Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3788 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. I, 15/02/2021, (ud. 23/10/2020, dep. 15/02/2021), n.3788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4192/2019 proposto da:

O.B.C., elettivamente domiciliato in Roma L.go

Somalia 53, (tel. 06.86203950) presso lo studio dell’avvocato Pinto

Guglielmo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Tarchini Maria Cristina;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1263/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2020 dal Cons. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da O., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente, cristiano, ha riferito di essere rimasto coinvolto negli scontri tra due società segrete i (OMISSIS) che spalleggiavano il (OMISSIS) a cui il ricorrente era iscritto e che si erano spartiti i soldi del risarcimento di una compagnia petrolifera e gli (OMISSIS) che sostenevano gli interessi delle comunità territoriali, le quali non avevano ricevuto alcun indennizzo per l’esplosione di un oleodotto; lo scontro aveva causato morti tra le opposte fazioni. Il ricorrente era scappato prima a Kaduna e poi a Borno dove conobbe un amico che aveva mostrato interesse a convertirsi al cristianesimo e per questo entrò in contrasto con la comunità mussulmana locale che lo minacciò. Scappò, quindi, prima in Niger e poi in Libia.

A sostegno della propria decisione di rigetto, la Corte distrettuale ha ritenuto la narrazione non credibile, per le contraddizioni esistenti tra l’audizione e quanto sostenuto nel ricorso e per l’assenza di riscontri rispetto relativi ad alcuni avvenimenti narrati (come l’esplosione di un oleodotto, che è avvenuta nel (OMISSIS) e non nel (OMISSIS)) ovvero perchè il ricorrente non è stato in grado di riferire la collocazione politica del partito cui pure era iscritto. Pertanto, non poteva essere riconosciuto nè lo status di rifugiato e neppure la protezione sussidiaria, avendo la medesima Corte accertato che in Nigeria non sussiste una situazione di conflitto armato che ponga a rischio qualsiasi cittadino, per il solo fatto di trovarsi su quel territorio. Neppure erano state allegate e dimostrate, secondo la Corte d’appello, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Il primo motivo è inammissibile, sia perchè non coglie la ratio decidendi del giudizio di non credibilità e sia perchè contesta nel merito, l’esercizio discrezionale dei poteri istruttori del giudice di merito, ma tale censura è inammissibile nel presente giudizio di legittimità (Cass. n. 11892/16).

Il terzo motivo, è infondato.

Sulla protezione umanitaria, va premesso che il D.L. n. 130 del 2020, art. 15, quale disposizione transitoria così espressamente statuisce: “Le disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) (modifica art. 5, comma 6, TUI), e) (art. 19 TUI) ed f) (modifica art. 20 bis TUI) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell’ipotesi prevista dall’art. 384 c.p.c., comma 2 (cassazione con rinvio)”; pertanto, la novella sulla protezione umanitaria non trova applicazione nel presente giudizio di cassazione. Nel merito del motivo, va evidenziato come la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione (non sussistendo problemi di salute e mantenendo, il ricorrente, un radicamento familiare nel paese d’origine, mentre il percorso d’integrazione non può rilevare di per sè).

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

 

 

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