione delle relative prestazioni, provando, con gli ordinari mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni, lo stato di effettiva disoccupazione o di non occupazione (Cass. 2009/22113).
In conclusione il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in considerazione della natura della controversia.
P.Q.M.
rigetta il ricorso: nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2011