Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3786 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. I, 14/02/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 14/02/2020), n.3786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FEDERICO Guido – Presidente –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32761/2018 r.g. proposto da:

F.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato

Antonino Ficarra, presso il cui studio elettivamente domicilia in

Mazzarino (CL), alla via Bivona n. 37;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CALTANISSETTA depositato il

14/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 06/12/2019 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. F.M. ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi (il primo dei quali suddiviso in due censure), avverso il “decreto” del Tribunale di Caltanissetta del 14 settembre 2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria o di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

1.1. In particolare, da quanto è dato comprendere dall’esame del ricorso, quel tribunale: i) ha considerato non credibile, perchè generico ed inverosimile, il racconto del dichiarante (che aveva riferito di essere andato via dal proprio Paese – il (OMISSIS), regione del (OMISSIS), distretto di (OMISSIS) – a seguito di agguati e soprusi, ai suoi danni oltre che alla propria famiglia, posti in essere da persone appoggiate da un imam sciita locale); ii) ha escluso la riconoscibilità della protezione sussidiaria, atteso quanto già ritenuto in ordine alla narrazione dello straniero, ed ha osservato che, nella specifica zona di sua provenienza ((OMISSIS)), alla stregua del rapporto EASO 2017 afferente il (OMISSIS), non esisteva una situazione di violenza tale da poter essere ricondotta al concetto di conflitto armato interno o internazionale costituente idoneo pericolo per il ricorrente in caso di suo rimpatrio; iii) ha negato la protezione umanitaria, rilevando che il F. non aveva dedotto alcuna circostanza o fatto rilevante tale da integrare una sua possibile condizione di vulnerabilità, nè potendo considerarsi rilevanti, di per sè, l’esistenza di un contratto di lavoro (peraltro a tempo determinato) e la frequentazione di un corso di alfabetizzazione.

2. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

I) “Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 24 Cost., del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7; art. 6, comma 3, lett. a), della Convenzione dei Diritti dell’Uomo (recepita con la L. 4 agosto 1995, n. 848); art. 14, comma 3, lett. a) recepito dalla L. 25 ottobre 1977, n. 881, del Patto Internazionale Relativo ai Diritti Civili e Politici; art. 132 c.p.c.”. Ci si duole della mancata traduzione nella lingua conosciuta dal ricorrente sia della “decisione” della commissione (la parte motiva) sia dell’impugnato decreto, invocandosi, conseguentemente, la nullità del provvedimento impugnato per “mancanza” di motivazione in lingua comprensibile al ricorrente;

II) “Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 1364, 1365, 1369 c.c., art. 2697 c.c. e ss.; artt. 115 e 116 c.p.c.; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; del D.Lgs. 28 agosto 2008, n. 25, art. 8, comma 3, in violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ed all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32”, sostenendosi che, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, il racconto del richiedente protezione doveva considerarsi preciso, veritiero e contraddittorio;

III) “Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 1364, 1365, 1369 c.c., art. 2697 c.c. e ss.; artt. 115 e 116 c.p.c.; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, in violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ed all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32”, ascrivendosi al tribunale nisseno di aver errato nel contestualizzare il racconto del ricorrente nel contesto di provenienza.

3. Rileva pregiudizialmente il Collegio che, come da verifica anche all’interno del fascicolo d’ufficio, la copia autentica della decisione impugnata depositata dal ricorrente consta delle sole pagine iniziale e finale, mancandone, invece, tutte le altre, anch’esse evidentemente recanti, a quanto è dato intendere dal tenore del ricorso e delle frasi contenute nelle altre, l’illustrazione delle ragioni per le quali il tribunale a quo ritenne insussistenti i presupposti per il riconoscimento, in favore di F.M., della invocata protezione internazionale o di quella umanitaria. Peraltro, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, nemmeno può ricercarsi il provvedimento, nel suo testo integrale, nella relativa produzione.

3.1. Il ricorso va, dunque, dichiarato improcedibile atteso che, come costantemente sancito da questa Corte, viola il disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, rendendo improcedibile il ricorso per cassazione, il deposito in cancelleria da parte del ricorrente di copia autentica della sentenza impugnata anche mancante di una sola pagina, qualora la pagina mancante contenga elementi rilevanti per stabilire se i motivi di censura siano fondati o meno, dovendo l’ipotesi essere equiparata a quella della mancata produzione del provvedimento impugnato (cfr. Cass. n. 11005 del 2003; Cass. n. 17587 del 2006; Cass. n. 17065 del 2007; Cass. n. 1754 del 2007; Cass. n. 21367 del 2008; Cass. n. 25407 del 2016; Cass. n. 23016 del 2019. In senso sostanzialmente conforme, benchè argomentando a contrario, si veda anche Cass. n. 14426 del 2018).

3.2. Non vi è necessità di pronuncia in ordine alla spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, mentre occorre darsi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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